L'80
% dei fisici in America del Nord lavora per l'esercito"
Generalmente si assume che i fisici siano persone intelligenti. Persino
alcuni chimici guardano i fisici dal basso verso l'alto. La fisica è
reputata un soggetto difficile, roba da incubi alla scuola superiore. I più
grandi scienziati che vengono in mente sono spesso i fisici Einstein e
Newton. Gli inventori della bomba atomica sono guardati con timore
reverenziale, come lo sono i cosmologi che ci parlano di buchi neri e
worm-hole in universi paralleli. I proverbiali scienziati dei missili sono
fisici. Generalmente si assume che chiunque abbia studiato meccanica
quantistica e possa citare il concetto di entropia ad un cocktail party sia
piuttosto intelligente.
Sono un fisico ed ho insegnato a fisici e vorrei proporre una prospettiva
differente: che generalmente i fisici, come gruppo, siano piuttosto stupidi,
e certamente non più intelligenti di ogni altro gruppo di professionisti
egocentrici che fanno i propri affari.
I fisici si limitano alla fisica, a semplici fenomeni che sono riconducibili
a descrizioni matematiche gestibili o a fenomeni più complessi che vengono
ridotti a descrizioni semplicistiche mediante filtri appropriati che si dice
"catturino le caratteristiche essenziali". I fisici studiano solo quello che
possono, dati i i loro metodi specifici e limitati, probabilmente più qui
che in ogni altra disciplina delle scienze naturali.
In sé, questo è un approccio efficiente e produttivo, ma i fisici vanno
oltre. Per cultura professionale, essi credono che i loro metodi possano
eventualmente condurre ad una comprensione profonda e circostanziata di
tutti i fenomeni (compresa la coscienza umana, l'apprendimento, la politica,
etc... per esempio), dati tempo, impegno, fondi sufficienti e computer
abbastanza potenti. I fisici credono che tutte le scienze e tutte i rami
della conoscenza umana siano fisica, in ultima analisi. Arrivano a questa
conclusione senza aver mai letto o studiato psicologia, pedagogia,
filosofia, storia, politica, sociologia, arte, etc e questa mancanza è parte
del loro apprendimento professionale.
Infatti, il moderno fisico professionista è generalmente soggetto (molto
meno soggettA) ad una specializzazione estrema, per essere in grado gestire
il lato tecnico della professione. Questo apprendimento riguarda in gran
parte l'adozione della cultura dei fisici professionisti: esempi ed esempi
di quali siano "buoni problemi - buone domande" e quali siano "cattivi (= 'ingestibili')
problemi": ed esempi su esempi di come controllare un nuovo problema e
adeguarlo alla forma di quello che un fisico può fare. Lo studente di fisica
impara a reprimere la sua curiosità e a restringersi a quello che è
fattibile, pubblicabile, utile, profittevole; usando i metodi unici della
fisica e fornendo "risposte" che altri professionisti non possono dare. Così
funziona.
Un'educazione più ampia non sarebbe compatibile con questa strategia - solo
leggere a malapena fuori dal proprio campo per scoprire nuove opportunità
fisiche è il massimo che venga raccomandato. Un'educazione più ampia
potrebbe anche oscurare l'identità professionale di qualcuno e la sua
professionalità: l'ottanta per cento dei fisici in America del Nord lavora
per l'esercito, nella più grande economia militare del mondo [1]. Ma
ovviamente gli studenti di fisica sono destinati alla fisica perché tutto
può essere compreso mediante il portale della fisica e perché i worm-hole
sono cose intelligenti. Gli studenti cercando il significato e lo status
sociale ma trovano lavoro al servizio dell'esercito e delle aziende, spesso
in un ambiente che mantiene ad un livello di gestibilità matematica il
problema precedentemente coltivato nella fantascienza e nella terra dei
giochi elettronici.
Se siete già più intelligenti di chiunque altro (l'assunto operativo nella
maggior parte delle professioni), allora non avete davvero bisogno di
avventurarvi in altri campi - che sono così primitivi e qualitativi e
descrittivi a confronto della fisica.
Altri campi...? Altri metodi...? Complessità...? I fisici professionisti si
sono sepolti da soli nella loro cultura del fattibile, del mappabile, dal
riducibile, del risolvibile, del codificabile... tanto da essere in gran
parte incapaci di percepire la complessità.
Gli studenti sono portati alla fisica dalla sua promessa di una gestibile
descrizione matematica, di un metodo oggettivo per possedere il mondo, per
organizzare e predire l'esterno. L'immaturità emozionale, il bisogno di una
soluzione oggettiva all'incerto, o una necessità di fuggire alla realtà,
porta gli studenti alla fisica e li accompagna nel loro sviluppo
professionale. La stessa ingenuità che si accoppia così bene con la cultura
della fisica blocca anche la percezione del complesso.
Questa è la ragione principale, a mia opinione, per cui i fisici sono
stupidi: non sono in grado di percepire la complessità, la complessità di un
mondo che va ben oltre quello che i fisici saranno mai in grado di gestire
in un qualunque universo. Non sono in grado di avere uno scorcio delle trame
e sotto-trame che potrebbero essere intrinsecamente incompatibili con la
descrizione matematica. Per loro, la matematica è il linguaggio della
realtà, non una mera invenzione umana o un'espressione geneticamente
delimitata. Per loro, la mente oggettiva è potente ed in grado di aprire
tutte le porte. Per loro, la percezione utile è fisiologica e non beneficia
dalle incertezze dello stato emozionale. Per i fisici, la comunicazione è
una trasmissione di dati, e non l'insieme dei sottotitoli che possono essere
percepiti solo dalla giusta configurazione degli attributi sociali ed
emotivi. I fisici si occupando di difficili singolarità, non delle
impercettibilità che determinano le nostre vite sociali ed animali. Il
fisico non è consapevole della sua cecità ed è disinvoltamente fiducioso
nella propria percezione, specialmente la percezione di sé come rivelatore
sistematico della verità.
Se almeno non facesse male a nessuno!
Denis G. Rancourt è professore di fisica all'università di Ottawa
Note:
[1] Schmidt, Jeff. Disciplined Minds.Rowan and Littlefield Publ., NY, 2000.
Parenti, Michael. Democracy for the Few. Bedford St. Martin’s Publ., Boston,
1995.
Mitchell, Peter R. and Schoeffel, John (Eds). Understanding Power – The
Indispensable Chomsky. The New Press, NY, 2002.
Dennis Rancourt
Fonte: http://www.globalresearch.ca/
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=20060904&articleId=3140
04.09.2006
Scelto e tradotto da CARLO MARTINI per www.comedonchisciotte.org
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