Equità
sembra essere la parola d’ordine della prima manovra finanziaria
dell’Unione. La distanza che separa la finanziaria al centro del
dibattito politico di questi giorni, dalle manovre finanziarie degli
anni passati, è notevole. Durante la scorsa legislatura la
cosiddetta “Finanza creativa” ideata da Giulio Tremonti (e approvata
da Berlusconi) sembrava legittimare le sperequazioni sociali e
faceva poco o nulla per contrastare il dramma dell’evasione fiscale.
Oggi invece parole come “equità” e “redistribuzione” compaiono tra
molto clamore nel vocabolario della politica italiana. Ovviamente,
il giudizio sul valore di una politica economica ispirata ai
principi dell’equità e della redistribuzione della ricchezza sociale
varia in base alla collocazione politica di chi lo pronuncia (e
allora, forse, la distinzione tra Destra e Sinistra ha ancora un
qualche significato!).
Quando Prodi afferma che “governare vuol dire avere presenti in
primo luogo gli interessi dei più deboli” e che “un paese moderno,
civile e democratico deve avere come obiettivo quello della
realizzazione della giustizia sociale”, sembrano non esserci dubbi
che l’intenzione del Premier sia quella di rispettare gli impegni
assunti in campagna elettorale e coniugarlo con le aspettative
dell’opinione pubblica progressista. L’attenzione per i ceti meno
abbienti è dimostrata dal fatto che non ci saranno aumenti per le
imposte versate da coloro che percepiscono un reddito inferiore ai
40.000 euro all’anno (si tratterebbe del 90% dei contribuenti
italiani). Inoltre, pare che le risorse che si otterranno con la
manovra saranno fondamentali per il riordino dei conti pubblici, che
versano in una situazione molto grave dopo il dissesto causato dal
quinquennio berlusconiano e per il finanziamento di settori
fondamentali della spesa pubblica, che da anni subiscono tagli,
soprattutto in Sanità, Istruzione e Ricerca scientifica.
I partiti dell’Unione, come era prevedibile, approvano la manovra
finanziaria. Sembra esserci qualche perplessità da parte di alcuni
esponenti della Margherita e dell’Udeur di Clemente Mastella, il
quale invita al dialogo con l’opposizione, per evitare il pericolo
che la manovra possa costituire una sostanziale minaccia per gli
interessi economici del ceto medio. A queste si somma la contrarietà
della Sinistra radicale ad un passaggio della finanziaria che
prevedesse il rifinanziamento delle missioni militari all’estero. I
sindacati, nonostante nelle settimane scorse avessero velatamente
minacciato uno sciopero generale qualora la finanziaria non li
avesse soddisfatti pienamente, hanno dato la loro approvazione alla
manovra di Prodi, al punto cha anche Fausto Bertinotti - pur negando
che nella politica economica dell’Unione ci sia stata la prevalenza
eccessiva delle forze della sinistra radicale - ha dichiarato:
“Capisco il consenso dei sindacati per una legge finanziaria che
finalmente in una società che ha prodotto clamorosamente degli
sbalzi nella redistribuzione della ricchezza, anche grazie
all’evasione, fa sì che per la prima volta il lavoratore che
guadagna 1000 euro e il pensionato che ne prende 500 possono a loro
volta essere oggetto di una redistribuzione della ricchezza” (la
Repubblica, 3 ottobre 2006).
Le reazioni da parte dell’opposizione di centrodestra (al momento,
parlare di Casa delle Libertà pare un ricordo del passato) sono di
segno completamente opposto. Per i parlamentari di Forza Italia e
della Lega, i discorsi a proposito di equità, lotta all’evasione
fiscale e redistribuzione, dimostrano il prevalere di una logica
massimalista che intende punire chi produce la ricchezza. Dopo la
scoperta dei girotondi da parte di An, si comincia a parlare di
manifestazioni di piazza contro il Governo, anche se l’UDC di Casini
prende le distanze dal resto dell’opposizione e annuncia una dura
battaglia parlamentare per modificare gli aspetti più negativi della
manovra del Centrosinistra. Anche il giudizio degli industriali è
negativo: Montezemolo, Presidente di Confindustria, giudica troppo
demagogica la manovra finanziaria e ritiene che il governo sia stato
troppo cauto nei tagli della spesa sociale e nella riduzione degli
sprechi in vista di un’adeguata razionalizzazione dell’apparato
statale.
Se si tenta di ragionare per un po’ al di fuori della stretta
appartenenza politica, il giudizio sulla manovra diventa più
complesso e variegato. Innanzitutto, si deve valutare positivamente
che finalmente, dopo anni in cui sembrava che il liberismo
trionfasse senza critiche, si comincia a parlare di redistribuzione
della ricchezza. Si è presa consapevolezza che le disuguaglianze
sociali, aumentate sensibilmente negli ultimi anni, sono tali da
mettere in crisi la stessa stabilità del patto sociale. Eppure, non
tutto è stato fatto per mettere in piedi una politica realmente
egualitaria, a cominciare dall’aumento dei tickets per alcune
prestazioni sanitarie, che mettono in discussione i principi di
universalità dello stato sociale. Inoltre, una misura impopolare (ma
che risponde alla logica egualitaria che guida l’azione del Governo)
come la tassa di successione, non è stata reintrodotta “per ragioni
politiche, anche se faceva parte del programma di governo”, come lo
stesso Vincenzo Visco ha dichiarato. A sollevare preoccupazioni ci
sono anche le critiche provenienti dalle amministrazioni locali, che
subiranno una riduzione delle risorse erogate dallo Stato e saranno
probabilmente costrette a elevare i tributi locali, con ciò
contraddicendo tutti coloro che approvano la finanziaria sostenendo
che non determinerà un incremento del carico fiscale. Ma questa
finanziaria è un primo passo avanti.
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29/09/2006 Varata la Finanziaria da 33,4 mld
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