Trionfo, record, botto: queste le definizioni che la stampa ha
entusiasticamente attribuito all’atteso ritorno di Enrico Mentana in
video. Lo scorso lunedì è partito il nuovo tg di La7 e lo
share è cresciuto immediatamente di tre punti percentuali, schizzando
sopra il 7% e portando una lauta dote di spettatori: 77% in più
rispetto alla media dei due mesi precedenti.
Un risultato lodevole, che, se molto deve alla morbosa curiosità
degli italiani, encomia altrettanto l’indiscussa professionalità di un
“purosangue” dell’informazione qual è Mentana. Nonostante la
“mitraglietta” (così è stato scherzosamente ribattezzato l’anchorman,
per via del suo velocissimo interloquire) sia alla direzione ormai da
fine giugno, la sua apparizione in video ha segnato il restyling della
testata.
Non solo dal punto di vista grafico (è il primo telegiornale
trasmesso in 16:9), ma anche e soprattutto dal punto di vista
operativo: scalette solide che non lasciano spazio alle amenità su
clima, cuccioli e vattelapesca vari, ma che si concentrano sui fatti
salienti della giornata, senza disdegnare l’opinione.
Un telegiornale ben fatto, che rende onore alla cronaca e - c’è da
dire finalmente - approfondisce l’agenda politica. Forse il punto di
forza dell’ex direttore editoriale Mediaset sta proprio nel levarsi
dalla scarpa tutti quei sassolini che gli anni di servizio al Biscione
l’hanno costretto a trattenere: la pagina politica è sempre densa e
non tace quelle informazioni accessorie che fanno del racconto
politico un qualcosa di più utile rispetto ai miserandi “panini”
confezionati da Minzolini e Mimun.
Ai molti che si approcciano all’informazione solo tramite il tubo
catodico, sentire parlare del processo breve sulla scorta del fatto
che è un provvedimento utile solo al Premier, sarà suonato come uno
scoop sensazionale e, nondimeno, puntualizzare sul fatto che il Dell’Utri
contestato a Como è lo stesso che è stato condannato a 7 anni per
concorso esterno in associazione mafiosa, oltre a rendere giustizia
alla fattualità della notizia, alza di molto la media imposta dallo
Zeitgeist berlusconiano.
Insomma la mitraglietta non spara a salve, anzi. I commenti alle
notizie sono chirurgici e anche se Mentana non resiste proprio a
esternarne delle sue (sulla visita di Gheddafi, tra l’altro molto ben
documentata, ha chiuso con un “mai fare i conti senza l’hostess”)
guardando il tg di La7 si ha l’impressione di essere veramente
informati sui fatti.
Questa nuova completezza, combinata all’indiscutibile notorietà di
un mezzobusto come Mentana, potrebbe quindi rivelarsi un’efficace arma
di persuasione se, come probabile, la campagna elettorale per le
prossime politiche fosse molto più vicina rispetto alla naturale
scadenza della legislatura. Saccheggiando spettatori ai due tg “de
regime” - circa seicentomila secondo i primi calcoli - il bacino di
utenza del telegiornale di La7 ha tutte le carte in regola per
spostare, e non di poco, quell’ago della bilancia politica che divide
il Paese in due metà fin troppo simili.
In quella che molti operatori dell’informazione definiscono
“un’isola felice”, Mentana e il suo tg ad personam hanno la libertà di
fare la differenza e scoprire gli altarini gelosamente celati dalle
altre testate videogiornalistiche.
Se a ciò si aggiunge che il buon Chicco, dopo l’ostracismo di
Mediaset e le ospitate in salotti “corsari” come quello di Annozero o
Ballarò, ha guadagnato un’aura da martire della buona informazione -
che, si presume, cercherà di mantenere in seno alla sua rinnovata
credibilità - non è difficile scommettere sul potenziale deflagrante
che la nuova finestra informativa potrebbe sortire su un pubblico
abituato più all’infotainment che al giornalismo d’inchiesta.
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