Che siano di destra, di sinistra, di centro, bipolari o
grandi coalizioni, il Cicr, il Comitato interministeriale per il credito
e il risparmio, è destinato a esercitare su tutti i governi un fascino
irresistibile.
Dopo anni di sonnolenta sopravvivenza, durante la quale si limitava a
emanare i regolamenti predisposti dalla Banca d’Italia, tanto che molti ne
auspicavano apertamente l’abolizione, il Comitato ha avuto un sussulto
quando l’allora ministro del Tesoro cercò di utilizzarlo nella sua personale
battaglia con il governatore della Banca d’Italia. Ma si dimostrò del tutto
inutile al raggiungimento dello scopo.
Vi furono, poi, vari tentativi governativi, fortunatamente abortiti, di
trasformarlo in una sorta di supercoordinatore politico della
vigilanza sui mercati finanziari. Dopo varie peripezie, la legge sul
risparmio stabilì, giustamente, che le Autorità si coordinano da sole e non
hanno bisogno dell’occhiuto controllo di cinque ministri (compresi quello
dei Lavori pubblici e dell’Agricoltura).
La nuova maggioranza si è presentata agli elettori con una proposta di
semplificazione e razionalizzazione delle Authority e di costituzione per
legge di una apposita commissione parlamentare per favorire il collegamento
tra le Autorità di vigilanza, il Parlamento e il governo tramite "circuiti
comunicativi" con "le istituzioni rappresentative che saranno messe a
conoscenza delle attività svolte dalle prime, senza tuttavia comprimerne
l’autonomia". (1)
Dal MaxiCicr al SuperCicr
Appena insediato, il governo ha avviato un meritorio e
rapido lavoro di modifica dei quegli articoli della legge sul risparmio
che o per mancanza di chiarezza, o perché dettati dall’esigenza demagogica
di dimostrare agli elettori di "aver fatto comunque qualcosa", apparivano di
ardua se non impossibile applicazione, finendo con creare più problemi di
quelli che volevano risolvere.
Ma ancor prima di trasformare in proposte di legge le indicazioni contenute
nel suo programma, ha deciso di occuparsi anche dell’irresistibile Cicr.
In un primo tempo, almeno secondo le anticipazioni giornalistiche, gli si
voleva attribuire il compito di verificare la "effettività del coordinamento
tra le autorità di vigilanza nel settore finanziario" allargando la sua
composizione anche a Consob, Isvap, Autorità per la concorrenza e
il mercato. Questo ampliamento di poteri che in parte riecheggiava le
proposte del precedente governo, è successivamente caduto a favore di una
soluzione di (pare) compromesso che si limita a prevedere la possibilità per
il ministro del Tesoro di invitare alle riunioni anche i presidenti
delle altre "Autorità competenti" quando si tratti di "argomenti attinenti a
materie loro attribuite dalla legge, connessi a profili di stabilità
complessiva, trasparenza ed efficienza del sistema finanziario".
Naturalmente, rispetto alle originarie intenzioni è senz’altro più
equilibrata la soluzione di compromesso fondata sulla possibilità di
interloquire anche con altre Autorità che comunque rivestono soltanto un
ruolo consultivo.
Rimane, però, da chiedersi quali siano le altre autorità competenti: non è
chiaro, ad esempio, se l’Antritrust rientri nel novero dei
convocabili. E soprattutto quali possano essere i legami tra queste e un
comitato al quale l’ordinamento attribuisce competenze e poteri
regolamentari in materia di credito e di tutela del risparmio bancario,
tanto più in presenza di una norma (l’articolo 20 della legge sul risparmio)
che prevede che le Autorità si devono autonomamente coordinare attraverso
protocolli d’intesa o costituendo a loro volta specifici comitati.
Il rischio, in sostanza, è ancora una volta quello di inutili
duplicazioni, oppure della creazione di un legame tra Authority e
istituzioni, non sul terreno dell’accountability, come opportunamente
prevede il programma dell’Unione, ma su quello del controllo politico.
Il pericolo
Non è un caso che nel suo Financial System Stability
Assessment del marzo 2006 il Fondo monetario internazionale si sia
chiesto se le funzioni del Cicr siano realmente rispettose dell’indipendenza
della banca centrale nello svolgimento della attività di vigilanza, mentre
già nel suo parere del 2004 la Bce aveva espresso la sua contrarietà a un
ampliamento dei poteri del Comitato. (2)
Le preoccupazioni della Bce sono, d’altronde, facilmente
comprensibili: nei mercati finanziari europei si è verificato un graduale
spostamento sul piano comunitario delle scelte di regolamentazione, e di
quelle di coordinamento della attività di vigilanza. Inevitabilmente, i
singoli Stati membri possono cadere nella tentazione di recuperare spazio,
su un terreno che si sta inesorabilmente erodendo, con il pericolo che le
Autorità siano condizionate dalle pressioni nazionali.
Se ormai, visto il suo fascino, dobbiamo rassegnarci alla longevità del Cicr,
né si può certo gridare allo scandalo se a qualche sua riunione si discute
anche con la Consob, non bisogna mai abbassare la guardia di fronte a questo
pericolo.
(1) Pag. 21 del programma dell’Unione.
(2) Vedi Fmi Financial System Stability Assessment , punto 38
e il Parere Bce dell’11 maggio 2004 sul disegno di legge sul risparmio
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