Una nota trasmissione televisiva ha intervistato a tradimento
alcuni parlamentari aspettandoli fuori dalle camere per
interrogarli sui fatti di cronaca. Il risultato è stato
quanto di più desolante. A domanda risposero che il Darfur
è uno stile di vita (confondendolo con il fast-food); che
Abu Grahib era un tizio che è stato torturato (e che
“l’effetto - Abu Grahib” è il sinonimo di “effetto -
domino”); che Rabin era un rappresentante palestinese
incarcerato e oppresso; che Hitler non scrisse il Mein
Kampf perchè non aveva tempo. A completare il quadro una
diffusa ignoranza sul significato di oscure sigle, su cosa
significhi Consob, o su quella altrettanto misteriosa che
identifica la Rizzoli-Corriere della Sera (RCS).
Si può concedere che siano state mostrate solo le domande
che hanno raccolto risposte da deficienti e che la figura,
mitigata da una serie di risposte a segno, non sarebbe
stata tanto terrificante nella realtà. Resta però sospeso
il sospetto che chi è in grado di articolare bestialità
del genere possa avere oggettive difficoltà nell’adempiere
pienamente il mandato parlamentare. Nessuno pretende dagli
eletti in Parlamento una preparazione sopraffina o
particolari doti da tuttologo, ma chiunque presti pensiero
a questi dettagli si augura che esistita un limite verso
il basso da non valicare.
Lasciamo per un momento da parte l’etica e le sue scomode
domande, non chiediamoci perché alcuni politici abbiano
deciso di gettare la propria ignoranza oltre il video -
invece di svicolare felpati come la maggior parte dei
colleghi - e proviamo ad immaginare l’operatività di
assemblee composte da personale politico del genere. Prima
di tutto è evidente che gran parte dei dibattiti alle
Camere ad alcuni entra da un orecchio ed esce dall’altro
senza lasciare traccia o curiosità. Lo dimostra in
particolare la scarsa conoscenza dell’esistenza della
Consob, un tipo di istituzione ormai integrato
nell’assetto costituzionale delle moderne democrazie
occidentali, non solo l’organo di controllo della borsa
italiana.
La Consob viene nominata in moltissime sedute
parlamentari, ma evidentemente c’è gente che vota le leggi
destinate a regolare la nostra economia senza neppure
sapere che esista; gente che nemmeno ha mai avuto la
tentazione di scoprire cosa sia questa Consob.
Allo stesso modo, quando nelle sedute solenni in nome e in
onore dei morti di fame, di malattie e di stenti per
l’egoismo mercantile del primo mondo, quando si firmano
con le stilografiche più preziose impegni altisonanti
favore dei paesi che deprediamo, la gran parte dei
presenti non sa nemmeno di che paesi si parli né quali
siano i problemi. Che speranza si può nutrire sul fatto
che un parlamentare italiano possa curare gli interessi di
gente che non conosce e che non voterà mai in Italia,
perché mai il deputato si dovrebbe allarmare a sentir
discutere di fame e stragi nel Fast-food?
E perché mai un deputato si dovrebbe allarmare se il
signor Abu Grahib è stato un po’ torturato e un po’
oppresso non si sa dove e nemmeno da chi? Perché quelli
che insultano i “pacifinti” dovrebbero ricordare le
torture americane e altri massacri ed orrori? Quali
fantasiose associazioni di idee illumineranno parole come:
Falluja, Najaf, Gaza, Kandahar, nelle menti dei nostri
deputati?
Il dramma si raggiunge nella gestione della politica
estera, che per anni è stata maneggiata maldestramente a
vista, cercando di seguire la parte assegnata dall’amico
americano, ma che da anni non viene discussa o analizzata
in pubblico. In questo quadro va dato atto al corpo
diplomatico italiano di aver retto l’urto devastante del
berlusconismo, evitando che il nostro paese diventasse un
paria internazionale, mentre allo stesso tempo subiva
l’urto della riforma che avrebbe dovuto trasformare le
ambasciate e gli istituti di cultura in show-room per il
Made in Italy. La parallela sparizione della cronaca
dall’estero dall’orizzonte dei media, ha incentivato il
disinteresse in capo al personale politico italiano per
gli avvenimenti del mondo.
La guerra non è stata una “issue” alle ultime elezioni;
così come non lo è stato alcun tema di politica estera o
“globale”. Lo stagno della politica italiana non ha colto
neppure l’emergere dell’allarme ecologico, che in altri
paesi ha già spinto anche alcune formazioni conservatrici
ad abbracciare politiche “verdi”, in altri tempi
considerate da bolscevichi. In pochi anni siamo diventati
uno dei paesi che spende di più per i militari e meno per
gli aiuti umanitari, invertendo una politica
ultradecennale senza che la cosa suscitasse la minima
discussione.
Ora che cominciano ad emergere storie penose come quella
dell’elemosina al Darfur recapitata dall’attivissima
Contini (incapace di costruire l’ospedale promesso, come
la scuola); ora che si scopre che la Protezione Civile ha
speso solo 6 milioni di euro per soccorrere le (centinaia
di migliaia di) vittime dello tsunami e 15 milioni per
sovrintendere ai funerali di Woytila (a titolo di esempio
15 milioni di euro è la cifra chiesta dall’ONU l’anno
scorso per salvare 3 milioni di nigerini dalla carestia e
non fu raccolta lasciando gli abitanti negletti del Niger
alla loro sorte), sarebbe forse il caso di aprire un
tavolo che ridisegni l’impegno internazionale del nostro
paese, non senza la premessa della doverosa istituzione di
un servizio di alfabetizzazione geopolitica in favore dei
poveri deputati, in modo che non si trovino mai più a
dover votare gli aiuti ai morti di fame credendo invece di
finanziare i fast-food.
Archivio Liberiamo la Politica
10/11/2006 Liberiamo la politica dai politici!
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