Questa nota prende spunto
dall’analisi economica molto rigorosa presentata in occasione delle
Olimpiadi di Torino da Stefano Fachin e Mario Zangola, e ripresa dal
Sole-24Ore di martedì 7 febbraio. Non si intende entrare nel merito dei
risultati dell’analisi, del tutto coerenti con il metodo adottato, applicato
fra l’altro con l’uso di un modello molto convincente a investimenti
pubblici dell’ordine dei 2,5 miliardi di euro (e di quasi 3 miliardi di
investimenti privati, che assumiamo comunque come remunerativi).
Questione di metodo
Le perplessità riguardano la scelta del metodo. Si tratta un approccio
che stima gli impatti sul valore aggiunto della spesa. Un metodo che
anni fa è stato al centro di un celebre dibattito scientifico tra studiosi
francesi (Le Gall e Charvel), a cui si contrapponevano quelli della Banca
mondiale (Bela Balassa in particolare), sostenitori di un approccio diverso,
l’analisi dei costi e dei benefici. Senza tediare il lettore, l’approccio
"valore aggiunto" in sintesi misura quanto la spesa remunera i fattori della
produzione: "lavoro" (cioè quanta occupazione genera), e "capitale" (quanti
profitti genera). L’analisi costi-benefici invece considera i fattori
della produzione impiegati come costi, cioè risorse consumate, e misura solo
il guadagno netto dei consumatori (e dei produttori, quando avviene).
Ora succede che l’analisi di valore aggiunto assume implicitamente un
contesto in cui la spesa pubblica è sempre cosa buona, dal momento
che si traduce sempre in maggiore valore aggiunto. Non così l’analisi
costi-benefici. Dunque, la prima analisi tende a dare risultati molto più
favorevoli a progetti di spesa che non la seconda, ed è per questo amata dai
politici e dai promotori o beneficiari dei progetti a tutti i livelli
amministrativi, così come è invece inviso e temuto il secondo approccio,
molto più "severo". Ovviamente, più il progetto è discutibile, maggiori sono
le pressioni per valutarli con approcci "ottimistici": si sono viste molte
analisi valore aggiunto per l’alta velocità ferroviaria e il ponte di
Messina, ma l’elenco sarebbe lungo.
Se le alternative sono più d’una
C’è qualcosa di male nell’assumere scenari di tipo keynesiano in cui vale
la pena di "scavar buche e riempirle"? Certamente, no.Anche se lo stesso
Keynes aveva molta cura nel definire i presupposti limitatori della sua
analisi e delle sue "ricette" di politica economica. Presupposti che non
sembrano verificati nelle condizioni presenti.
Il primo problema è che siamo in un contesto di spesa pubblica vincolata da
Maastricht. E di nuovo senza entrare in questioni noiose, questo
vincolo indurrebbe a usare criteri di valutazione addirittura più "severi"
dell’analisi costi-benefici "standard". Ma la sfera politica e gli interessi
costituiti certo non gradirebbero.
Tuttavia, vi è un secondo problema, di trasparenza e efficacia "politica",
che riguarda più l’approccio ottimistico valore aggiunto ma da cui non è
esente neppure l’analisi costi-benefici: quello delle alternative da
analizzare.
Se si analizza una sola alternativa di spesa con un metodo che tende a dar
sempre risultati positivi, certo ben poco spazio è lasciato al confronto
politico e al dibattito democratico sulle scelte da compiere (o almeno lo
strumento non aiuta). Se si confrontano più alternative, anche l’analisi
valore aggiunto può divenire un po’ meno "ottimistica", nel senso che non
necessariamente l’alternativa cara agli interessi costituiti risulterà la
migliore.
Per l’analisi costi-benefici valgono le stesse considerazioni: considerare
più alternative di spesa riduce, pur senza annullarli, i rischi di
manipolazione. (1)
È più difficile usare due pesi e due misure per piani "graditi" rispetto a
progetti "sgraditi", che non determinare con alcune assunzioni ad hoc la
bontà in assoluto di un solo progetto. Per esempio, un’alternativa meno
costosa può prevalere (ma questo esito è meno facile nelle analisi Va).
Un’ulteriore lancia che forse si può spezzare in favore dell’analisi
costi-benefici è che questa consente agevolmente di introdurre i costi
ambientali e gli aspetti distributivi. Consente cioè di
verificare chi sopporta costi e chi gode di benefici: variabili di grande
rilievo oggi per le scelte pubbliche. La Banca mondiale ha ottimi studi in
proposito. Con l’analisi valore aggiunto questo sembra molto più difficile.
Un compromesso possibile sarebbe quello di usare appositi "prezzi ombra"
nell’analisi costi-benefici in caso di obiettivi occupazionali molto
rilevanti. Ma di nuovo il discorso rischia di cadere in una dimensione
troppo tecnica.
Per concludere con una riflessione che riprende il tema iniziale: le
Olimpiadi di Atene hanno determinato un buco tale nel bilancio della
Grecia, che si stima ci vorranno alcuni anni a colmarlo. Ma un’analisi
del tipo valore aggiunto avrebbe comunque fornito risultati positivi (è
quasi assiomatico).
(1) Per esempio, previsioni iperottimistiche di domanda e di costi
caratterizzano tutti i grandi progetti, come ampiamente dimostrato dal libro
di Flyvberg, Bruzelius e Rothengatter "Megaprojects and risks".
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