Gli
è sempre piaciuto a Marco Follini parlare attraverso le
massime, sfoderare proverbi, risolvere astutamente
situazioni difficili e domande scomode con le battute e i
giochi di parole. Stavolta, la frase con cui verrà
incorniciato il suo “trasformismo” in nome dello
spostamento al centro della barra di comando del governo
(con conseguente sepoltura eterna per i “Dico”) riassume
tutta la volontà dell’Harry Potter della politica italiana
di essere protagonista, e non solo comprimario, della
costruzione di un nuovo centrosinistra che dia al paese
una stabilità e un respiro che guardi oltre la contingenza
del momento. Così voterà la fiducia a Prodi, “perché
votare con Diliberto – ecco la frase che suggella l’idea -
non è meno imbarazzante che votare con Calderoli”.
Democristiani si nasce. Lo si diventa pure, ma ci vuole un
robusto dna moderato per svelare, in un momento come
questo, di avere in tasca un progetto politico che vuole
smarcarsi dalla gogna del “votare senza essere aggrappato
ai Diliberto e ai Calderoli” e trasformarsi, in
prospettiva, un grande partito di centrosinistra da
ancorare, nella sua ottica, più vicino possibile al
centro.
Follini ha colto al balzo un’occasione più d’oro delle
altre per lasciare un passo indietro gli alleati di ieri
che, adesso, gli danno del traditore e a cui lui non
poteva che rispondere come ha fatto: “Io ve l’avevo
detto”. Come al solito, Casini non ascoltava.
Un conto è il trasformismo, un altro è presentarsi al
proprio elettorato come un leader capace di avere quel
senso delle istituzioni e del bene del Paese di cui i suoi
ex alleati si sono fatti sempre un vanto di non possedere.
Non a caso il suo partito si chiama “Italia di mezzo” e
vuole parlare al ventre molle dell’elettorato che ha
sempre avuto a cuore il senso di responsabilità nei
confronti delle Istituzioni. E’ la vecchia scuola della
“balena bianca” ad aver insegnato a Marco Follini che
prima viene lo Stato, poi gli opportunismi politici di
bottega: dentro le urne è un fatto che paga. Con
Berlusconi (e con l’ex partito Udc) l’incantesimo si ruppe
proprio su questi fondamentali, su quella totale assenza
di senso dello Stato che un politico cresciuto alla scuola
di Piazza del Gesù non potrà mai riconoscere come propri.
“Siamo tutti alfieri degli interessi particolari – ecco
un’altra frase che svela l’uomo – ma l’interesse
dell’Italia dove va?”.
Follini oggi salvatore della patria? Di sicuro scialuppa
del governo Prodi in un momento in cui l’unica parola
impronunciabile nell’agone politico è elezioni.
Ma neppure stampella ."Io non faccio da stampella. Non
milito da quella parte. Indico obiettivi – ha spiegato a
caldo con risolutezza - che dovrebbero appartenere al
senso comune degli uni e degli altri. Il mio è il
tentativo di sottrarre il governo, e quindi la politica,
alle pressioni delle minoranze più laterali”. E ancora:
“Il voto di mercoledì scorso ha sancito che il vecchio
centrosinistra è al capolinea".
A dire il vero, gli scricchiolii a sinistra si sentivano
già da parecchio. Ma la tragica tempistica utilizzata
nell’arrivare al dibattito sulla politica estera, due
giorni dopo la manifestazione di Vicenza, hanno reso
palese anche ai bambini l’inconsistenza di una maggioranza
basata su un progetto politico comune che prescindesse dai
protagonismi personali, dal richiamo ai propri interessi
di collegio elettorale e dai bisticci sul costruendo
Partito Democratico. Una situazione che ha logorato la
sinistra fino a frammentarla in una galassia di veti e di
prese di posizione personali, di cui il voto di mercoledì
scorso è stato il film più deludente e tragico. Davanti a
uno show down così ridicolo e grottesco, la
sinistra ha riconsegnato gli sforzi di una campagna
elettorale feroce e di un programma politico importante
nelle mani di chi, adesso, farà pesare il proprio voto al
Senato in cambio dell’oblìo di riforme sociali che possano
intaccare la pressione vaticana sullo Stato. Di una
politica estera che consideri l’alleato americano
prioritario rispetto agli altri e di una politica
economica che tenga in gran conto i desiderata di
Confindustria, in particolare sul fronte della riforma
delle pensioni. Se questo sia davvero il bene dell’Italia,
come Follini propaganda a gran voce, è più che
discutibile, ma con questi numeri e questa sinistra
massimalista, declamatoria ed incapace, è anche del tutto
inutile discutere. La palla torna al centro.
Ed è un centro che, malgrado gli ostentati (e assai poco
credibili) mal di pancia del momento, è destinato a
ingrossare sempre più le sue fila. Il rendez voiz
più atteso, adesso, è quello con Casini, il vero sconfitto
della giornata della conta e della ricerca dei voti
necessari per sostenere il governo Prodi al Senato,
l’eterno secondo nell’avvio del progetto del nuovo grande
centro (di destra o di sinistra che sia) che Follini gli
ha scippato sotto il naso. In politica, tuttavia, nessuno
può mai dire di poter avere l’ultima parola. Ed è a questo
punto possibile che nel percorso che intraprenderà con il
suo partito Harry Potter s’imbatta presto il suo
ex segretario nell’Udc. E gli piacerebbe parecchio: "E’
possibile che tra qualche mese o tra qualche giorno
ritroverò Casini nei paraggi e al pensiero mi sento
sollevato". L’idea ha sollevato - e non poco - anche
Mastella. Governabilità a parte, attraverso Follini si
apre per il sindaco di Ceppaloni una stagione politica
diversa, dove il peso dei suoi princìpi é destinato a
trovare una ovvia maggiore attenzione di prima. “A Marco –
è stato infatti il suo commento a caldo - interessano temi
come la famiglia, il mezzogiorno, la leadership
internazionale, la riforma del sistema previdenziale. Lui
ha sempre detto di volere un centrosinistra diverso.
Dovremo costruire una piccola casa comune”. Spento il
cerino dei Dico, adesso i cattolici possono digerire i
dodici comandamenti del governo senza l’alka selzer, la
sinistra massimalista cominciare a fare le valigie per un
viaggio lontano dal governo che non si prospetta breve e
Prodi ad occuparsi dell’emergenza, ormai prioritaria, del
paese; l’affossamento della “porcata” e l’avanzamento di
una nuova legge elettorale. Harry Potter ha già
fatto sapere su cosa farà pesare il voto dei suoi
senatori; il modello di riferimento dovrà essere quello
tedesco, che non implica un bipolarismo compiuto e lascia
spazio, attraverso la quota proporzionale, ad una terza
forza in campo. Proprio quella forza di centro di cui lui
ambisce ad essere il leader.
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