Il più importante storico vivente, Ilan Pappe, ha scritto di una pulizia
etnica in corso ai danni dei palestinesi<
Oltre 300 civili libanesi sono stati uccisi, compresi donne e bambini mentre
è incalcolabile il numero dei feriti. Oltre 100 palestinesi sono stati
massacrati a Gaza durante attacchi portati con navi, carri armati e soprattutto
con caccia F-16, elicotteri da combattimento, droni senza pilota.
Questa volta si respira un clima da resa dei conti e anche sul fronte
israeliano molte cose sono cambiate. Nel sondaggio dell’ultima ora riportato da
The Guardian, solo il 17% degli israeliani pensa che la prossima mossa del
governo debba essere basata sul cessate-il-fuoco e i negoziati, rompendo la
tradizionale forza di opposizione che la sinistra israeliana aveva sempre avuto
nei momenti peggiori.
Fin dall’inizio della campagna militare Summer Rain a Gaza, la stampa
internazionale ha sottostimato la gravità degli attacchi contro i civili e,
questa volta, anche la stampa israeliana è stata costretta a schierarsi con il
governo in modo acritico.
Dietro il governo Olmert ci sono i generali, quelli che, per dirla con Ilan
Pappe, non aspettavano altro che di trasformare il conflitto “a bassa intensità”
in una guerra “vera”.
Il governo Olmert è stata la vera calamità di Israele. Il partito Kadima è
nato a tavolino per sponsorizzare il progetto di Ariel Sharon di acquisire e
mantenere il controllo dei territori palestinesi una volta per sempre, relegando
quelli che certi “intellettuali” di destra teocon chiama “gli arabi”,
all’interno di un sistema di apartheid o condannandoli alla fuga come rifugiati.
Purtroppo il marketing che ha caratterizzato il così detto piano di “disimpegno”
da Gaza (estate del 2005) ha funzionato bene con la maggioranza della stampa che
ha preferito a quel tempo non porsi le due domande cui ha dato risposta Tanya
Reinhart in un suo articolo.
Le domande erano: Israele ha davvero lasciato la Striscia? E, cosa significa,
“disimpegno”?
No, Israele non ha mai avuto l’intenzione di lasciare la Striscia di Gaza, ha
solo preferito controllarla dall’esterno e impiegare soldi e truppe (che usava
per proteggere un pugno di coloni) per rafforzare la colonizzazione della
Cisgiordania.
Olmert è diventato presto l’ideale erede di Sharon, del falco Sharon. L’ha
voluto emulare prima con la presa della prigione di Gerico quando ha fatto carta
straccia degli accordi internazionali stipulati nel 2002 tra Israele e Palestina
e mediati da Stati Uniti e Inghilterra. A Gerico Olmert ha usato per la prima
volta il pugno di ferro, comportandosi da generale, lui che non era andato oltre
una propaganda di incitamento all’espulsione dei palestinesi da Gerusalemme est,
negli anni che era stato sindaco di Gerusalemme Ovest.
Con esternazioni sui futuri progetti di Israele in Cisgiordania, riguardanti
il piano di “disimpegno 2” e l’acquisizione con la forza di tutti i più
importanti blocchi colonici della Cisgiordania (importanti per grandezza e
posizione strategica di controllo delle risorse naturali), Olmert aveva iniziato
la sua campagna elettorale, ma è solo a Gerico che l’ha vinta, attirandosi le
stime dell’elettorato di destra tanto da riuscire a rubare voti persino a
Nethanyau che della destra israeliana era stato uno dei padri.
Impressionante l’appoggio che il governo Olmert ha ricevuto non solo dai
governi occidentali, prevedibile del resto, trattandosi di un governo
liberamente eletto, ma anche dalla stampa, che si è presentata al cospetto del
nuovo re di Tel Aviv con devozione e soggezione. Si sarà trattato di un
abbaglio? Per il giornalismo del nostro paese può essersi trattato solo e sempre
di autocensura, di mancanza di spirito critico, di pochezza nel comprendere per
tempo dove Olmert stava andando. Dal nostro punto di vista era necessario
criticare apertamente sia il piano di annessione in Cisgiordania, che
l’espulsione dei palestinesi da Gerusalemme Est. Lì si trovava il calderone, lì
stava ribollendo la terribile piega che i fatti hanno assunto poi a Gaza e
infine in Libano.
Olmert è stato l’uomo giusto per una parte cospicua di Israele che anelava
chiudere una volta per sempre la partita con la rivolta palestinese. Ad
approfittarne sono stati gli Stati Uniti che hanno soffiato a lungo sul fuoco
della prossima guerra. Olmert è l’uomo del disastro, è l’uomo che sta
distruggendo Israele, minando ogni possibile negoziato futuro. Con il suo
unilateralismo a oltranza basato sulla legge del più forte sta portando
israeliani e palestinesi sull’orlo di una catastrofe dove a dominare sarà la
legge della jungla. D’ora innanzi, a cadere nel baratro saranno in molti.
Ilan Pappe, il più importante storico vivente, ha scritto di una pulizia
etnica in corso ai danni dei palestinesi.
Questo 2006 è per i palestinesi una nuova Nakba, una catastrofe e delle
peggiori. La comunità internazionale, in particolare l’Europa, li ha abbandonati
al loro destino di sofferenza e di morte e non ha mosso un dito quando la
Striscia di Gaza è precipitata in una complice catastrofe umanitaria. In
Cisgiordania i raid militari e gli arresti di massa sono compiuti all’ordine del
giorno. Donne e bambini, ma anche lavoratori in fila, in attesa di ricevere il
permesso di lavoro per Israele, vengono raccolti in massa e sequestrati da
Israele, senza nemmeno un capo di accusa, solo perché palestinesi. Misure sempre
più restrittive impediscono ai palestinesi con passaporto straniero di tornare a
casa in Cisgiordania e migliaia di persone sono state allontanate con la forza
da Gerusalemme Est sempre più occupata militarmente.
La quotidianità palestinese è una realtà di reclusione grazie anche alla
illegalità del Muro. Un sistema di carcerazioni è il futuro che Israele vuole
per i palestinesi. Le città o ampie porzioni di territorio come la Striscia di
Gaza si sono trasformati in una serie non contigua di prigioni a cielo aperto,
la gente vive in aree chiuse come bantustan, in campi profughi e villaggi
tagliati fuori dal resto del mondo; i prigionieri politici sono stipati in tende
militari sovraffollate e passano il tempo seduti e legati sotto il tiro delle
armi, senza neanche lo spazio per tutti per potersi sdraiare; in Israele
prigioni più sofisticate sono vietate ad avvocati e familiari, ma munite di
torturatori altrettanto sofisticati, come e quanto quelli dei campi di prigionia
della Cisgiordania. Rifiutarsi di prendere in considerazione questa realtà è un
atto criminale.
Nel frattempo continuano gli espropri delle terre, sia private che
municipali, continua la distruzione delle coltivazioni (tra cui il vigneto
secolare di Betlemme, dove i monaci cristiani producevano il pregiato vino
Cremisan), e si fa più dura la repressione delle manifestazioni pacifiche cui
partecipano civili disarmati, dispersi con gas, bombe sonore e armi da fuoco.
Intanto il coro dei “tifosi” di Olmert, giornalisti, politici, opinionisti,
non si chiede cosa significhi e che esiti possa avere bombardare un paese, una
capitale del mediterraneo nel XXI secolo, con il vago pretesto di liberare tre
soldati fatti prigionieri. Uccidere con la più potente tecnologia di guerra
donne e bambini, sterminare intere famiglie, per questi “tifosi” si giustifica
sempre attraverso la precisazione che Israele ha “il diritto di difendersi” e
“di esistere”. Bene, tutti infatti hanno il diritto di esistere e di difendersi.
Esattamente il diritto che i palestinesi stanno esercitando da anni. Ma questo
diritto a loro non è riconosciuto perché il diritto di Israele “a esistere”, che
i “tifosi” stanno propagandando, è il diritto ad “esistere uccidendo gli altri”,
il diritto a difendersi con un uso sproporzionato della forza nel momento in cui
qualcuno si oppone all’occupazione militare e al fatto che oltre un milione di
persone nella Striscia di Gaza siano ridotte alla fame e rinchiuse.
“Israele ha il diritto di esistere”, è un eufemismo. Israele esiste e
chiunque esista ha il diritto di esistere, anche i palestinesi hanno questo
diritto. Il fatto è che Israele ha anche il diritto ad avere una democrazia
“vera” che non sia messa al servizio degli interessi dei generali o delle
corporazioni nordamericane che producono armi. Gli israeliani, come i
palestinesi hanno diritto ognuno a uno stato vero che possa avere relazioni
positive e costruttive con il resto del mondo. Quello che Olmert ha fatto in
pochi mesi di Israele non l’aveva fatto neppure Sharon dopo i massacri dell’82
in Libano. Olmert ha distrutto un’immagine internazionale di Israele. Bush ha
spinto Olmert dove voleva che questi si trovasse, con le spalle al muro e “in
pericolo”. La fanta-politica sta diventando politica, la guerra che non c’era
sta montando di ora in ora. Se nessun governo davvero amico di Israele non fa
presente a Olmert che è meglio fermarsi qui, allora non è un governo amico, è
solo un altro governo che spera di avere guadagni dalla guerra, non importa
quanti civili verranno uccisi
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