L'economia italiana è diventata
ormai la patria del saccheggio delle multinazionali, le società
vengono comprate per farle crescere a dismisura sui mercati
valutari, per poi esplodere in una grande bolla. È la storia
questa della Parmalat, della Cirio, della Telecom, è la realtà che
stiamo vivendo perché i politici e le religioni ci hanno
consegnati in mano ai boia, consentendo che prendessero la nostra
economia e ne facessero carne da macello.
I giudici non applicano più la
costituzione, ma la prassi amministrativa e giuridica, i politici
non emanano le leggi che rispecchiano le esigenze e i problemi
esistenti, i servizi segreti si sono venduti. Si fanno grandi
sfoggiando medaglie e pensioni d oro, alle cene con le aragoste,
il vino buono e le mignotte, senza mai fermarsi a pensare cosa è
costato quello che ora possiedono. Ogni giorno, in un'aula di
tribunale o in Parlamento vengono violati i diritti sanciti dalla
Costituzione in nome del bene del Paese o della prassi
burocratica, in nome delle direttive scritte da persone che non
abbiamo mai eletto, che non conosciamo e si nascondono dietro un
dito o le sigle delle false istituzioni.
Abbiamo chiesto così all'Avv.
Marco della Luna una sua
consulenza su quello che è oggi il funzionamento del sistema
giuridico e bancario che le imprese quotidianamente incontrano.
« Quelle tra giudici e
banchieri sono senz'altro delle alleanza molto pericolose.
Nel sistema italiano di potere, osserviamo una marcata analogia
tra la categoria dei banchieri e la categoria dei magistrati.
Entrambi, banchieri e magistrati, eleggono l’organo di autogoverno
di categoria e in esso hanno una partecipazione dominante: le
banche, nominano il Governatore della Banca d’Italia e la Banca
Centrale Europea e partecipano la seconda attraverso la prima; i
magistrati, nominano tra i propri iscritti 20 dei 30 componenti
del Consiglio Superiore della Magistratura.
Entrambe le categorie (alcuni le chiamano “corporazioni”),
giudiziaria e bancaria, nominano e controllano così i propri
controllori, si fanno regolamenti interni, giudicano i propri
iscritti secondo logiche interne, si impermeabilizzano a controlli
esterni (ossia degli organi di elezione popolari, volgarmente
detti ‘democratici’), così che si possono imporre come
interlocutori forti (perchè autonomi) agli organi costituzionali.
La categoria dei banchieri è però molto più forte di quella dei
magistrati, e ciò dovrebbe esser tenuto presente dai magistrati
stessi, nel loro proprio interesse, perché le alleanze fatte con
chi è molto più potente sono alleanze, alla fine, perdenti.
Facciamo qualche semplice considerazione…
In Italia è invalso, in favore delle banche, un sistema fatto di
norme codicistiche e non codicistiche, nonché di prassi
giudiziaria, che funziona come segue:
I tribunali, quando le banche dichiarano di avere un credito verso
i loro clienti, concedono alle banche, a vista, decreti ingiuntivi
contro i clienti medesimi, sulla base di documenti di formazione
bancaria, anche in assenza di una vera prova del preteso credito.
Non solo concedono questi decreti ingiuntivi, ma li dichiarano
immediatamente esecutivi, ingiungendo ai malcapitati clienti delle
banche, senza prima aver sentito le loro ragioni, di pagare
subito, pena il pignoramento. E’ vero che l’art. 642 del Codice di
Procedura Civile permette di dichiarare un decreto ingiuntivo
immediatamente esecutivo e di qualsiasi prova dei presupposti
dell’art. 642 cpc per la concessione dell’immediata esecuzione,
come in questo caso. Ma è anche vero che l’art. 642 richiede la
prova di un pericolo nel ritardo, che giustifichi l’urgenza.
Orbene, questo pericolo viene identificato dalla banca, e
purtroppo anche dai giudici, col semplice ritardo di pagamento
affermato unilateralmente dalla banca stessa.
La banca immediatamente, in forza di tale decreto e prima di
notificarlo al proprio cliente, iscrive un’ipoteca giudiziale
sulla totalità dei beni immobili del cliente.
Ciò anche quando i beni immobili hanno un valore multiplo del
preteso credito. Per un vantato credito di 100.000 Euro,
supponiamo, la banca iscrive ipoteca per beni di 1.000.000 di
Euro.
Al contempo, la banca segnala alla Centrale Rischi Interbancaria
della Banca d’Italia la supposta insolvenza del cliente, senza,
perlopiù, curarsi di accertare se il cliente sia insolvente e
anche quando, il cliente non è affatto insolvente, ma
molteplicemente capiente.
A questo punto, grazie al pretesto così creato della segnalazione
CRI, il sistema bancario, che è un cartello privato, comprendente
i privati proprietari della Banca d’Italia (tali contro l’art. 3
dello Statuto della medesima) che questa stessa dovrebbe
disciplinare, tira la rete, ossia blocca completamente,
l’operatività finanziaria del cliente, causandogli danni
potenzialmente letali, mettendolo in ginocchio, e sovente
costringendolo a cedere alle pretese della sua consociata se non
vuole soccombere.
L’alternativa, per il cittadino cliente, è sperare in un congruo
risarcimento al termine di una lunga causa, ossia al passaggio in
giudicato della sentenza – dopo anni e anni in cui non potrà
operare – risarcimento che non potrà essere congruo, perché non è
possibile provare congruamente il lucro cessante.
Questo è un sistema molto efficiente per i banchieri. Dà loro un
potere non solo giuridico, ma anche economico e politico sulla
società. Forse i giudici che si occupano dei suddetti decreti
ingiuntivi dovrebbero riflettere sulla portata di ciò, sulla
trasformazione degli assetti di potere che ciò apporta nella
costituzione materiale, sull’opportunità di usare diversamente i
propri decisivi poteri. Perché, in una prospettiva di medio
termine, non conviene ad alcuno, se non ai banchieri, vivere in
una società regolata interamente dal sistema bancario privato,
dove già ora, giorno dopo giorno di più, i cittadini si ritrovano
a dipendere da esso e dal suo credito per sempre più numerose
necessità della vita, grazie a governi che sempre sono, essi
stessi, dipendenti dal sistema bancario.»
Questo fa senz'altro capire che non esiste più lo Stato né come
Istituzione, né come diritto e neanche come società, perché oggi
un imprenditore o la sua azienda può morire nel silenzio dei media
e dei tribunali. Oggi 100 aziende possono morire nel giro di
un'ora solo battendo su una tastiera, seguendo le istruzioni di un
software, usurando sul tempo e sulle parole.
Hanno squadre di avvocati, consulenti e una macchina burocratica
verso i quali le imprese si sentono inermi, disarmati perché sanno
di lottare ad armi impari. Noi non lasceremo certo che le imprese
muoiano, noi combatteremo stando uniti, con l'intelligenza e i
giusti strumenti, non con le spade o nei forum, perché queste sono
guerre già perse.
Il
Comitato di Liberazione Monetaria si sta muovendo in tal
senso, e ha ottenuto un importante incontro nella mattinata di
oggi, alle 11.00 di giovedì 23 settembre, con le Istituzioni. il
Presidente del Comitato di Liberazione Monetaria, ing.
Argo Fedrigo, accompagnato
dal Responsabile nazionale per i rapporti istituzionali il
Sen. Valentino Perin,
incontrerà il Presidente del
Senato Franco Marini. Un incontro questo sicuramente
storico che darà sicuramente voce a coloro che intendono
impegnarsi attivamente per dare un sostegno alla nostra economia.
Ringraziamo a nome di tutta la nostra Tela il C.L.M. per il grande
impegno profuso nella realizzazione di un progetto comune a tutti.
A loro va tutta la nostra stima e il nostro appoggio in questo
tentativo di dare oggi alle imprese delle risposte concrete, delle
armi per riuscire ad affrontare il futuro.
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