La Posta elettronica certificata (Pec) fra non molto dovrebbe essere una
realta' diffusa. Da ottobre scorso e' cominciata una sperimentazione con
Aci e Inps. Dall'anno prossimo dovrebbe entrare in regime il sistema "Pec
ai cittadini", con fornitura gratuita di un indirizzo PEC per comunicare
con le pubbliche amministrazioni. Al momento non e' ancora stato
individuato il gestore di riferimento.
Ad oggi il cittadino privato puo' munirsi di una casella
PEC per comunicare con chiunque ne sia analogamente munito rivolgendosi ad
uno dei gestori dell'elenco pubblicato sul sito del CNIPA (centro
nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione); il servizio
non e' gratuito.
Qui una nostra scheda pratica in merito.
In questo magma senza certezza di tempi, a chi timidamente si e' gia'
affacciato in questo ambito si prospetta una situazione in cui gli
ipotetici vantaggi di questo sistema in realta' potrebbero non essere
tali, ma solo una ulteriore complicazione della vita.
Partiamo da un episodio. Un risparmiatore, cliente della IwBank ha
deciso di usare la Pec per comunicare con la banca, incoraggiato anche dal
fatto che questo tipo di comunicazione
e'
incentivata dallo stesso istituto di credito. Ma la banca accetta solo
propri indirizzi di posta elettronica sul proprio server (nome.cognome@pec.iwbank.it)
e non l'indirizzo privato del cliente (xx@alice.it o libero.it o
tiscali.it etc), nonostante sul proprio sito ci sia scritto un generico
“il cliente avra' comunque la possibilita' di utilizzare la propria e-mail
privata per comunicare con la Banca”. Il cliente fa sapere che non puo'
avere un indirizzo specifico per ogni rapporto che ha usando la Pec, ma
questo alla banca non interessa e, anche se non esplicitamente per questo
motivo, alcune settimana dopo la IwBank decide di recidere il proprio
rapporto contrattuale con questo risparmiatore.
Cosa significa questo episodio?
Siamo sicuri che quando domani la Pec sara' una realta' diffusa in molte
aziende e pubbliche istituzioni, il cittadino potra' usare la propria Pec
o non dovra', piuttosto, avere una Pec per ogni rapporto, e quindi dover
controllare ogni giorno la posta di decine e decine di diversi indirizzi?
Non ci sembra che questo problema sia contemplato nelle disposizioni di
legge che istituiscono la Pec, e sicuramente non c'e' nessuna norma nei
rapporti tra privati.
Noi siamo diffidenti quando lo Stato mette mano ai rapporti
informatici coi cittadini.
La schifezza della carta d'identita' elettronica grida ancora vendetta:
costa il 400% in piu' di quella cartacea, ci vuole un sacco di tempo per
ottenerla e, quando scade, il rinnovo prevede che sia affiancata ad un
supporto cartaceo, che all'estero non riconoscono valido. Siamo
preconcetti nel credere che le leggi sulla Pec dovrebbero prevedere
l'esplicita possibilita' di usare anche solo la propria firma privata di
posta elettronica, nei rapporti privati e in quelli pubblici?
L'episodio che abbiamo riportato della IwBank e' abbastanza
esplicito: la Pec, allo stato dei fatti, non e' una
semplificazione della vita del cittadino, ma una sua complicazione a
fronte della semplificazione della vita di Stato e aziende. Si rinnova
cioe' la solita impostazione della italica organizzazione statuale,
economica e sociale: non modellata intorno al cittadino utente e
consumatore finale, ma quest'ultimo e' il fruitore o il cliente di servizi
e prodotti che puo'/deve prendere e lasciare solo quando non siamo
monopolisti.
http://www.aduc.it
Archivio Internet
|