E’ sempre stato d’allarme per quelle Ong che vogliono
operare in Russia. Perché è ancora sotto gli occhi di
tutti la ragnatela di contraddizioni, di slanci e paure,
che il Cremlino ha scatenato con l’obiettivo di impedire
“ingerenze distruttive” sulla società ed applicando, di
conseguenza, un giro di vite sulle attività delle
Organizzazioni non governative che operano nel
territorio della federazione russa. Mosse e contromosse
– anche sul piano legislativo – non hanno però placato
le acque. Comunque sia ora c’è una prova d’appello
poiché l’appuntamento per le Organizzazioni non
governative è fissato per il 24 ottobre nella capitale
russa dove, nel quadro del “G8-società-civile”, si
svolgerà una tavola rotonda dedicata ai problemi dello
sviluppo dell'Africa. Successivamente – a fine novembre
– le Ong si sposteranno a San Pietroburgo per esaminare
i primi risultati relativi alle decisioni del recente
summit del G8. Tutto questo, forse, sta a significare
che i russi hanno compreso il valore delle iniziative
delle Ong e si stanno mobilitando, di conseguenza, per
stabilire una rete di rapporti a livello mondiale. Ne
parla, ad ”Altrenotizie”, Jurij Materija, esponente del
ministero degli Esteri della Russia e responsabile del
dipartimento che si occupa dei rapporti con i
mass-media.
L’analisi che presenta si collega alle attività svolte
dalla prima presidenza russa del G8 e, in particolare,
alla cooperazione e al dialogo con gli istituti della
società civile. “Il nostro compito primario – dice - è
consistito nel creare le condizioni favorevoli sia allo
sviluppo del dialogo in generale che per avviare tra le
Ong russe e internazionali una libera discussione sui
problemi in agenda nel G8 di San Pietroburgo e sugli
altri problemi mondiali”. Da parte russa, quindi, un
nuovo giudizio positivo sul rapporto con organizzazioni
straniere che, sino a poco tempo fa, erano viste da
Mosca con un certo “sospetto”. Tanto che il Cremlino era
intenzionato ad intervenire – con appositi dispositivi
di legge – sui permessi alle rappresentanze e alle
filiali delle Ong straniere. Obbligandole, di
conseguenza, a registrarsi in qualità di persone
giuridiche, con una serie di conseguenze negative e a
volte stressanti: dalle revisioni periodiche alla
tassazione delle donazioni. Ed altra imposizione si
riferiva al fatto che gli stranieri operanti nel quadro
delle Ong potevano ricevere l’autorizzazione a svolgere
le loro attività solo avendo dimora fissa in Russia ed
essendo residenti nel Paese da almeno un anno. Sembra,
ora, che tutto sia rientrato nella normalità. Ma le
preoccupazioni restano. E l’esponente russo con il quale
conversiamo insiste nel sottolineare l’importanza di
questa nuova fase.
“Nel contesto della presidenza russa del G8 – dice -
abbiamo dato molta importanza all’interazione con le
varie espressioni della società civile. Ci sono stati,
ad esempio, precisi appuntamenti nell'ambito del
programma che è stato denominato G8-Società- Civile. E a
San Pietroburgo sono stati ampiamente valorizzati i
rapporti tra gli istituti della società civile e gli
sherpa di tutti gli otto 8 paesi presenti”.
Per la diplomazia russa ufficiale, quindi, l’ultimo
incontro è considerato come "il primo summit delle Ong
globali". Perché si è stabilito un rapporto diretto con
organizzazioni come Human Rights Watch, Transparency,
Greenpeace, Fondo mondiale della natura selvaggia,
Consiglio internazionale delle donne, Auxfemme, Amnesty
international...
Apertura e disponibilità al dialogo con tutte le Ong,
quindi, anche con quelle più apertamente critiche nei
confronti della Russia attuale. Ed è forse per questo
che quei russi che operano nel campo della diplomazia
dichiarano di voler trovare, anche per il futuro, un
linguaggio comune con il variegato mondo delle Ong.
Un problema resta però sul tappeto. Ed è relativo al
rapporto reale con le Ong russe. La maggior parte di
queste sono ancora in fase di gestazione ed incontrano
parecchie difficoltà nelle varie realtà locali. Pesano,
sulla realtà delle organizzazioni russe, i tanti e tanti
meccanismi, le operazioni chiuse ed autoritarie, le
maschere di comodo, le pressioni e le distorsioni, gli
entusiasmi spontanei e quelli organizzati, le sofferenze
e le mistificazioni, le presunzioni intellettuali e le
inestirpabili radici polemiche. E poi l’accerchiamento,
la sindrome da cittadella assediata; un vero deserto dei
tartari nell’attesa di un “qualcosa”. Un vivere
esaltante per alcuni, assurdo ed impressionante per
altri. Ecco che il punto d’incontro per stabilire un
linguaggio comune – una sorta di minimo comune
denominatore – è ancora un problema tutto in salita.
E le domande che le Ong russe e straniere pongono ora
alla Russia ufficiale possono essere così riassunte: con
chi stabilire rapporti? Come riuscire a conoscere i
partner? Chi garantisce per loro? Il parlamento russo?
Le ambasciate? Solo fornendo risposte esaurienti il
Cremlino potrà affrontare i prossimi incontri e
sostenere così che si sta formando una sorta di nuova
Internazionale: quella delle Ong.
Intanto le fonti di Mosca cercano di recuperare il
rapporto con l’Ovest fornendo un primo dossier con
elementi utili alla conoscenza delle situazioni
tipicamente russe. Si riferiscono così a quelle forme di
“partnership” che non hanno scopo di lucro e che devono
essere costituite da persone fisiche e/o giuridiche. Ed
è in questo quadro che si parla di “Società autonome”
capaci di operare nella prestazione di servizi nel campo
dell’istruzione, della cultura e della divulgazione.
Altro punto che la Russia prevede si riferisce ai
“fondi” istituiti per il raggiungimento di scopi
sociali, culturali o di beneficenza. L’esempio più noto
è quello del “Fondo Gorbaciov” che, a Mosca, svolge
attività di ricerca e documentazione e che ha un preciso
rapporto con analoghi enti stranieri.
Problemi ed esempi a parte si può dire, comunque, che è
cominciato un periodo d’intensa attività delle Ong nei
confronti della Russia. E che gli “sconvolgimenti” già
messi in atto stanno ponendo sempre più la società russa
dinanzi a scelte fondamentali. Il “non governativo”,
forse, potrà disturbare anche l’intera “classe politica”
poiché le Ong – direttamente o indirettamente – terranno
sotto osservazione e sotto il tiro delle critiche un
Cremlino abituato da sempre ai diktat.
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