La guerra in Libano ha fatto sparire dalla scena politica un milione di
palestinesi.
Senza elettricità, senz’acqua, senza lavoro, praticamente prigionieri.
E nessuno protesta
Gaza è stata occupata di nuovo. Il mondo deve saperlo, e devono saperlo anche
gli israeliani. Gaza si trova oggi nelle condizioni peggiori della sua storia.
Dopo il sequestro di Gilad Shalit, il militare rapito il 25 giugno, e ancor più
dopo lo scoppio della guerra in Libano, l'esercito israeliano infuria non c'è
altro modo di esprimersi - da un capo all'altro della Striscia demolendo,
uccidendo e bombardando indiscriminatamente. Nessuno pensa d'istituire una
commissione d'inchiesta: la questione non è neppure all'ordine del giorno.
Nessuno chiede perché si sta facendo tutto questo né chi lo ha deciso.
Ma dietro la cortina di fumo creata dalla guerra in Libano, a Gaza l'esercito
israeliano è tornato ai vecchi metodi, come se il disimpegno non fosse mai
avvenuto. E allora diciamolo apertamente: il ritiro da Gaza è morto e sepolto. A
parte gli insediamenti ridotti a cumuli di macerie, non resta nulla delle sue
promesse.
Promesse e bugie
Come sembrano false, adesso, tutte le incredibili sciocchezze che si sono
dette sulla "fine dell’occupazione" e sulla "spartizione della terra”! Gaza è
occupata, e con maggiore brutalità di prima. Il fatto che per l'occupante sia
più comodo controllarla dall'esterno non ha nulla a che vedere con le
intollerabili condizioni di vita degli occupati.
Oggi in molte zone della Striscia, non c’è l’elettricità. Israele ha
bombardato l’unica centrale elettrica e almeno per un anno a Gaza mancherà il 50
per cento del suo fabbisogno.
L’acqua scarseggia sempre di più: dal momento che manca la corrente,
rifornire d’acqua le abitazioni è praticamente impossibile. Gaza è più sporca
che mai: a causa dell’embargo imposto da Israele e dal resto del mondo
sull’Autorità Nazionale Palestinese democraticamente eletta, non vengono pagati
gli stipendi e gli spazzini sono in sciopero da settimane. Cumuli d’immondizia e
ondate di tanfo nauseante soffocano la fascia costiera, trasformandola in una
nuova Calcutta.
Inoltre Gaza è più che mai un carcere. Il valico di Erez è deserto; il lavico
di Karni negli ultimi due mesi è rimasto aperto solo pochi giorni e lo stesso
vale per il valico di Rafah.
Circa 15mila persone hanno atteso due mesi di poter entrare in Egitto, altre
stanno ancora aspettando, e tra loro ci sono numerosi malati e feriti.
Cinquemila persone hanno atteso dall'altra parte del valico di poter tornare
alle loro case. Alcune sono morte.
Bisogna vedere con i propri occhi le scene che si svolgono a Rafah per capire
la gravità della tragedia in corso. Un valico dove in teoria non doveva più
esserci nessun israeliano continua a rappresentare lo strumento con cui Israele
tiene sotto pressione un milione e mezzo di abitanti. E’ un caso vergognoso e
sconvolgente di punizione collettiva. Di questa situazione sono responsabili
anche gli Stati Uniti e l'Europa, che con la sua polizia presidia il valico di
Rafah.
Gaza è più povera e più affamata che mai. L'ingresso e l'uscita delle merci
sono praticamente bloccati, la pesca è proibita, le decine di migliaia di
dipendenti dell'Autorità Nazionale Palestinese non ricevono lo stipendio, e la
possibilità di andare a lavorare in Israele è fuori discussione.
E non abbiamo ancora parlato dei morti, delle devastazioni e degli orrori.
Negli ultimi due mesi, Israele ha ucciso 224 palestinesi tra cui 62 bambini e 25
donne. Ha bombardato, assassinato, distrutto senza che nessuno intervenisse.
Nessuna base di lancio di razzi Qassam, nessuna galleria per il transito
clandestino di armi possono giustificare così tante morti. Ogni giorno viene
ucciso qualcuno, e per lo più si tratta di civili innocenti. Che ne è del tempo
in cui in Israele c'era ancora un dibattito su questi omicidi? Oggi Israele
lancia missili, colpi d'artiglieria e bombe sulle case e uccide intere famiglie,
senza sosta. Gli ospedali scoppiano: le persone ricoverate per cure mediche sono
un migliaio. La settimana scorsa a Shifà l'unica struttura di Gaza che merita
forse di essere definita un ospedale - ho visto scene da spezzare il cuore:
bambini con arti amputati, attaccati a un respiratore, paralizzati, menomati per
il resto dei loro giorni. Ci sono state famiglie uccise nel sonno, mentre
viaggiavano a dorso d'asino, oppure mentre lavoravano i campi.
Nelle case, bambini terrorizzati, traumatizzati da quello che hanno visto, si
stringono gli uni agli altri, con un orrore negli occhi che è difficile
descrivere a parole. Un giornalista spagnolo che ultimamente ha trascorso
qualche tempo a Gaza un veterano di zone di guerra e catastrofì di tutto il
mondo - ha detto di non aver mai assistito a scene agghiaccianti come quelle che
ha visto e documentato negli ultimi due mesi.
Stabilire chi ha deciso tutto questo è difficile. E’ lecito dubitare che i
ministri siano consapevoli di cosa sta succedendo a Gaza. Ma i responsabili sono
loro, a cominciare dalla pessima decisione dell'embargo, per proseguire con il
bombardamento dei ponti e della centrale elettrica e con gli assassinii di
massa. Adesso Israele è nuovamente responsabile di tutto ciò che accade nella
Striscia.
Il grande imbroglio
I fatti smascherano quel grande imbroglio che è Kadima, il partito che è
andato al potere sulla scia del successo teorico del disimpegno. Kadima aveva
promesso convergenza, una promessa che il primo ministro si è già rimangiato.
Chi pensava che fosse un partito centrista ormai dovrebbe aver capito che è solo
l'ennesima formazione di destra favorevole all'occupazione.
Lo stesso vale per i laburisti.
Il ministro della difesa, Amir Peretz, è responsabile quanto il premier di
quello che sta accadendo a Gaza. Le sue mani sono sporche di sangue come quelle
di Olmert, e non potrà mai più presentarsi come "uomo di pace". Le incursioni
compiute ogni settimana, ogni volta in un punto diverso, le operazioni "uccidi e
distruggi" che partono dal mare, dall'aria e da terra hanno tutte nomi che
sembrano una mano di bianco data sulla realtà: “Pioggia d'estate", "Kindergarten
chiuso".
Nessun pretesto di sicurezza può giustificare questo ciclo di follia e nessun
argomento può giustificare il vergognoso silenzio di tutti noi. Il militare
Gilad Shalit non sarà liberato e i lanci di razzi Qassam non smetteranno, e
intanto a Gaza scorre un film dell'orrore. E anche se oggi questo orrore
servisse a impedire qualche attentato, sul lungo periodo è destinato a generare
un terrore omicida ancora più grande. Quel giorno, convinto come al solito di
essere nel giusto, Israele dirà: "Ma noi gli abbiamo restituito Gaza! "
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