Gli italiani non sanno praticamente nulla su una "missione" in Libano che li
coinvolge in prima fila e che sempre più precariamente rispetto al passato può
essere presentata come "di pace"... La responsabilità di un apparato, i media,
di disinformazione programmata dove operano autentiche nullità.
Guardo sempre i notiziari della RAI e di RAInews24 per sapere come le cose
vengono presentate all'opinione pubblica - tenendo conto che la maggior parte
della gente non legge i giornali, tanto meno guarda le TV estere e prende le sue
informazioni, appunto, dalla TV locale.
Ieri e l'altro ieri i notiziari RAI erano stracolmi delle gesta delle truppe
italiane, che venivano amorevolmente riprese durante gli sbarchi sulla spiaggia
di Tiro. Queste immagini, intercalate dai commenti di Alessandro Politi,
Direttore dell'Osservatorio Nomisma e da Gianni Rufini, docente universitario, e
da qualche aggiornamento mandato dai corrispondenti RAI dal Libano che sempre
ruotavano attorno agli sbarchi, erano le uniche informazioni sul Libano e sui
rapporti tra Italia e Libano. L'immagine che veniva trasmessa al pubblico
italiano, era di "impegno per la pace nel mondo, gloria per l'Italia" che, si dà
ad intendere, guadagnerebbe
enormemente di prestigio grazie a questo contingente militare operante in
Libano, al quale, ben presto s'assocerebbe la "società civile" sotto forma di
numerose organizzazioni non-governative italiane.
Ma la RAI non ha fatto nessuna parola, invece, sul sit-in che dall'altro ieri
mattina 100 su 128 parlamentari libanesi stanno facendo presso il Parlamento a
Beirut per protestare contro il perdurante assedio israeliano alle vie marittime
e allo spazio aereo del Libano, definito una continuazione della guerra ed una
violazione della stessa Risoluzione 1701 in nome della quale le truppe italiane
stanno già sbarcando in Libano. Certo, parlare della manifestazione di protesta
dei parlamentari libanesi avrebbe potuto sollevare anche tra gli ingenui
spettatori televisivi la domanda se, assedio israeliano persistendo, le nostre
truppe forse stessero entrando in una situazione tuttora caratterizzata da
occupazione militare...
Così, come non si è parlato della manifestazione di protesta dei parlamentari
libanesi, non si è fatta parola delle decisioni dei governi tedesco e turco di
sospendere l'invio di truppe per la nuova missione UNIFIL finché non siano
chiare le cosiddette "regole d'ingaggio" - che determineranno l'operato di fatto
di dette forze armate. Il governo italiano, occorre constatare, non si è
preoccupato di queste "regole d'ingaggio", perché i partiti politici che
occupano il Parlamento ed il Senato non hanno sollevato alcuna domanda al
riguardo. I governi tedesco e turco, invece - e stiamo sempre parlando di
governi NATO, non di quello di Hugo Chavez o di Fidel Castro -, non osano
mandare un solo soldato finché queste regole non siano conosciute. Prima di
allora, i parlamenti non verranno convocati per votare sulle relative
risoluzioni.
Inoltre: il governo tedesco avrebbe dovuto rendere noto, entro questo fine
settimana, l'esatto numero di truppe che avrebbe mandato. Invece, il governo
tedesco ha comunicato di non essere in grado né di quantificare le truppe -
causa mancanti "regole d'ingaggio" - né di indire una riunione del parlamento
per votare la relativa risoluzione, in quanto non avrebbe ancora ricevuto una
richiesta ufficiale da parte del governo libanese di inviare un contingente
militare a rinforzo dell'UNIFIL. E senza questa richiesta ufficiale e formale da
parte del governo libanese, il governo tedesco non si muove.
Domanda: ma il governo italiano ha ricevuto una richiesta ufficiale e formale da
parte di quello libanese prima di inviare un contingente militare italiano? o la
richiesta era pervenuta solo da Kofi Annan e da Alain Pellegrini? I notiziari
RAI non hanno trasmesso alcuna informazione circa queste importantissime
circostanze.
E non si è parlato della situazione in Turchia, dove le promesse del governo in
sede NATO di fare onore al suo atlantismo con l'invio di truppe e di navi della
marina militare in Libano ha mandato in tilt le relazioni con l'opposizione, ma
anche quelle tra il Primo Ministro Tayyip Erdogan ed il Presidente Ahmet Necdet
Sezer. Ciò che è iniziato come una protesta, capeggiata da Sezer, contro la
"protezione di interessi di altre nazioni" a scapito dei propri interessi (in
questo caso, per non vedere nascere un Kurdistan dal corpo dell'Iraq che si
sarebbe incuneato in quello della Turchia), ha nel frattempo innescato un ampio
discorso tutt'altro che gradevole per gli USA: il blocco che s'oppone all'invio
di truppe in Libano sta dando voce alle insistenti preoccupazioni che
l'imminente ingerenza negli affari interni del Libano, affiancata dalla presenza
di truppe militari a guida NATO (la targa ONU sembra ingannare solo il pubblico
italiano), potrebbe fare piombare il Libano nel caos e nella violenza creando
una situazione simile a quella nella quale è stato inabissato l'Iraq,
coinvolgendo non solo la Turchia, ma il Medio Oriente per intero.
La fatidica riunione del Parlamento turco è stata indetta per martedì. Per
aumentare le sue prospettive di farcela e far passare la sua risoluzione, il
Primo Ministro Tayyip Erdogan ha dovuto promettere che nell'eventualità che le
truppe UNIFIL in Libano venissero incaricate dal Consiglio di Sicurezza ONU di
disarmare Hezbollah, il contingente turco verrebbe immediatamente ritirato.
Le preoccupazioni che Erdogan si è precipitato a sminuire sembrano molto fondate
se si tiene conto che contemporaneamente, anche il governo tedesco ha dovuto
rimandare una discussione in parlamento, dopo che le parole del Ministro alla
Difesa, Jung, avevano scatenato un putiferio nella Commissione parlamentare per
le questioni della Difesa: Jung, riferendosi alla nuova forza UNIFIL da
costituire in base alla Risoluzione ONU 1701, si era fatto scappare che le
nuove, tuttora ignote "regole d'ingaggio" avrebbero previsto l'invio di "truppe
di combattimento". Mentre il testo della risoluzione sottoposto al voto in
parlamento parla di una "missione di mantenimento di pace". Le stesse
preoccupazioni che incombono sull'opinione pubblica in Turchia.
Ma la RAI non intervista né esponenti turchi e né tedeschi dei rispettivi
orientamenti pro e contro, né un solo parlamentare libanese che sta prendendo
parte nell'attuale sit-in. In altre parole: i media italiani fanno
disinformazione per mezzo di grossolane lacune
Susanne Scheidt
Fonte:www.aljazira.it
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4 settembre 2006
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