Alla fine qualcosa si è mosso. Dopo le rivelazioni del sito Wikileaks sulle torture e i massacri in Iraq di cui nessuno per
anni ha saputo nulla, l'Alto Commissario
Onu per i Diritti Umani Navi Pillay ha deciso che era arrivato
il momento di prendere la parola. Chi si aspettava un provvedimento
diretto è rimasto deluso: i funzionari dell'Onu non possono pretendere
di ispezionare le carceri irachene, perché il Paese non ha
sottoscritto la "Convenzione contro la tortura" (con una certa
coerenza, verrebbe da dire).
Ma almeno la Pillay ha trovato il coraggio di pubblicare un
comunicato in cui sollecita i governi degli Stati Uniti e dell'Iraq a
indagare per "consegnare alla giustizia i responsabili delle uccisioni
illegali, delle esecuzioni sommarie, delle torture e di tutte le altre
gravi violazioni dei diritti umani". In particolare, Pilley punta il
dito contro l'esercito americano, reo di aver consegnato centinaia di
detenuti agli iracheni "pur sapendo del loro diffuso ricorso ai
maltrattamenti e alla tortura". Sulla stessa linea Manfred Novak,
Responsabile Speciale Onu per la Tortura, cui gli americani hanno più
volte negato l'accesso ai centri di detenzione in Iraq.
E negli Stati Uniti, come hanno reagito al dossier dell'infamia?
Sorvolando sui soliti ritornelli buoni un po' per ogni evenienza ("già
si sapeva", "non mettete in pericolo i giovani americani"), vale la
pena soffermarsi sulle nuove virili esternazioni di alcuni
repubblicani. Per Christian Whiton, ex funzionario del Dipartimento di
Stato, bisognerebbe trattare Julian Assange, padre di Wikileaks, "come
un combattente nemico".
Vale a dire, dovrebbe essere spedito a Guantanamo insieme ai
talebani, senza la seccatura di un processo. Il governo poi, secondo
un illuminato editorialista del quotidiano conservatore Washington
Times, dovrebbe anche "contrastare la presenza di Wikileaks sul
web". Non c'è male, per la democrazia più progredita del pianeta.
Tuttavia,
i destrorsi americani non sono tutti così impetuosi. Con meno
fascismo, ma più malafede, il New York Post di Rupert Murdoch
sostiene che grazie ai documenti di Wikileaks è stato dimostrato che
"in Iraq le armi di distruzioni di massa c'erano, dopo tutto". In
risposta, il quotidiano inglese The Indipendent fa notare
che, volendo essere pignoli, le armi ritrovate rientravano in
programmi d'armamento abbandonati diversi anni prima che iniziasse
l'invasione americana dell'Iraq.
Ma se Atene piange, Sparta non ride. Anche la Gran Bretagna,
infatti, in questi giorni ha dovuto imparare di quali atrocità siano
capaci i soldati in guerra. Perfino quelli della Regina. Sulla scia di
Wikileaks, il Guardian è riuscito a scucire al ministero
della Difesa alcuni documenti agghiaccianti (un giornale che fa
pressioni al governo, ci sarebbe di che riflettere).
È emerso così che di tutte le vittime civili causate dai soldati
inglesi in Iraq, due terzi sono state uccise da tre sole unità
militari. Coldstream Guards, Royal Marine e Rifles sono responsabili
di almeno 21 incidenti in cui hanno perso la vita, fra gli altri,
diversi bambini e un uomo malato di mente. Paul Flynn, deputato
laburista e membro del Comitato sulla Salute del Consiglio d'Europa,
ha richiesto un'inchiesta che sveli "quali atrocità siano state
commesse in nome del popolo britannico".
Non
basta, gli inglesi sono stati messi di fronte ad una realtà ancora più
odiosa. Il Governo ha infatti riunito una commissione speciale per
indagare su 90 nuove accuse di violenza nei confronti di 128 civili
iracheni fra il marzo 2003 e il luglio 2009. Dal ministero fanno
sapere che le indagini non dureranno meno di due anni. Si tratta di
gravissime violazioni dei diritti umani: uomini incappucciati o
bendati costretti a stare per ore in posizioni innaturali, confinati
in celle minuscole e gelide, privati del sonno, del cibo, dell'acqua.
Alcuni dettagli fanno ancora più schifo. Pare che i compassati
inglesi abbiano sperimentato il sesso come arma particolarmente
efficace per intimidire e umiliare i detenuti. Soldati che si
masturbano e si accoppiano davanti agli occhi dei prigionieri. Film
porno proiettati a tutto volume. Riviste porno lasciate in bella
vista. E, naturalmente, la nudità come supremo strumento di
coercizione mentale: gli iracheni erano lasciati senza vestiti finché
non si decidevano a cooperare. Prima che una violenza fisica, uno
stupro cerebrale.
Di fronte a rivelazioni di questo tipo, anche il movimento sciita
di Hezbollah ha esortato le Nazioni Unite a punire i responsabili
delle violenze. "Ci chiediamo se questo sia abbastanza per l'Onu - si
legge in un comunicato del gruppo - per svegliarsi e avviare
finalmente un'indagine reale sugli orribili crimini commessi contro la
popolazione irachena". La risposta è no. Se un'indagine ci sarà, non
sarà dell'Onu.
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