07/06/2006 Governo: Ancora dieci Giorni per il Decreto sul Ritiro dall' Iraq (http://www.canisciolti.info)

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  • Nonostante le insistenze della sinistra radicale sulla necessità di accelerare i tempi del ritiro dall'Iraq, soprattutto dopo l'ultima tragedia ieri a Nassiriya, con tutta probabilità, il decreto sul finanziamento del rientro dei soldati italiani dall'Iraq non sarà all'ordine del giorno del prossimo consiglio dei ministri. Il provvedimento del governo sul ritiro dall'Iraq, previsto dal programma dell'Unione, verrebbe discusso dal consiglio dei ministri della settimana prossima, dopo gli incontri del ministro degli Esteri Massimo D'Alema in Iraq (domani) e negli Stati Uniti (con Condoleeza Rice, lunedì prossimo) e dopo i colloqui del ministro della Difesa Arturo Parisi con i suoi omologhi statunitense, Donald Rumsfeld, e britannico, Des Browne, a Bruxelles, in occasione del vertice dei ministri della Difesa della Nato l'8 e il 9 giugno.

     

    Ancora dieci giorni di tempo, dunque, per l'avvio della discussione sul decreto del ritiro delle truppe dall'Iraq, nella garanzia, rimarcata da Romano Prodi nell'informativa alla Camera sugli avvenimenti di ieri a Nassiriya, che la "tabella del rientro non cambia". "Aspettiamo con ansia il decreto di rientro dei nostri militari", spinge in Aula il responsabile Esteri del Pdci Jacopo Venier.

    "Il ritiro deve essere immediato - sottolinea - potrà essere realizzato in qualche settimana, un mese al massimo. E nel frattempo deve essere chiaro che per il governo la missione in Iraq è conclusa". Il Pdci punta a chiedere che nel decreto venga specificata una data precisa di rientro dei soldati italiani, indicata in "agosto" tempo fa dal segretario Oliviero Diliberto.

    "Non c'è più altro tempo a disposizione per definire un calendario certo", dice Paolo Cento dei Verdi. "Il governo deve predisporre in tempi rapidi e in condizioni di assoluta sicurezza il rientro dei nostri militari in Italia", sottolinea in Aula il segretario del Prc Franco Giordano, specificando che l'intenzione non è quella di "abbandonare l'Iraq", ma di "ricostruire una legittimità internazionale per la pace", pensando anche a "interventi civili concertati con la comunità internazionale".

    Una futura partecipazione dell'Italia ad una missione civile decisa in ambito internazionale è scenario indicato anche dallo stesso D'Alema, che sta muovendo le pedine del governo italiano in modo da curare con la massima attenzione i rapporti con gli altri paesi, europei e d'oltreoceano. Al momento, comunque, resta certo il ritiro dei militari per dare un "segnale politico di discontinuità" con le scelte del governo precedente.

    "Escludo ogni presenza militare perchè è incompatibile con l'impegno preso con gli elettori", spiega il ministro Parisi, precisando che la discussione su una eventuale missione civile non è ancora iniziata. Se la sinistra radicale preme per 'incassare' al più presto un risultato che comunque ritiene "certo", quello del rientro dall'Iraq, è sull'Afghanistan che lo scenario appare più paludoso.

    Prc, Verdi e Pdci (contrari fin dall'inizio ad 'Enduring Freedom') insistono per una "ridiscussione" della missione italiana a Kabul, mettendo in chiaro che nel dibattito con gli alleati la loro posizione sarà, anche in questo caso, quella del ritiro. Nessun rischio che sull'argomento possa 'cadere' il neonato governo Prodi, viene sottolineato, ma l'intenzione della 'sinistra più a sinistra' è di rivedere la missione a Kabul già nel decreto di rifinanziamento di giugno.

    Una richiesta che però non figura nel programma dell'Unione e che potrebbe quindi scontrarsi con la indisponibilità della parte riformista della maggioranza a rimettere in discussione i termini della missione in Afghanistan.


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