““Che farai Pier da Morrone? Sei venuto al paragone. L’Ordine cardenalato,
giunto è in basso stato…”
Jacopone da Todi
Non sappiamo come finirà questa ennesima avventura di sangue nella terra
detta “Santa”: pessima abitudine degli uomini, santificare soltanto ciò che
è inzuppato dal sangue. Non possiamo sapere se si riuscirà ancora una volta
a metterci una pezza oppure se il Vicino Oriente salterà per aria. Non
sappiamo se i missili israeliani, siriani ed iraniani rimarranno muti, nelle
loro bare d’acciaio sotterranee, oppure se scivoleranno nel cielo per
declamare alle genti il loro canto di morte. Non sappiamo e non possiamo
conoscere il futuro ma il passato – perché anche ieri è oramai il passato –
è già scritto. Comunque andrà a finire, il Libano 2006 sarà ricordato come
tutto quello che si sarebbe potuto evitare e non si è voluto scansare: è
stato come aver dato un doppio clic sull’anteprima dell’Inferno.
I poveri, innocenti morti di Cana, grigi nella loro sporcizia di morte e di
abbandono non sono solo stati l’ennesima insipiente tragedia, una nuova
sfilza di pietre appuntite da seminare in un nuovo cimitero: quei morti non
sono la nuova generazione di Sabra e Chatila, di Nablus, di Falluja. I visi
di quei bambini riversi – come dormienti – fra le braccia di sporchi e
rassegnati soccorritori stanno tracciando un solco terribile nelle
coscienze, nei cuori, nelle menti, dal Tago all’Indo.
Qualcuno ci verrà a dire che tutto passa nel carnaio medio orientale, che
una tragedia sposta la precedente un po’ più in là nell’autostrada della
sventura, ed è innegabile che ciò avvenga. E’ però altrettanto vero che
nulla di ciò che avviene ieri lascia immutato il domani.
Le prime vittime di questa vicenda – vittime illustri, altisonanti,
blasonate – sono un povero vecchio di nome Mubarak, un “alleato”
dell’Occidente che per “allearsi” ha dovuto riempire le galere d’oppositori
politici, governare con la legge marziale, scatenare contro il proprio
popolo una repressione di marca staliniana. Gli fa eco – migliaia di miglia
ad est – un altro alleato degli USA, un certo Musharraf che sulla democrazia
ha molto da insegnare. Entrambi sono ex ufficiali d’aviazione, a
testimoniare che chi sa creare piccoli inferni come Cana senza sporcarsi le
mani viene premiato, fa carriera.
L’altra vittima è un piccolo, piccolo, piccolissimo e tragicomico re
giordano, un tipetto insignificante che ha ricevuto dal padre un regno che
fu donato dagli inglesi al bisnonno, pegno dell’amicizia fra lo sceriffo
della Mecca Hussein e Lawrence – Thomas Edward Lawrence, archeologo e spia,
colonnello ed aviere, britannico e forse nazista – per il sangue versato
dagli arabi contro i turchi nel nome del re inglese.
Entrambi – sicuramente – giocatori di poker, si sono visti privare delle
carte da Israele: hanno dovuto mestamente passare la mano e non vedono l’ora
che la mano finisca, che qualcuno vinca o perda – non importa – l’importante
è che il mazzo torni al centro del tavolo e che qualcuno, in fretta, mescoli
e tagli. La loro fretta è giustificata, comprendiamo, perché in questa
ennesima scena della tragedia medio orientale hanno conservato il potere ma
hanno perso definitivamente la faccia, e perdere la faccia nel mondo
musulmano non è un aspetto da sottovalutare.
“Il processo di pace è morto” – ha affermato Mubarak – ma è come pronunciare
una condanna a morte contro sé stessi, visto che su quel calvario iniziato
ad Oslo aveva puntato tutto. Il piccolo re giordano segue a ruota ed
annuisce in silenzio: è giordano, è piccolo.
Anche i chierici del Faraone meditano in silenzio: non temono certo che
s’apra per loro la porta della piramide, che un sarcofago vuoto si riempia,
ma ricordano che il Faraone trascinava nella tomba migliaia di suoi schiavi.
Un servo del Faraone è giunto anche in Italia – memore dei molti precettori
greci di Roma – ed ora occupa niente di meno che la poltrona di vice
direttore del Corriere della Sera: strana e repentina glorificazione di un
“esperto” giornalista orientale, come se bastasse avere i tratti egiziani
per dettar sentenze. Nessuno di quelli che – a Natale – si vestono da Santa
Claus ritengono d’essere esperti allevatori di renne.
Cosa ci racconterai domani, Magdi Allam? No, c’interessa assai poco dei
sofismi che userai per riempire qualche colonna del “Corriere”, perché sei
un levantino, e di Gorgia conosci anche i meandri. Ti farà eco – da Torino,
da “La Stampa” – il tuo alter ego Igor Man, splendido trombone che si chiede
sempre dove sia finita l’orchestra.
Nessuno capisce Magdi Allam perché è troppo “esperto”, troppo egiziano.
Nessuno comprende Igor Man perché troppo “vissuto”, segnato dalle rughe e
dal peso di un anello d’oro che ci ricorda quello di Salomone.
Caro Magdi, caro Igor: vorremmo che da domani ci spiegaste meglio perché
dovremmo sentirci vicini ad Israele, agli USA, al Faraone con le ali sul
petto e perché “le masse arabe non conteranno mai nulla”.
Anche noi siamo masse, masse occidentali, ed anche noi siamo chiamati a
volte “popolo bue” se non votiamo seguendo i desideri del Palazzo, oppure
“parco buoi” se recalcitriamo un poco prima di consegnare pazientemente
nelle tasche del Tanzi di turno i risparmi di una vita.
Dobbiamo ringraziarvi perché – a differenza dei libanesi – siamo buoi da
tiro e non da macello: per ora grazie.
Anche quelle persone che osserviamo urlare rabbia e disperazione nelle vie
di Beirut – ad occhio e croce – ci sembrano buoi e non avvoltoi; pensate:
quando ci presentano i loro palazzi sventrati – invece di lambiccarci sulle
mete della “guerra infinita” – meditiamo sui sacrifici che avranno dovuto
compiere per comprarsi quelle quattro mura e quegli orribili divani in pieno
stile “Aiazzone”.
Noi, oggi, probabilmente sacramentiamo perché s’è rotto il tubo della
lavastoviglie: loro, si domandano se domani notte troveranno un parco od un
ponte per ripararsi e dormire. Un ponte no, meglio di no, si nota troppo dal
seggiolino di un F-16.
Pensate, carissimi ed esperti giornalisti – dolci e celestiali voci che
allietano le serate dell’Insetto – che quando ci hanno sparato sui
teleschermi e sui monitor quei cadaveri grigi, piccoli e leggeri dei bambini
libanesi con il rivolo di sangue alla bocca – invece d’esser colti da un
ragionevole dubbio sull’utilità dei bombardamenti israeliani – abbiamo
ricordato le tante volte che abbiamo preso in braccio i nostri figli
addormentati, per portarli dall’auto al loro lettino.
Scusateci se – mettendo per un attimo da parte le vostre erudite sentenze –
ci siamo chiesti quali potessero essere i sentimenti di quei padri e di
quelle madri: vi chiediamo scusa, perché non riusciamo a capire che “le
masse arabe non conteranno mai nulla”, non abbiamo sufficiente materia
grigia per riflettere che l’obiettivo essenziale è “la guerra al
terrorismo”. Siamo limitati ed anche un poco ignoranti: d’altronde, mica ci
chiamano per esporre il real pensiero dal pulpito di “Porta a porta”.
Quel che sappiamo è poca cosa al vostro confronto, e proprio perché siamo
solo polvere ci arrabattiamo per campare con mille euro il mese o poco di
più: mica incameriamo i “gettoni” di presenza alla RAI come voi, non ne
saremmo mai degni.
La nostra formazione è limitata, qualche vecchio testo scolastico o poco
più, i “Bignami” della storia al confronto dell’Enciclopedia Britannica:
come affermò Guccini, siamo “della razza, i primi che han studiato”.
Scorrendo i nostri vecchi e pasticciati testi scolastici, quelli che ancora
recano impresse le nostre piccole debolezze – “Forza Inter” oppure “Amo
Marisa” – ci siamo chiesti se è così vero che le “masse non contan nulla”,
se i vari “parchi buoi” vanno sempre ordinatamente al macello.
Dobbiamo riconoscere che avete quasi sempre ragione voi, le masse vanno
ordinatamente a farsi ammazzare in quei sabba meticolosamente preparati che
chiamano “guerre”, e lo fanno con un ardore che talvolta ci sorprende:
sacrificano la loro vita per salvare la Cittadella di Torino, e proteggere
così il re Savoia dal cugino re di Francia.
Oppure s’azzannano a morte, frantumano le ossa con le baionette per il
Kaiser e per lo Zar, che nel frattempo si scrivono appellandosi “Caro
cugino…”.
Talvolta, però, le masse impazziscono e non seguono più ordinatamente il
tratturo delle mandrie, s’imbizzarriscono, le coglie la rabbia e non
ragionano più. Ah, ma allora le masse ragionano…
Sì, a volte lo fanno: forse prese dalla disperazione, forse esaltate da
proclami dei soliti agitatori si ribellano e tutto travolgono. Non capita
spesso, ma succede.
L’aspetto curioso della vicenda è che quando lo fanno mutano radicalmente il
corso della storia, erigono in pochi attimi nuovi argini, inventano pianure,
smuovono le colline.
Quando avviene? Non ci è dato saperlo. Sappiamo però che le grandi
sollevazioni sono spesso precedute da periodi d’enormi sofferenze, associate
– paradosso dei paradossi – ad una crescita dell’istruzione, ad un maggior
accesso all’informazione.
Il povero Luigi Capeto fece molto per incrementare l’istruzione dei francesi
– molto di più dei Luigi che lo precedettero – e quando i francesi capirono
si comportarono di conseguenza.
Ecco, carissimi luminari del giornalismo, magnifici esperti delle vicende
orientali, non vorremmo che quelle macerie e quei poveri morti – uguali a
tanti altri che li hanno preceduti – siano moltiplicati a cento ed a mille
dai nuovi, mille canali dell’informazione. Come dite? Su RAI 1, 2 e 3 e sui
canali “privati” non avete notato niente di…
Sì, avete ragione, nemmeno noi abbiamo notato: anzi, ci ha stupito che per
giorni e giorni nessun Solone di regime abbia pensato di programmare uno
“speciale”; forse bastavano ed avanzavano i telegiornali per l’orrore che
abbiamo dovuto sopportare, forse sono tutti in vacanza in Costa Smeralda ed
hanno spento il telefonino. Abbiamo invece notato che anche nelle megalopoli
orientali – accanto al suk ed al venditore di tè – sempre di più ci sono un
Internet cafè ed un’antenna satellitare. Non parliamo poi dell’Occidente,
dove quelle immagini giungono direttamente in salotto, sul monitor del PC.
Non vorremmo che la resistenza di poche migliaia di uomini – una sorta di
milizia popolare – avesse messo in dubbio l’invincibilità di Israele, la sua
capacità di risolvere in pochi giorni a suo favore qualsiasi battaglia. Noi
siamo poco eruditi e non abbiamo certo accesso ai file segreti della CIA, ma
ad occhio e croce così ci sembra che stiano andando le cose. Probabilmente –
pur nel bel mezzo dell’inferno libanese – anche i libanesi sciiti, sunniti,
cristiani e maroniti hanno avuto la medesima impressione, al punto che un
pericoloso estremista rivoluzionario come il premier Siniora – un vero e
proprio Fidel Castro medio orientale – ha ringraziato pubblicamente
Nasrallah per la difesa del Libano. Da pochi giorni, alle vittime fra le
fila di Hezbollah si sono aggiunte anche quelle dell’esercito regolare
libanese: cosa vorrà mai dire? Forse che il Libano ha trovato un nuovo
sentimento nazionale? Quale sarà, allora, il destino delle fazioni
filo-israeliane in Libano? Mubarak dovrà – fra poco – imprigionare l’intero
popolo egiziano? No, niente paura, dalle colonne de “La Stampa” ci penserà
Igor Man a rassicurarlo: “le masse arabe non contan nulla”.
Anche tu, però, caro Magdi, credo che incontrerai qualche piccolo ostacolo a
spiegare ai libanesi che tutto lo sconquasso che hanno subito – e che
continuano a subire – è necessario per la “lotta al terrorismo”. Provaci,
poi ci racconterai com’è andata a finire.
Come dici? Che tu non sei stato chiamato a spiegare queste cose ai libanesi
ma agli italiani, che intrappolati dalla tua pelle olivastra si “bevono”
tutto quello che racconti senza dire “beh”? Ah, già, sei un “esperto”…
Vedi, caro Magdi, quei morti di Cana hanno strapazzato anche le coscienze
degli italiani – seppur in vacanza, sebbene alle prese con governi
tremebondi – e sono sparite in un amen tutte le kippà dei solerti politici
che s’inchinavano ad Oriente. Lo hai notato?
Purtroppo, sul Web si tornano ad ascoltare cose che non vorremmo mai che
fossero tornate alla luce: “se gli ebrei si comportano così, allora era
meglio se i tedeschi…” ed altre, orribili, dietrologie e revanscismi.
Il problema non sono gli idioti che propongono nuovi Olocausti per gli
ebrei, il dilemma è comprendere come la prenderanno quelli che sentono da un
lato queste campane a morto e dall’altro osservano la distruzione e la morte
provocata da Israele in Libano. E non si venga qui a raccontare che la colpa
è di Hezbollah: i primi a bombardare sono stati gli israeliani, dopo una
scaramuccia di confine che era sanabile con degli accordi.
Fino a ieri eravamo abituati ad osservare gli ebrei che vivono in Italia
come dei cittadini italiani con un loro credo religioso: niente di meno e
niente di più. Oggi, dopo aver ascoltato l’incondizionato appoggio che
queste persone forniscono ad Israele ed ai suoi bombardieri, come li vedrà
il cittadino medio italiano? Come una colonia di Tel Aviv in terra europea?
Tu puoi raccontare quello che vuoi dalle colonne del “Corriere” – immagino
che ne avrai un succoso tornaconto personale – ma queste persone dovranno
chiarire qual è il loro pensiero. L’Europa intera è sulla posizione “due
popoli, due stati”: loro, cittadini europei, come la pensano?
Già immaginiamo quale sarà la risposta: sarà l’Europa a “prendersi le sue
responsabilità”, inviando in quel martoriato confine la sua “meglio
gioventù” per difendere il Libano ed Israele. Bella trovata: prima s’aizzano
i lupi gli uni contro gli altri, e dopo ci dovrebbero andare di mezzo i
soldati europei a farsi ammazzare – per par condicio – una volta dai
razzi di Hezbollah e la seguente dalle bombe di Tzahal?
Scusami, caro Magdi, se ora ti lascio perché c’è qualcosa da raccontare
anche a Massimino Settebellezze, il nostro D’Alemino d’assalto
intercambiabile, ieri bombardiere in Serbia e domani ricognitore in Libano,
basta continuare a navigare su barche a vela da nababbo.
Nel bailamme di questa nuova tragedia abbiamo perso le tracce del nostro
contingente in Iraq! Dove sono finiti, cosa fanno i nostri poveri fantaccini
nel lontano Oriente?
Dovevano tornare a casa, questo era l’accordo con gli elettori: quando lo
promise Zapatero, gli spagnoli fecero le valigie e basta. Come dici
Massimino? I “tempi tecnici”?
Scusaci sai, noi non siamo avvezzi al mare come te, non sappiamo governate
un ketch di diciassette metri nelle agitate acque della Sirte, però qualcuno
di noi ha ancora prestato servizio militare – per carità, umile fuciliere o
marinaio – oppure ha navigato come ufficiale sulle navi mercantili.
Ora, scusami l’azzardo, ma Nave San Giorgio e Nave San Marco –
se inviate nel Golfo per riportare a casa i nostri soldati – in una ventina
di giorni vanno e tornano: se hai qualche perplessità fatti confermare il
calcolo dal Capo di Stato Maggiore della Marina, ma siamo certi che – vista
la tua abilità di skipper – quei conti li conosci benissimo.
Mettiamoci una decina di giorni per organizzare il convoglio che deve
trasferirsi da Nassirya fino ad Um-Ul-Kashr od in Kuwait e, come puoi
constatare, in un mesetto a dir tanto i nostri ragazzi potrebbero essere a
casa, al riparo dai più che prevedibili nuovi sconquassi che la vicenda
libanese provocherà in tutto il Medio Oriente.
Massimino, siamo ad Agosto! Le elezioni sono avvenute in Aprile! Quando
cazzo ce li riporti a casa quei soldati?
Non è, per caso, che ti è saltata in testa l’idea di risparmiare sui
trasporti – si sa, muovere le navi della Marina costa – e di fare un
semplice trasferimento dall’Iraq al Libano? No, diccelo subito, perché
quando qualcuno cerca di mettercelo nel didietro ci piace saperlo subito,
non ci va di perdere del tempo ad aspettare con le mutande abbassate.
Sai, Massimino, noi ci fidiamo di te, ma con prudenza, cum judicio.
Sì, perché ci ricordiamo di qualcuno che inviò i nostri bombardieri a
lanciar bombe sui serbi perché uccidevano i kossovari, in modo che – oggi –
sono gli albanesi a massacrare i serbi in Kossovo. Una bella riuscita.
Come dici? Temi l’ostruzionismo della pattuglia di senatori della sinistra
radicale? No, povero bimbo, non temere: sanno essere “responsabili” ed anche
il buon Cacciari – dopo aver orgogliosamente presentato le dimissioni – le
ha ritrattate perché non ci si dimette prima dei canonici due anni, sei mesi
ed un giorno, quelli necessari per avere diritto alla pensione da
parlamentare.
A noi avete tolto i vecchi “diciannove anni, sei mesi ed un giorno” degli
statali perché erano “immondi” rispetto al trattamento dei dipendenti
privati – grazie Bassanini – mentre per voi avete mantenuto un più sobrio
“due anni, sei mesi ed un giorno” per tremila euro di pensione. Stai
tranquillo, allora, e non t’inquietare per i voti del Parlamento: dicci
invece quali machiavelliche alchimie ti ronzano in testa e, soprattutto, se
hai una kippà ripiegata e pronta per l’uso nella tasca posteriore dei
calzoni. La situazione è fluida, e bisogna essere preparati a tutto.
Carlo Bertani
bertani137@libero.it
www.carlobertani.it
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