Sarebbe fino troppo facile criticare l’”evento Festival di
San Remo”, dal punto di vista di una sociologia dei contenuti della società
dello spettacolo. Siamo, infatti, davanti a una specie di macchina, l’industria
dell’intrattenimento, che ormai ha forza propria e si autoriproduce
economicamente e socialmente attraverso la costruzione di tanti “microeventi”,
come appunto San Remo.
Ma il discorso potrebbe anche essere esteso al cinema, alla musica,
all’editoria, eccetera. Pertanto nulla di nuovo sotto il sole della modernità
capitalistica. Il vero punto del problema è quello della crescente assuefazione
psichica e culturale delle masse mediatizzate (chiamiamole così). La macchina si
riproduce perché gode di un crescente consenso sociale. Nessuno è obbligato,
almeno direttamente, ad accendere la televisione. Formalmente si è liberi. Se è
così, perché si accende la televisione e si segue San Remo?
Per due ragioni, concernenti, come vedremo, la struttura formale dei processi
sociali. In primo luogo, nelle nostre società, apparentemente democratiche, il
controllo dei valori culturali ricevuti e trasmessi (quel che ci forma e di cui
si discute) è strettamente sorvegliato. Si tratta di una forma di controllo
invisibile, compiuta dalle stesse organizzazioni mediatiche, man mano che si
sono sviluppate nella seconda metà del secolo scorso. Di qui una progressiva
povertà di autentici contenuti culturali. I media dipendono dal potere
economico, il potere economico rinvia a quello politico, e quello politico, a
sua volta, rimanda a quello economico. Si tratta di un processo circolare che
culturalmente privilegia la conservazione dello status quo: dei rapporti
politici ed economici esistenti.
Per farla breve: possono cambiare gli attori politici ed economici, ma non la
struttura politica, economica e sociale, e i valori sui cui essa poggia. Valori
“autentici” per il sistema, ma non sempre per ogni singolo individuo In secondo
luogo, la povertà di autentici valori culturali - dovuta anche alla particolare
conformazione sociale dei media che dovendo parlare a tutti, devono banalizzare
i contenuti - ha implicato lo sviluppo di un ristretto nucleo di valori, come
dire, divertentistici, innocui, sotto il profilo politico e sociale. Si è
trattato di un processo in parte eterodiretto e in parte, una volta avviatosi,
frutto dei meccanismi autoriproduttivi della macchina stessa (l’industria dello
spettacolo).
La pressione è stata ed è così forte che i valori divertentistici (in senso
lato) sono ormai ritenuti dalle masse mediatizzate come autentici. E questo
spiega il largo seguito di eventi come il “Festival di San Remo”. Questa
spiegazione potrebbe essere liquidata come meccanicistica. E in effetti lo è. Ma
non per colpa di chi scrive. Purtroppo il condizionamento sociale, che si fonda
su processi di tipo mimetico (“faccio quello che fanno gli altri perché è giusto
così”), e di post-razionalizzazione individuale (“ ho fatto quel che ho fatto
perché era giusto farlo, cosicché la prossima volta lo rifarò”), è un processo
di tipo meccanicistico. Però nel sistema potrebbe aprirsi un falla. Infatti, se
è vero che nelle nostre società il controllo dei valori culturali è strettamente
sorvegliato, è altrettanto vero che i processi sociali non consistono solo nei
processi di condizionamento.
Esiste anche il processo di innovazione creativa, spesso opera di minoranze, se
non proprio di singoli individui guidati da un bisogno di autenticità sociale. E
l’innovazione, una volta “partita”, può diffondersi, attraverso gli stessi
processi meccanicistici di cui sopra. I quali, sono socialmente neutrali, nel
senso che possono veicolare il bene come il male… Pertanto vanno difese e
utilizzate tutte sfere di libertà, anche di dimensioni ridotte, capaci però di
favorire l’innovazione politica e sociale. E una di queste è la blogsfera.
Purtroppo il processo di liberazione da Pippo Baudo (se ci passa la quasi
battuta) non è facile: perché, attualmente, il comportamento meccanicistico
prevale su quello innovativo.
Ma noi, come appena detto, sappiamo che i processi sociali, sono basati anche
sull’innovazione. In genere, le società cambiano per saturazione. A un certo
punto, l’individuo "inautentico" avverte la “saturazione valoriale”. La
sensazione individuale, che si prova singolarmente, ricorda quella della
mancanza di ossigeno: si respira a fatica, perché l'ambiente in cui ci si trova
è saturo di tossine. E di scatto si va alla finestra, per aprirla e far entrare
aria fresca.
Come questo avvenga, e come si riesca ad avvertire il pericolo, un attimo primo
di perdere conoscenza (e rischiare di morire) è un mistero sociologico. Possiamo
solo prenderne atto.
Carlo Gambescia
Archivio Sanremo
|