Sono 1280 le persone morte sul posto di lavoro nel
2006: una terrificante media attestata fra i tre e i quattro morti al
giorno, tutti i giorni. Le leggi possono certamente migliorare, ma il
nodo delle ispezioni rimane cruciale.
L’aggiornamento in
tempo reale è una prerogativa del web, ma ci sono ritmi forsennati che
non si riesce a tenere: quello delle morti bianche è purtroppo uno di
questi. La notizia della morte di un operaio palermitano, caduta da una
impalcatura durante il suo orario di lavoro (notizia che nel momento in
cui scriviamo rappresenta l'ultimo episodio simile avvenuto in Italia)
passerà presto in secondo piano, diventando nel giro di qualche ora non
“l’ultima” morte ma “una delle ultime” della serie. Milleduecentottanta
morti in un anno, un milione di incidenti: numeri da guerra civile,
quelli riferiti al 2006. Numeri da priorità assoluta. L’appello lanciato
una settimana fa dal presidente della Repubblica Napolitano ha riportato
l’attenzione sul tema, con speciali giornalistici e approfondimenti che
pescano nella miriade di storie di madri e padri, mogli, mariti e figli
raggiunti – come un fulmine a ciel sereno – dalla notizia della morte di
una persona cara: una morte avvenuta durante l'attività di lavoro,
mentre si fatica per conquistare onestamente sul campo quegli euro
necessari per arrivare alla fine del mese.
Il governo ha approvato una settimana fa il disegno di legge sul Testo
Unico sulla sicurezza, che dovrà ora passare all’esame del Parlamento:
un provvedimento che senza dubbio rappresenta un valido strumento per
iniziare l’inversione di tendenza ma che nulla potrà in presenza di
quella diffusa tendenza al lassismo che è causa non secondaria del
continuo stillicidio cui assistiamo ogni giorno. Se la legge è scritta,
purtroppo, nulla assicura che venga applicata: è quanto accade già ora,
con le normative in materia di sicurezza certamente perfezionabili ma
non così gravemente lacunose come i numeri potrebbero far apparire. La
risorsa dei controlli e delle ispezioni non è eludibile: se ci sono i
controlli, se fioccano le multe e pure le denunce, qualcosa si muove.
Altrimenti, tutto resta fermo.
Che poi da parte delle istituzioni qualcosa in più si possa fare è
indubbio, anche dal punto di vista normativo. Qualcuno si è chiesto nei
giorni scorsi per quale motivo il problema della sicurezza negli stadi
abbia spinto l'esecutivo ad un decreto legge e invece il tema della
sicurezza sul posto di lavoro no: forse che i tifosi valgono più dei
lavoratori? Il paradosso in effetti ci sta tutto, anche se con una
differenza non da poco: in materia di sicurezza sul lavoro la
riflessione è stata più ampia, rafforzata anche dalle conclusioni
dell’apposita Conferenza svoltasi a Napoli nel gennaio scorso; sulla
sicurezza negli stadi invece il cammino è stato meno lineare, e i
risultati anche meno condivisi. Ad ogni modo, con procedura d’urgenza o
meno, resta il nodo dei controlli: allo stadio o al lavoro, non basta
l'affermazione del principio; serve anche chi ne verifica il rispetto. E
ogni controllo in più può significare davvero tanto.
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