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http://asfalto_bagnato.blog.tiscali.it/
«La vera libertà di stampa è dire alla
gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire»
George
Orwell
Tempo fa mi capitò di sentire di una classifica che posizionava l'Italia
attorno al quarantesimo posto in quanto a libertà d'informazione e dietro paesi
quali il Mozambico. La notizia mi rimase in mente e ci rimuginai fin quando,
dopo quasi due anni di vita in Inghilterra, mi è sembrato evidente che qualcosa
di vero dopotutto ci dovesse essere.
Mi sono preso la briga di fare una ricerca a proposito del tema "libertà
d'informazione in Italia". È un argomento che spesso accende gli animi nel
nostro paese e volevo esaminare la questione con una certa equanimità,
racimolando le informazioni attraverso un mezzo (Internet) che ancora non
risente in maniera apprezzabile della censura e dando una netta preferenza a
documenti ufficiali di organi o istituzioni autorevoli.
Va da sé che, per non incorrere in una sorta di petitio principii, ho
usato fonti internazionali (prevalentemente in inglese). Se infatti fosse vera
l'ipotesi di una compromessa libertà d'informazione in Italia, questo ci
dovrebbe portare a ritenere le fonti italiane "compromesse" e, almeno
parzialmente, non affidabili da cui nel dubbio la preferenza per fonti
internazionali sicuramente più lontane dai teatrini televisivi della politica
italiana e dai chiassosi battibecchi tra gli opposti schieramenti.
Quello che emerge è un quadro che non è mai stato, fin dalle sue origini,
particolarmente roseo:
«According to the information received by the Special Rapporteur, the public
television network RAI has been strongly politicized since its creation in 1954.
At the time, and until the major political changes of the end of the 1980s,
Italian public television was controlled by the political party in power, the
Christian Democrats»
(Dal rapporto dell'esperto dell'ONU sulla libertà della stampa, il keniota
Ambeyi Ligabo).
E mi sembra una
ricostruzione storicamente fedele dei fatti. Affermare che in Italia il problema
della libertà d'informazione nasce con il Governo Berlusconi sarebbe fuorviante.
Tuttavia, stando ai rapporti e ai documenti ufficiali delle principali ong e
istituzioni prese in esame si delinea abbastanza chiaramente un generale
peggioramento e deterioramento degli spazi di libera espressione.
Una carrellata non esaustiva ma quasi:
1- Reporters sans
frontiers (http://www.rsf.org/) è
un'autorevole associazione che da 18 anni si occupa di difendere la libertà di
stampa e i giornalisti imprigionati, discriminati, licenziati solo per aver
fatto il loro lavoro. Ogni anno pubblica un rapporto sulla libertà di stampa in
vari paesi ( 167 in
quello del 2005).
Il rapporto 2005 vede l'Italia al 42esimo posto, dietro il Costa Rica, ultima
tra tra le nazioni dell'Europa Occidentale e considerata, a livello di libertà
d'informazione, solo "parzialmente libera". Il rapporto è disponibile a questo
indirizzo:
http://www.rsf.org/rubrique.php3?id_rubrique=554
L'Italia era 39sima nel 2004, 53sima nel 2003 e 40esima nel 2002.
2-
La Commissione
per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (ONU) nella risoluzione 1993/45
del 5 marzo 1993 decise di istituire la figura del "Special Rapporteur" al fine
di promuovere e proteggere il diritto alla libertà di espressione.
Il 18 marzo 2005 è stato reso noto a Ginevra il rapporto sulla situazione
italiana dell'esperto incaricato: il keniota Ambeyi Ligabo.
Il documento è disponibile a questo indirizzo:
http://daccessdds.un.org/doc/UNDOC/GEN/G05/116/15/PDF/G0511615.pdf?OpenElement
Il rapporto dipinge un quadro a tinte fosche della libertà d'informazione in
Italia includendo anche un breve excursus storico dalla nascita della
lottizzazione ai giorni nostri.
Distingue tre distinti problemi che caratterizzano nel loro insieme l'anomalia
italiana:
a) la concentrazione dei media (duopolio preesistente al Governo Berlusconi ma
di cui Berlusconi rappresenta comunque una delle due parti)
b) il conflitto d'interesse del Primo Ministro (in quanto anche proprietario
delle reti Fininvest, di Mondadori di Pubblitalia, ecc.)
c) il forte controllo politico da sempre esercitato sulla televisione pubblica
(RAI) dal governo in carica.
La relazione si chiude con una serie di raccomandazioni.
Mi sembra di un
certo interesse riportare almeno le seguenti "The Special Rapporteur encourages
the authorities to take the necessary measures to depoliticize the media sector,
in particular regarding the management of the public television and the
allocation of subsidies to the print media." (73)
"The Special Rapporteur strongly recommends that the issue of conflict of
interest, in particular concerning the President of the Council of Ministers, be
further analysed, in consultation with all concerned actors, in order to find a
sustainable solution whereby influence by the political sector in the media
would be significantly reduced."(74)
3- L'International Press
Institute (http://www.freemedia.at/)
è nato intorno agli anni cinquanta e oggi è un network globale di editori, media
e giornalisti che ha membri in 120 paesi nel mondo.
Gioca un ruolo consultivo per L'UN (ONU), l'UNESCO e il Consiglio Europeo ed è
impegnato nella difesa della libertà d'informazione su vari fronti.
Non pubblica una vera e propria statistica o classifica ma un "World Press
Freedom Review". Quello inerente l'Italia (2004 reperibile al seguente
indirizzo:
http://www.freemedia.at/wpfr/Europe/italy.htm e denuncia un quadro
preoccupante per una democrazia occidentale.
Valga a titolo d'esempio il solo incipit:
«Italy
has a special place in Europe with regard to freedom of the media because in no
European country does the prime minister, the head of the government, who is the
politician that can exert the most power over the state media, own most of the
other broadcasting media, and many of the print media».
4-
L'European Federation of Journalists (EFJ) (a href="http://www.ifj-europe.org/">http://www.ifj-europe.org/)
è l'organizzazione europea dell'International Federation of Journalists (IFJ)(http://www.ifj.org).
L' EFJ,
rappresentando circa 280.000 giornalisti in 30 paesi, è la più grande
organizzazione giornalistica in Europa.
In base a una risoluzione addottata nel meeting di Praga del
2003, l
'EFJ si è impegnata ad investigare la situazione dei media in Italia. Il
risultato di tale sforzo è il rapporto "Crisis in Italian Media: How Poor
Politics and Flawed Legislation Put Journalism Under Pressure" (disponibile
all'indirizzo:
http://www.ifj-europe.org/pdfs/Italy%20Mission%20Final.pdf ) che già dal
titolo non lascia presagire una situazione rosea.
Le conclusioni sono riassunte in otto punti.
Mi limito a
citare il primo:
«It is impossible not to conclude that the media crisis in
Italy is profound and serious. There is a deeply flawed
system of management, a lack of public awareness, an element of political
paralysis, and a deep sense of professional unease within Italian journalism
about the future of media»
5- Freedom House (www.freedomhouse.org)
è un'associazione no profit fondata più di 60 anni fa da Eleanor Roosevelt,
Wendell Willkie ed altri americani impegnati nella difesa della libertà di
stampa.
Nel corso degli anni
Freedom House è stata al centro di numerose lotte e campagne per la libertà di
stampa denunciando sistematicamente le numerose violazioni in U.S.A. e nel
mondo.
È presente a livello mondiale con sette sedi sparse tra U.S.A. e Europa.
Ogni anno pubblica un rapporto teso a fornire un quadro a livello mondiale
sull'indice di libertà di stampa e d'informazione. Nel rapporto 2004
(disponibile a questo indirizzo:
http://www.freedomhouse.org/pfs2004/pfs2004.pdf ) l'Italia è al 74esimo,
ultima tra le nazioni dell'Europa Occidentale, preceduta da nazioni come Ghana e
Papua Nuova Guinea e considerata a livello di libertà d'informazione solo
"parzialmente libera".
Nel rapporto 2005 (che non sono riuscito a trovare on line sul sito) l'Italia è
sempre considerata parzialmente libera ma al 77esimo posto.
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