Quello che non dicono i "media
occidentali" su una guerra che è stata tutt'altro che un successo militare
israeliano. Il "nuovo Medio Oriente" può ancora attendere...
Se la percezione del suicidio di immagine registrato da “Israele” con la
guerra di aggressione al Libano è immediata e senza appello a partire dai
bombardamenti aerei su Beirut passando per la strage di Qana e finendo con
la semina dei contenitori a grappolo sulle macerie dei villaggi colpiti (72
ore prima del “cessate il fuoco”, per rallentare l’opera di ricostruzione e
colpire le popolazioni locali), è rimasta totalmente in ombra la dimensione
e la profondità del K.O. subito a livello militare da Tsahal nello scontro
con Hezbollah nel territorio della ‘Fascia Sud’.
Per facilità partiremo dalle immagini passate centinaia di volte sui media
per celebrare la potenza di fuoco di “Israele” al ritmo - come si è voluto
sostenere - di “1 colpo al minuto”: i semoventi d’artiglieria da 155 mm
inquadrati sul terreno dalle telecamere a gruppi di 8-10 unità in azione
isolata o congiunta di fuoco con centinaia di proiettili allineati e
serventi di pezzo affaccendati a trasportare all’interno dei mezzi corazzati
anche le cariche di lancio (contenitori cilindrici di colore bianco con
polvere nera).
Saltando molte nozioni balistiche occorre sapere che il tiro di artiglieria
è stato, in occasione di tutte le riprese televisive osservate, sempre ad
alzo 45°, o giù di lì, alla massima gittata, mirato quindi sui villaggi e
sulle città abbandonate dai profughi, per produrre più danni possibili ai
centri abitati con l’obiettivo di fare terra bruciata al ritorno delle
popolazioni locali colpevoli, nella logica di Tsahal, di appoggiare la
struttura militare di Hezbollah.
Verrebbe da notare che “azioni belliche” dirette intenzionalmente contro
villaggi, città e residenti sono nel diritto internazionale classificate
come “crimini di guerra”.
In queste condizioni il fuoco di batteria è stato corretto sui dati della
ricognizione aerea di zona che indica i livelli di distruzioni via via
raggiunti sul terreno, per passare poi, secondo le priorità dei comandi di
Tsahal, ad altri bersagli “paganti”.
Saltando problemi di effetto temperatura sulle anime dei cannoni, di umidità
variabile delle cariche di lancio ed altro, si può affermare con
tranquillità che sparare proiettili da 155 mm a distanze di 8-10 km può
avere come obiettivo tattico solo bersagli civili di grosse dimensioni più
che centri nemici di “punto” come posizioni fortificate di retrolinea o
postazioni mobili di razzi Hezbollah.
Per capire l’usura e i costi di questo fuoco di artiglieria basterà pensare
che l’interno dell’affusto del semovente dove scorre il proiettile spinto
dalla carica di lancio, dopo 600-700 colpi deve essere completamente
riallineato per mantenere l’efficienza della pressione di spinta, e dopo
altri 400-500 colpi sostituito con costi altissimi.
Per quanto possa sembrare paradossale, la guerra di aggressione aerea,
terrestre e navale al Libano è finita per costare ad “Israele” 6.8 miliardi
di dollari, 1.7 miliardi di dollari in più di quanto occorrerà al Libano per
ricostruire la sua economia e le sue infrastrutture. Queste indicazioni di
spesa sono state rilevate dal quotidiano “New Yorker”, organo del Partito
Comunista Americano, sul calcolo presunto dei costi per la “Israele Air
Force” di 250 aerei F 15 e F 16 in azione di bombardamento per oltre un mese
sul Libano, conteggiando uso del personale, i consumi dal carburante avio,
fino al trasporto al bersaglio di 2 bombe da 500 pound ad ogni missione
sugli obbiettivi in Libano. ;
Dal 1973 “Israele” ha ricevuto dagli USA linee di finanziamento, per
acquisti militari, e crediti a fondo perduto per migliaia di miliardi di
dollari.
Dopo la ritirata con la coda tra le gambe di Tsahal del 2000 dalla fascia a
ridosso del confine “israelo”-libanese, Hezbollah ha costruito con
l’assistenza di ingegneri militari migliaia di case isolate o a gruppi sui
costoni delle colline, a ridosso di posizioni dominanti le vallate,
disseminando il terreno di altrettante costruzioni che definiremo “falsi
bersagli”.
Bersagli con le apparenze di fortini o di posizioni di osservazione. Con una
particolarità. I capisaldi di difesa di Hezbollah sono stati costruiti
invece con percentuali maggiorate di tondini di ferro, tetti orizzontali e
solai in cemento spessorato.
In queste condizioni, le strutture portanti non collassano a sfoglia, ma
rimangono in equilibrio precario senza seppellire sotto le macerie il piano
terra. Sotto le fondamenta, in ordine sparso, sono stati costruiti dei
rifugi antiaerei con più vie di fuga per l’esterno, su terreno libero.
Hezbollah, coprendosi con un ombrello di “cemento armato” sulla testa ,
spesso a più piani, ha parzializzato gli effetti del bombardamento aereo con
bombe a caduta libera da 350-500 pounds sganciate dagli F 16 e reso del
tutto inoffensivo il tiro razzi aria-terra degli Apache e quello diretto,
dei Merlava, da 120 mm capsulati.
Dal momento che un’abitazione del villaggio per essere approntata richiede
gli stessi materiali per la costruzione di un bunker, a partire dallo sterro
per la colata di cemento delle fondamenta, la ricognizione aerea e
satellitare di Tsahal non è riuscita portare a termine una mappatura
affidabile che distinguesse costruzioni “normali” da quelle con strutture
ispessite e interrate da adibire a ricovero e protezione per i militanti di
Hezbollah.
L’unico elemento che avrebbe potuto far distinguere a “Israele” l’obiettivo
“vero” da quello “falso” con la ricognizione satellitare e aerea di zona era
mantenere la contabilità aggiornata del numero dei viaggi delle betoniere
costruzione per costruzione. Impresa pressoché impossibile che ha mandato,
di fatto, a vuoto qualsiasi tentativo di osservazione e di classificazione
dei bersagli da colpire, ammesso che sia possibile un bombardamento
selettivo in grado di distruggere con precisione un bersaglio ed escluderne
un altro con jets che spuntano velocità a media quota di 0.7-0.8 mach e che
operano in condizioni di passaggio diretto sul bersaglio lanciando in
sequenza di shaff alluminio magnesio per eludere la corsa a bersaglio di
missili terra-aria Strela.
Tutte le strade di accesso ai villaggi, poco più che strade sterrate,
costruite su tornanti “allungati”, sono state predisposte per interrare
esplosivo plastico o posizionare cariche ai lati delle “strade”.
Il bombardamento aereo sulle strutture meno resistenti ha prodotto cumuli di
macerie che sono state poi utilizzate da Hezbollah come centri di fuoco
dotati di armi anticarro di grande precisione come i Kornet-E, con gittate,
di giorno, oltre i 4.500 mt e una possibilità di perforazione di lastre
d’acciaio di 1.200 mm, mentre nel combattimento ravvicinato il Partito di
Dio ha usato gli RGP 39 con 500 mt di gittata anche come arma antipersonale
contro Tsahal.
Il trasporto dei materiali edili per la fasciatura delle strutture in
cemento armato ha permesso ad Hezbollah di trasportare a destinazione,
sfuggendo anche qui alla ricognizione aerea e satellitare, esplosivi, mine
anticarro, munizioni e armi leggere AK 47 e mitragliatrici AKM.
Per eludere e mandare a vuoto la ricerca aerea all’infrarosso, i nuclei di
Nasrallah che operavano allo scoperto durante le ore notturne erano dotati
di tute termiche di colore nero.
Il completamento di migliaia di abitazioni, dal 2000 al 2006, in aggiunta a
quelle già esistenti, ha portato a un’efficace utilizzazione militare di
queste strutture da parte di Hezbollah nel contrasto alla guerra di
aggressione di Olmert e di “Israele”.
Gli appartamenti completati sono stati occupati dai combattenti del partito
di Dio e dalle loro famiglie rinforzando un sistema di avvistamento e di
allerta - specie nella fascia immediatamente a ridosso del confine, nei
periodi precedenti l’aggressione di “Israele” - di grande efficienza, 24 ore
su 24. Niente di quello che succedeva nell’area è sfuggito alla Milizia di
Nasrallah.
Le strutture abbandonate sotto la pressione aerea, già minate, sono state
fatte detonare a distanza da Hezbollah tutte le volte che un plotone o un
unità di terra di Tsahal hanno preso possesso da vicino dei villaggi a
ridosso del confine. In più casi, l’ utilizzo delle coperture ha portato
all’annientamento di unità combattenti che avevano trovato rifugio
all’interno delle stesse. Tsahal ha dovuto registrare la perdita di oltre 50
uomini prima di dover alloggiare all’aperto o in tenda i riservisti della
fanteria esplorante.
Le perdite di Tsahal fin dai primi giorni dell’attacco via terra alla
‘Fascia Sud’ del Libano sono state ingenti. Sulla direttrice di attacco di
Bint-Jbeil e Marun al-Ras, due villaggi a ridosso del confine, le forze
corazzate di “Israele”, accompagnate da fanteria esplorante e da
ricognizione blindata, hanno incontrato una forte resistenza.
I progressi sul terreno non hanno mai raggiunto profondità superiore a 1-3
km, mentre il controllo della zona, dopo una settimana, era ancora
estremamente precario. La mobilità dei nuclei di Hezbollah, composti da
unità di 7-8 combattenti armati di lanciarazzi e armi leggere, ha colto
completamente di sorpresa lo stato maggiore di “Israele”.
Respinto l’attacco delle unità di élite di Tsahal che sono state ritirate
dal campo con forti perdite, Hezbollah ha contenuto prima e contrastato poi
con successo, in condizioni di inferiorità numerica di 1 a 10, la Brigata
Golani e i battaglioni della Riserva della Israel Defence Force.
Per il Generale Halutz e il suo Stato maggiore il comportamento in battaglia
delle Forze della Riserva è stato deludente. Per la prima volta nella
“storia” di “Israele” l’assemblaggio sul campo di impiegati, operai dei
kibbutz, universitari, professionisti e studenti delle scuole rabbiniche ha
prodotto incertezze operative ed evidenziato larghi strati di demotivazione
al combattimento.
Nel momento più intenso degli scontri, Hezbollah ha avuto sul campo 700
uomini. Lo schieramento sul campo di Tsahal è stato tardivo e organizzato in
condizioni di emergenza operativa rivelando crepe in coordinamento e
logistica.
La mancanza di strade asfaltate ha reso problematico l’avanzamento dei carri
da battaglia Merlava, costretti ad operare, proceduti da bulldozer, su
percorsi accidentati e minati, esposti a contrattacchi anticarro di
Hezbollah in zone rocciose a macchia mediterranea.
Un ambiente che ha offerto ottime capacità di mimetizzazione, appostamento e
vie di fuga alla Milizia di Nasrallah, consentendole di limitare i caduti a
qualche decina di uomini.
L’uso di formazioni di carri armati in colonna a quote collinari
contraddistinte da vie di transito a scarsa carreggiata, sterrate, a
tornanti lunghi, e da passaggi obbligati si è rivelato, e non poteva essere
diversamente, un handicap strategico.
Le perdite di Tsahal al “cessate il fuoco”, in mezzi corazzati e blindati,
possono essere riassunte in un numero non inferiore a 200 (duecento).
Le conferme sono arrivate da Victor Litovkin, un esperto militare di Ria
Novosti, una delle più accreditate agenzie di stampa di Mosca. Ex ufficiale
dell’Armata Sovietica, Litovkin può vantare, oltre a una riconosciuta
serietà internazionale, un’ottima preparazione militare nel settore.
La sua relazione per “Reseau Voltaire” ha contabilizzato in 400 caduti e in
oltre 1.000 feriti le perdite complessive di Tsahal nella ‘Fascia Sud’ del
Libano. Da ricordare che i Merkava, come qualsiasi altro blindato, hanno un
equipaggio formato da un conduttore, un armiere e un avvistatore capocarro.
Le azioni in profondità nella valle della Beqaa di commando di Tsahal alla
ricerca e alla cattura, come è stato detto, di esponenti di primo piano di
Hezbollah, e alla distruzione di depositi di razzi, si sono concluse con
clamorosi e ripetuti insuccessi tattici.
Le forze elitrasportate di “Israele” sono state scoperte nelle fasi di
trasferimento, attese e contrastate, ogni volta, duramente sul terreno da
Hezbollah. Il ripiegamento dei commando è stato possibile solo con una forte
copertura aerea.
La spiegazione va ricercata più che nella qualità professionale delle forze
di Tsahal in una condizione di riequilibrio tecnologico sul terreno
nell’avvistamento (satellitare dell’Iran?), radar (Siria?), nel probabile
uso di U.A.V. (aerei senza pilota) e di un’efficiente comunicazione a terra
di Hezbollah. Sull’intera ‘Fascia sud’ che va dal mare con una profondità di
8-10 km fino alle Fattorie di Shebaa, all’altezza del Golan e al fiume
Litani, “Israele”, nell’ultima settimana prima del “cessate il fuoco”, ha
operato più puntate di penetrazione, con fanteria a piedi, appoggiata da
ricognizioni di Apache e appoggio di F 16 solo su direttrici di fondovalle
sgombre da villaggi, città e posizioni fortificate di Hezbollah, con
l’obbiettivo di tenere sotto controllo più terr eno possibile.
In queste condizioni, le linee di rifornimento di Tsahal si sono allungate
fino al punto di non poter assicurare un’assistenza logistica e alimentare
adeguata agli “scarponi” che aveva sul terreno, lasciandosi alle spalle e ai
fianchi posizioni fisse e mobili di Hezbollah a qualche km di distanza. Una
situazione tattica come, si può percepire, debole e sopportabile per tempi
limitati.
Un altro aspetto da mettere in evidenza è stato il fallimento pressoché
completo della Israel Defence Force nella distruzione di postazioni fisse e
mobili di Hezbollah.
Il numero dei colpi piovuti dal Libano sull’Alta Galilea nell’arco di 3
settimane non ha subito interruzioni, a riprova della scarsa o nulla
efficacia dell’azione d’individuazione e di distruzione dei punti e delle
strutture di lancio di Hezbollah da parte dell’aviazione con la stella di
David.
Si calcola che “Israele” sia stato colpito da oltre 4.500 razzi, di cui
alcune decine (60?) sono andati a bersaglio sulla città portuale di Haifa
producendo danni di qualche entità a impianti industriali della zona.
Lo schieramento di batterie antimissile Patriot non ha sortito alcun effetto
limitante. Non si è avuta notizia di lanci da parte di Tsahal contro razzi
in arrivo sul territorio di “Israele”.
L’approntamento dei Patriot, con ogni probabilità, doveva servire a
intercettare missili a maggior gittata e con tempi di percorrenza in volo
più lunghi.
Il raggio d’azione di Hezbollah, con l’uso di razzi da 122 mm e 230 mm, è
arrivato a 13 km con i Fajr, e ai 25-35 dei BM 21 e 31 lanciati da
postazioni mobili sostenute durante le ore di luce da un’ottima
mimetizzazione naturale e artificiale.
Postazioni carrate che dopo i lanci da rampe multicanna venivano
opportunamente spostate sul terreno per non lasciare bersagli fissi ai jets
di “Israele”.
Le vampe di lancio, lasciando una coda termica e una scia di fumo,
permettono una rilevazione all’infrarosso e di immagini satellitari e la
trasmissione di coordinate a terra e in volo che possono portare alla
distruzione delle rampe. In più occasioni Hezbollah ha dato prova di
disporre di un arsenale più agguerrito di quello usato sul campo come
risposta all’aggressione di Tsahal al Libano. Si sono avute infatti notizie
di singoli lanci Hezbollah che hanno raggiunto aree prossime alla città di
Hadera e alla Cisgiordania Occupata con portate di tiro sui 70 km.
Un altro devastante insuccesso “Israele” l’ha incassato sul mare. La sua
Marina da Guerra è uscita dal confronto con Hezbollah annientata per oltre
metà della sua capacità bellica. Le perdite del personale imbarcato, per
quanto difficili da quantificare nei numeri, sono state, come a terra, molto
elevate.
L’affondamento al largo di Beirut e di Tiro di 3 modernissime unità
capoclasse portaelicotteri, corvette da 850 tonnellate SAAR 5 con profili di
coperta stealth, di fornitura Ingoold-USA e di una cannoniera SAAR 4.5 ad
opera di batterie costiere di missili antinave C 801-2 di Hezbollah ha
finito per dare risultati e significati diversi al confronto
“Israele“-Libano da quello inizialmente sperato dall’Amministrazione Bush e
messo in piedi con una guerra di aggressione dal governo Olmert.
La spallata auspicata dall’Amministrazione USA per la creazione di un “nuovo
Medio Oriente“ si è rivelata un colpo lanciato nel vuoto che rafforza la
capacità politica, militare e di immagine di Hezbollah e del Governo Siniora
nel Medio Oriente e nel Golfo Persico, rafforzando il potere contrattuale di
Siria e Iran.
L’America e “Israele” dovranno, in forza dei risultati raccolti sul campo,
rivedere in profondità la loro strategia militare e, allo stesso tempo,
ridimensionare molte delle ambizioni politiche e strategiche che coltivavano
nella Regione.
Giancarlo Chetoni
Fonte: www.aljazira.it/
|