Chi dalla seduta inaugurale del 'parlamento del Nord' di
Vicenza si aspettava il 'la' alla secessione da "Roma ladrona", dallo "Stato
centralista e schiavista" è rimasto deluso. Oggi la Lega Nord non ha sventolato
la bandiera della secessione, ma ha organizzato una riunione interlocutoria, più
istituzionale che operativa. Anche da Umberto Bossi non sono arrivate parole
d'ordine, ma l'operazione politica c'è stata: il parlamento del Nord avrà le
mani libere per poter raccogliere le istanze della base leghista, elaborarle e
formulare delle proposte per arrivare all'obiettivo centrale dell'autonomia
della Padania, mentre Umberto Bossi si è ritagliato il ruolo di politico 'mediatore',
di lungimirante capo del partito in grado di fare da trait d'union tra le
istanze, forse anche secessioniste, della base e la realtà politica italiana.
E' del tutto evidente che Umberto Bossi non punta ancora a
forzare la mano con la secessione che, ammette, rappresenta "una attrazione
enorme per tante persone, ma per adesso non c'è alcun ritorno a quell'idea".
Bossi sa però bene che l'arma della secessione può essere utilizzata come
"strumento di pressione" per spaventare alleati e maggioranza di governo e
spingerli a fare quelle riforme costituzionali che la Lega chiede da sempre.
Bossi, che consiglia caldamente l'elezione di Roberto Maroni alla presidenza del
parlamento del Nord perché "è uno astuto ed essere presidente vuol dire
rispondere davanti ai tribunali se qualche matto vorrà venire a fare un braccio
di ferro con il popolo padano", sa bene che l'iniziativa di aprire un parlamento
del Nord può dare la stura all'anima più nera della Lega, quella che vuole
l'indipendenza, il separatismo, la secessione. Per questo, da bravo leader
politico, avverte i suoi: "Io sono il segretario della Lega e non so se potrò
sempre rispettare gli ordini che questoparlamento vorrà dare al partito.
Io a
volte - confessa - devo fare qualche passo per andare avanti" e per due volte si
paragona ad uno sciatore costretto a fare "slalom" tra i suoi e gli alleati. Un
segnale politico preciso e puntuale è arrivato anche da due delle quattro
mozioni presentate e approvate oggi nella prima seduta del parlamento del Nord:
quella di Roberto Calderoli e quella di Francesco Speroni. La prima mozione mira
ad allontanare definitivamente lo spettro del referendum sulla legge elettorale
ventilando una possibile 'secessione dei parlamentari leghisti' che sarebbero
disposti ad abbandonare il Parlamento italiano e Roma nel caso in cui si
arrivasse al referendum per riversarsi nel parlamento di Vicenza che
diventerebbe "l'unica istituzione legittimata al perseguimento della libertà in
Padania".
Al di là delle conseguenze, probabilmente anche penali, che la cose
avrebbe, il messaggio è molto chiaro: l'arma della secessione, parlamentare o di
massa, la Lega la userebbe solo se fosse messa davvero alle strette e lo stesso
Bossi mette in guardia i palazzi romani dicendo: "Se il referendum metterà la
Lega fuori dal Parlamento, nell'impossibilità di trovare democraticamente una
soluzione per il federalismo, potrebbero succedere incidenti pericolosissimi".
Affermazioni che si aggiungono a quelle sui milioni di persone disposte nelle
regioni del Nord a mettere "a repentaglio la propria vita, e io lo farei",
spiega Bossi, per ottenere la libertà.
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