A novembre l’inflazione su base annua frena lievemente passando dal 3,4% al
3,3%. L’effetto dell’aumento dell”Iva che è passata dal 20 al 21%, continua a
sentirsi ma in modo più contenuto rispetto al mese di ottobre. Su base
mensile, infatti, i prezzi al consumo hanno registrato un calo dello 0,1%,
cosa che non accadeva da settembre 2010.
E’ quanto comunica l’Istat, secondo cui l’inflazione acquisita per il 2011
si stabilizza al 2,7%, mentre quella di fondo, calcolata al netto dei beni
energetici e degli alimentari freschi, scende al 2,4% dal 2,5% di ottobre. Il
contenimento dell’inflazione è dovuto soprattutto alla flessione congiunturale
dei prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona
(-1,1%), in particolare dei ricettivi e di ristorazione (-1,4%), e al calo su
base mensile dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (-1%).
Dall’altro lato, però, registrano un aumento i prezzi dei beni
alimentari non lavorati (+1,5%) e dei beni energetici
non regolamentati (+0,9%). Sul piano tendenziale i maggiori tassi di crescita
interessano i trasporti (+6,9%), l’abitazione, acqua, elettricità e
combustibili (+6,3%) e le bevande alcoliche e tabacchi (+6,0%).
In flessione risultano i prezzi delle comunicazioni (-1,2%). A livello
territoriale, Potenza (+5,3%) e Venezia (+4,1%) sono le città in cui i prezzi
registrano gli aumenti più elevati rispetto a novembre 2010. Le variazioni più
moderate riguardano Firenze (+2,6%), Campobasso, Palermo e Cagliari (+2,7% per
tutte e tre le città).
Secondo Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori
e Adusbef, in una situazione come quella che il Paese attraversa, un tasso di
inflazione al +3,3% è gravissimo. “Vuol dire, evidentemente,
che le volontà speculative prevalgono sulle sane logiche di mercato –
dichiarano i due Presidenti – Non vi è altra spiegazione, infatti, per una
simile crescita dei prezzi, nonostante il disastroso andamento dei consumi, in
netto calo persino nel settore alimentare (-4%) e in occasione delle festività
natalizie (-7%).
A crescere in misura notevole sono soprattutto i prezzi del
cosiddetto “carrello della spesa”, anche sulla spinta dei
costi record dei carburanti, il cui rincaro è stato “aiutato” da ripetuti
aumenti delle accise, nonché dall’aumento dell’Iva al 21%”.
Dalle stime dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori tutto questo
determina effetti disastrosi sul potere di acquisto delle famiglie che, nel
2011 subiranno una stangata di oltre 1.668 euro solo per
l’aumento di prezzi e tariffe.
Ma ad incidere negativamente sul potere di acquisto delle famiglie
contribuiranno anche le ricadute delle manovre economiche che saranno di 1.129
euro per la manovra del Governo Monti, a cui si aggiungono 2.031 euro per le
manovre del precedente Governo. Secondo le Associazioni dei consumatori
le ricadute saranno disastrose, sia sul versante dei consumi che su
quello della produzione.
E’ quanto mai necessario un intervento serio e determinato del Governo per
eliminare ogni ombra di speculazione. “Il Governo ha già perso l’occasione di
ristabilire un minimo di equità e di puntare sullo sviluppo facendo
dietrofront sul versante delle liberalizzazioni – concludono Trefiletti e
Lannutti – Ora, almeno, intervenga per arginare in parte la drammatica perdita
del potere di acquisto delle famiglie, avviando le dovute verifiche sui prezzi
e disponendo un vero e proprio blocco di prezzi e tariffe”.
La Coldiretti punta il dito contro i rincari record di prodotti alimentari
e bevande alcoliche che hanno registrato un rialzo in termini tendenziali del
3,1% il più alto da febbraio 2009, anche se inferiore all’aumento medio
generale dell’inflazione (3,3%) Tra gli aumenti record ci sono quelli
del caffè e dello zucchero che sono arrivati a +17%.
“L’andamento internazionale delle quotazioni delle materie prime ha
provocato – sottolinea la Coldiretti – un rincaro consistente del costo della
tazzina anche in Italia che ha registrato un rialzo di quasi 6 volte superiore
a quello medio degli alimentari.
In un paese come l’Italia dove l`86% dei trasporti commerciali
avviene su gomma è peraltro l’aumento dei carburanti a determinare un effetto
valanga sul prezzo finale di vendita dei prodotti di largo consumo come il
cibo e le bevande, con ogni pasto che – precisa la Coldiretti – percorre
infatti in media quasi 2.000 chilometri prima di giungere sulle tavole”.
E per Natale quasi un italiano su tre avrà difficoltà a spendere.
“A subire gli effetti della necessità di risparmiare sono – sottolinea la
Coldiretti – alcune categorie di beni o servizi con il 42% dei consumatori
italiani che spenderà meno per divertimento, il 41% per le spese irregolari
(acquisti non ripetuti come ad es. l’automobile, il fai-da-te ecc.) e il 40%
per l’abbigliamento, mentre solo pochissimi consumatori, l’11%, taglieranno la
spesa per alimentari durante le festività natalizie (dati dell’indagine “Xmas
Survey 2011” di Deloitte).
La spinta verso spese utili – continua la Coldiretti – premia dunque
l’enogastronomia anche per l’affermarsi di uno stile di vita attento a ridurre
gli sprechi che si esprime con la preparazione fai da te di ricette personali
per serate speciali o con omaggi per gli amici che ricordano i sapori e i
profumi della tradizione del territorio.
Gli italiani – conclude la Coldiretti – acquisteranno per Natale prodotti
alimentari tipici per un valore di piu’ di 2 miliardi di euro, per effetto
della tendenza verso i prodotti alimentari di qualità da regalare a se stessi
o agli altri è favorito dalla grande varietà dell’offerta, con occasioni per
tutte le tasche”.
Ad intervenire sul boom dei prezzi alimentari (ai livelli
massimi dal 2009) è anche l’Adoc che ha condotto un’indagine sui costi del
cenone di Natale: costerà il 4% in più rispetto allo scorso
anno, per un totale di 170 euro a famiglia.
Questi prezzi elevati costringeranno una famiglia su tre a rinunciare al
cenone, per trasformarlo ad un “cenino”. Tra i prodotti che hanno subito gli
aumenti più eclatanti ci sono il salmone affumicato (+10,3%), i
datteri (+14,8%), lo spumante (+13,2%) e i classici panettoni (+3,8%).
Registrano ribassi il cotechino (-2,5%) e il torrone (-13,4%). E, sebbene non
sia un prodotto tradizionale per il cenone di Natale, il riso aumenta del
25,7% rispetto al 2010.
“Per sostenere tutte le spese, in alcuni casi, non basterà neanche
l’apporto della tredicesima, che per l’85% sarà dedicata a coprire le
spese ordinarie – commenta Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc – Un
salasso per le famiglie, che praticamente l’hanno già spesa prima di
incassarla e che oggi più che mai fanno affidamento sul surplus di stipendio
per fronteggiare la crisi. Un surplus che riteniamo debba essere detassato, in
modo da fornire un minimo ritorno economico”.
Secondo l’Associazione questo Natale registrerà un calo del 4% dei consumi
rispetto all’anno scorso; e i ristoranti avranno il 25% di clienti in
meno.
“Mangiando fuori casa, una famiglia di 4 persone spenderebbe poco
meno di 300 euro, pagando in media tra i 70 e gli 80 euro a persona – prosegue
Pileri – una cifra al di là delle possibilità di molte famiglie che, pur
volendo, non potrebbero sostenere una spesa simile, soprattutto considerando
che con circa la metà si può cenare senza farsi mancare nulla, e va bene anche
per una tavolata di 8-10 persone.
E’ quindi naturale che a Natale e a Capodanno molte famiglie rimarranno tra
le mura domestiche”. Infine l’Adoc traccia il quadro dei locali dove si
effettueranno gli acquisti per i cenoni. “Il 35% dei consumatori sceglierà il
discount per fare la spesa, l’unico locale a dare la possibilità alle
famiglie di soddisfare le proprie esigenze alimentari senza rimetterci lo
stipendio – conclude Pileri – per chi volesse invece acquistare prodotti
tipici, come i cestini, direttamente online (8%) consigliamo di appurare che
il sito sia verificato e di preferire l’acquisto delle marche più note.
Inoltre bisogna stare attenti alla scadenze indicate e occhio alle
confezioni con prodotti di seconda scelta, magari mascherati dalla presenza di
un prodotto “civetta”, di prima qualità, che può ingannare il consumatore e
portarlo all’acquisto di un insieme di alimenti di valore inferiore a quello
pagato”.
Stime Istat: a novembre inflazione al 3,3%. Volano i prezzi di alimentari e gasolio
Inflazione in leggero calo rispetto al mese di ottobre. A
novembre, secondo le stime preliminari dell’Istat, l’inflazione segnala una
diminuzione dello 0,1% rispetto a ottobre e un aumento del 3,3% su base
annuale (era il 3,4% a ottobre). Gli effetti di contenimento sono legati alla
flessione congiunturale dei prezzi di servizi ricreativi, culturali e per la
cura della persona, dei servizi di ristorazione e dei trasporti; sostegno
all’inflazione deriva invece dagli aumenti su base mensile degli alimentari
non lavorati e dei beni energetici non regolamentati. Rispetto al mese di
ottobre, infatti, prodotti alimentari e bevande analcoliche aumentano dello
0,7%; in aumento anche i prezzi di abitazione, acqua, elettricità e
combustibili (più 0,5% sul mese, più 6,3% sull’anno).Ma è
soprattutto l’analisi di dettaglio a evidenziare come le famiglie
siano costrette a fronteggiare i rincari di beni fondamentali, quali
alimentari e carburanti. Formaggi e latticini aumentano, su base mensile,
dello 0,3%. Zucchero e caffè registrano rialzi sostenuti, pari rispettivamente
allo 0,8% e allo 0,7% rispetto a ottobre, che portano l’aumento annuale al
17,2% e al 16,5%. Aumenta anche il prezzo dei vegetali freschi, che segna un
più 5,8% su base mensile (più 0,5% annuale) e quello della frutta fresca, che
rincara del 4,7% rispetto a ottobre e del 2,3% sull’anno. Aumenti
congiunturali anche per la carne suina e bovina.
Aumentano i carburanti. Il prezzo della benzina rincara
dello 0,2% rispetto a ottobre, mentre la crescita tendenziale è del 16,6% (era
17,8% a ottobre). Vola il prezzo del gasolio per mezzi di trasporto, che segna
un rialzo congiunturale dell’1,7% e cresce su base annua del 21,2%. Il prezzo
del gasolio per riscaldamento aumenta del 2,5% rispetto a ottobre e del 18,2%
sull’anno.
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