Caro Dottor Blondet,
La tedio ulteriormente in relazione al caso Grillo, ma credo che per la
portata che ha avuto, sia il caso di continuare ad analizzarne soprattutto
le conseguenze.
Sono assolutamente d’accordo col rigettare decisamente gli atteggiamenti
estremistici (con me o contro di me), che male si conciliano con la vita
democratica (e che per questo sono tanto cari ai nostri “cari”-in tutti i
sensi- politici di oggi….mi viene in mente l’atteggiamento dei Fassinodalema
contro la gip Forleo, chissa’ come mai!!!!!).
Mi permetta pero’ di dare una diversa chiave di lettura alla
lettera del sig. A.B. (SONDRIO), partendo da quanto mi e’
successo personalmente:
l’8 settembre sono andato in Piazza Castello a TORINO, con mio figlio, e mi
sono letteralmente commosso a vedere questa “marea” di persone che
disciplinatamente e tranquillamente in coda (cosa che avevo visto fare solo
in altri paesi) attendevano ore per poter firmare il loro dissenso a questo
sistema ormai non alla frutta, ma al “pussa-caffe’” (come si dice qui in
Piemonte per indicare la grappa versata nella tazzina del caffe’ per
chiudere degnamente un pasto).
Mi sono sentito proiettato in un mondo civile, dove la gente (come dice Lei)
“non si e’ mobilitata in difesa di interessi particolari e localisti”, ma
per dare un segno di civile, democratico, giustificato dai fatti, legale
dissenso verso un certo modo di intendere la Politica.
(Ho sempre creduto che i nostri Governanti – e intendo sia coloro che sono
al Governo che l’Opposizione, debbano essere considerati alla stregua di
Amministratori Condominiali – spero che questi ultimi non me ne vogliano per
l’infausto paragone che propongo. Ossia amministrare un patrimonio
economico, culturale, sociale di una nazione, agevolando e assecondando il
tessuto produttivo, connettivo….insomma cercare di far stare tutti un
pochino meglio ogni giorno che passa……… che illuso, vero?)
Finito l’evento, tornato a casa, ho cercato immediatamente conferme e
smentite alle opinioni che mi ero fatto e il primo sito che ho “consultato”
e’ stato proprio il Suo. Leggo infatti quotidianamente, condividendone buona
parte, gli articoli che Lei pubblica e la Sua opinione (da me condivisa o
meno) mi interessa sempre.
Posso quindi comprendere l’ansia con la quale A.B. abbia atteso di leggere
anche solo “poche righe per analizzare il fenomeno” (vede: A.B., come me,
ritiene la Sua analisi importante). Quello che mi differenzia da A.B. e’
solo che io sono (purtroppo o per fortuna) meno impulsivo e ho imparato ad
attendere prima di “esplodere”.
Per il resto (l’importanza del fenomeno e i suoi possibili sbocchi) mi
sembra che ci possano essere addirittura dei punti di comunione tra Lei ed
A.B..
Vorrei aggiungere anche il mio modestissimo parere:
assolutamente superfluo commentare i commenti dei nostri beneamati
(qualunquismo e antipolitica sono i termini principalmente usati da questi
uomini da “pussa-caffe’), nonche’ dei loro servilisti portavoce, il punto
principale e’ legato al futuro di questa iniziativa (che ha FINALMENTE,
lasciatemelo dire, urlato il malessere esistente, dopo anni di sommesso
brusio….. e tutto per merito di un comico).
C’e’ da dire che (come anche Lei ha ricordato) in passato queste
manifestazioni di malessere si sono concretizzate in disgustose farse
(quelle che continua ancora oggi a propinarci un BOSSI ormai patetico), o
peggio in voltafaccia mascherati da “senso di responsabilita’”.
Mi diletto (si fa per dire) nel leggere qualche articolo legato alla grande
finanza, al signoraggio e a qualche altro “piccolo problema” di questo
conto, e ritengo sia tristemente difficile poter conciliare (per chiunque
sia al potere in un Paese come l’Italia) le esigenze della popolazione con
quelle di un certo Ordine che in effetti controlla la vera leva del potere,
cioe’ il danaro. Inoltre (vivendo su questa terra e non su marte come i
nostri politici - come giustamente ricordato da Carlo Bertani) mi rendo
conto che ormai l’economia e la finanza Italiane, sono ridotte al lumicino,
cioe’ le grandi (e anche le medie) aziende sono ormai in mano a holdings
europee o americane. Cio’ limita indubitabilmente le possibilita’ di
intervento di qualunque governo in materia di politica economica. Riporto
quanto sopra in modo meramente cronicistico e mi astengo da entrare nel
merito delle scelte (errate?? pazze?? Sconsiderate?? Sicuramente legate a
squallidi interessi personali) dei nostri prodi (p minuscola, ma si potrebbe
anche scriverla maiuscola, tanto e’ uguale).
In altre parole il sistema produttivo/economico (e noi non abbiamo purtroppo
grandi ricchezze insite nel territorio da poter utilizzare) e’ compromesso,
se lo consideriamo da un punto di vista sociale, e le azioni per poter
riprendere in mano la situazione sarebbero di portata immensa per chi se ne
volesse fare carico (pensiamo solo al problema “debito pubblico” che secondo
qualcuno non dovrebbe esistere in quanto generato in ampissima parte da una
distorsione del sistema finanziario che concede alle banche centrali la
possibilita’ di indebitare lo Stato esattamente della stesso valore
monetario che questo ha prodotto….la ricchezza dello Stato diventa la sua
poverta’ e contemporaneamente la ricchezza della Finanza).
Con tutto il rispetto e il ringraziamento per Grillo, non credo che lui
possa (e non credo neanche che lui voglia) prendersi carico di problemi di
questo genere, e allora????
Qui la realta’ si scontra con l’ideale… come far coincidere questa volonta’
popolare con la volonta’ di uno Stato (dovrebbe essere un assioma), partendo
dalla situazione che ho sopra illustrato (e sicuramente ci sono anche altri
aspetti che non so valutare), e non disperdere (con esito da Lei giustamente
definito tragico) questo ulteriore tentativo?
Io credo molto nella capacita’ dei singoli individui;non credo che il meglio
che si possa ottenere dagli italiani sotto il punto di vista di buon governo
sia espresso dalla attuale classe politica.
Penso a tutte le persone di cui ho letto articoli, opinioni, pensieri sui
vari siti o che ho conosciuto nella mia vita professionale….gente in gamba,
gente che produce (soldi o cultura….. per me non c’e’ differenza: produrre
una ricchezza , sia essa materiale o intellettuale, e’ da considerarsi una
CAPACITA’). Gente che e’ in grado di discutere di problemi partendo da punti
di vista opposti, ma riuscendo a trovare una soluzione ai problemi stessi,
perche’ e’ il motivo per cui ne stanno discutendo (e non partendo da inutili
ideali preconcetti)
Lei dice di Grillo : “punta molto, troppo sull’ecologismo”. Possiamo essere
d’accordo oppure no, ma qualcosa mi dice che se Lei e Grillo doveste (per
pura invenzione del mio cervello) incontrarVi a discutere e quindi dover
decidere su una determinata scelta legata al nostro Paese, alla fine
trovereste una soluzione….sono un illuso? Forse, ma come Le ho detto credo
ancora nella onesta’ e capacita’ di tanta gente. Basta solo parlarne
produttivamente.
La questione principe e’ quindi quella di convogliare questa spinta e
indirizzarla, guidarla:
la democrazia in uno Stato deve per forza essere rappresentativa, ma non e’
detto che i rappresentanti di tale democrazia debbano farne una professione
.
Quindi ben venga la legge popolare proposta e relativa al limite dei mandati
popolari, ben venga la possibilita’ di eleggere i candidati (e non votare i
partiti che scelgono), ben venga l’impossibilita’ di candidarsi per i
pregiudicati (ovviamente in base al reato commesso, ci mancherebbe!), BEN
VENGA L’IDEA CHE SERVIRE LA COMUNITA’ SIA UN SACRIFICIO E NON UN PRIVILEGIO.
Al sig. Beppe Grillo e ai “grillini” piu’ accaniti, dico: attenzione a non
cadere a Vostra volta nella trappola del nemico dietro ogni angolo, della
“cospirazione contro di noi”, dello sparare ad alzo zero contro tutti….
Tutte le critiche devono essere ascoltate e a tutte si puo’ ribattere in un
ambito di discussione che sia supportato da fatti concreti…….NON VORRETE
RICASCARE NEI DIBATTITI POLITICI DI PORTA A PORTA o altri vomitevoli esempi
di insultologia gratuita.
Dico inoltre di rigettare tutti gli accoliti dell’ultima ora (PECORARI SCANI
o altri) che cerchino solo un po’ di consenso in piu’, saltando la
staccionata (tanto sono campioni di salti)!!!
Anche se oggi (11 settembre) su La repubblica si dissertarva dottamente di
sincretismo applicato al grillesimo (o grilliamo), tanto per chiarire un po’
le idee, e viene veramente voglia di far capire a questi signori filosofi
che qui stiamo parlando di una CASTA autoreferenziale che mai e poi mai
acconsentira’ una riduzione dei loro ingiustificati (e ingiusti) privilegi e
che sicuramente (dipende solo dai tempi che questa corsa folle alla
liberismo/liberismo ci dara’) finiranno come Maria Antonietta. E aggiungo
alla lista il da Lei citato Signor (?) Mughini.
Ritengo inoltre che questo movimento, dovrebbe muoversi per obiettivi: ora
e’ stata posta una priorita’…bene perseguiamola fino in fondo, poi
discuteremo di altro. Finche’ non si forma una struttura definita non si
possono affrontare i dettagli.
Credo quindi che non si debba smettere di parlare di questo avvenimento, ma
al contrario trovare un modo per strutturarlo (tutti insieme) e farne un
“germoglio” dal quale possa finalmente scaturire una Idea Nuova…..d’altronde
se non ce le facciamo da noi le cose, di sicuro non ci cascheranno dal cielo
(o dal Parlamento)!
Mi scuso per la lunga dissertazione, e Le auguro un buon lavoro.
Roberto Quaglia - Torino
12.09.07
11/09/2007 Ecco perchè ero sul palco (Massimo Fini,
www.massimofini.it, visto su http://www.comedonchisciotte.org)
Sarebbe un grave errore pensare che la folla che ha partecipato al
riuscitissimo "'V-Day", organizzato da Beppe Grillo in Piazza Maggiore a
Bologna e in altre 150 città italiane, rappresenti una parte del cosiddetto
"popolo di sinistra" deluso dall'operato del proprio governo.
Così come fu un errore pensare che il milione di persone che si radunò
qualche anno fa in piazza San Giovanni a Roma per protestare contro le
vergognose leggi "ad personam" fosse composto esclusivamente da gente "di
sinistra" (la sinistra, oggi, in piazza, mobilitando tutti gli apparati e le
"truppe cammellate", è in grado di mandare, al massimo, trecentomila
adepti).
Ho partecipato ad entrambe le manifestazioni, in piazza Maggiore sono
intervenuto anche dal palco, insieme ad Alessandro Bergonzoni, Marco
Travaglio, Sabina Guzzanti, al giudice Norberto Lenzi, oltre a Grillo che
ovviamente si è riservato, con un'energia incredibile per un uomo che è
vicino alla sessantina, la parte del leone, e credo di sapere di che cosa
parlo.
Si tratta di un movimento trasversale, formato da una miriade di gruppi non
sempre omogenei, alcuni dei quali sono venuti allo scoperto, in piazza, come
quelli di Grillo, di Flores D'Arcais, dei NoTav, del mio Movimento Zero, ma
il cui grosso si trova, per il momento, su Internet, ed è formato in grande
prevalenza da giovani, i quali chiedono certamente il ritorno ad un minimo
di decenza legale e formale (i punti qualificanti del "V-Day" erano: via gli
inquisiti dal Parlamento, non più di due legislature per ogni deputato o
senatore, poter votare per nominativi singoli e non solo per liste dove gli
eletti sono già decisi, di fatto, dagli apparati dei partiti), ma che, nella
sostanza, hanno perso ogni fiducia nei partiti in tutti i partiti, e nei
loro uomini, nelle classiche categorie politiche vecchie di due secoli -
liberalismo e marxismo, con i rispettivi derivati, nella destra e nella
sinistra - e anche, nel profondo e magari inconsciamente, nella democrazia
rappresentativa.
Lo deduco anche dal modo in cui è stato recepito il mio intervento che
andava ben oltre i temi del "V-Day". Pensavo che sarebbe stato accolto
gelidamente da una platea fortemente legalista (le maggiori ovazioni sono
toccate a Marco Travaglio che della legalità ha fatto il suo cavallo di
battaglia). Ho infatti detto che ero d'accordo con i temi del "V-Day"
(figuriamoci se non lo sono, anch'io batto, da anni, sul tasto della
legalità come sanno i lettori di questo giornale), ma che rischiavano di
mascherare la questione di fondo che riguarda proprio l'essenza della
democrazia rappresentativa. Che è un imbroglio, una truffa, "un modo,
sicuramente sofisticato e raffinato, per ingannare la gente, soprattutto la
povera gente, col suo consenso". E che questo non è un problema italiano,
anche se certamente il nostro sistema presenta aspetti degenerativi
specifici, ma di tutte le democrazie occidentali, particolarmente
inquietante in un periodo storico in cui queste stesse democrazie pretendono
di omologare a sè, con la propaganda ideologica, la propria economia e, se
del caso, le bombe e l'intero esistente. Ma che la rivolta contro la
"democrazia reale", quella che concretamente viviamo, inizi dal nostro Paese
è molto interessante perchè l'Italia, nel bene e nel male, è sempre stata
uno straordinario laboratorio di novità (l'ascesa della classe mercantile,
che porterà alla Rivoluzione industriale che ha cambiato il nostro intero
modo di vivere, inizia a Firenze e nel piacentino, il fascismo nasce qua,
persino il berlusconismo, che io considero un fenomeno postmoderno - non è
vero che Berlusconi imita Bush, è vero il contrario - è un fenomeno che
prende il via dall'universo mediatico italiano).
Innanzitutto non si è mai capito bene cosa sia davvero la democrazia. È un
animale proteiforme, mutante, cangiante, sfuggente. Lo stesso Norberto
Bobbio, che pur ha dedicato a questo tema la sua lunga e laboriosa vita,
scrive in un passaggio che i presupposti fondanti della democrazia sono
nove, in un altro ne indica sei, in un altro ancora tre e alla fine ne dà
una definizione talmente risicata da perdere qualsiasi senso. In ogni caso
si può dire che la "democrazia reale" non rispetta nessuno dei presupposti
che, almeno nella "vulgata", le vengono attribuiti. Prendiamone, a mo' di
esempio, solo due. 1) Il voto deve essere uguale. Il voto di ogni cittadino
non deve valere nè di più nè di meno di quello di qualsiasi altro. 2) Il
voto deve essere libero. Deve ciè essere conseguenza di una scelta spontanea
e consapevole fra opzioni effettivamente diverse. I governanti devono avere
un reale consenso da parte dei governati.
Bene. Il voto non è uguale e il consenso è taroccato. Sul primo punto ha
detto parole definitive la scuola elitista italiana dei primi del Novecento:
Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, Roberto Michels. Scrive Mosca ne "La classe
politica": «Cento che agiscano sempre di concerta e d'intesa gli uni con gli
altri trionferanno sempre su mille presi uno a uno che non avranno alcun
accordo fra di loro». Il consenso è taroccato perchè ampiamente indirizzato
dai massmedia, in mano alle oligarchie economiche e politiche, che non per
nulla vengono, spudoratamente, chiamati gli "strumenti del consenso". E lo
stesso si può dire per tutti gli altri presunti presupposti della democrazia
che Hans Kelsen, che non è un marxista nè un estremista talebano, ma un
giurista liberale, considera una serie di "fictio iuris".
Nella realtà la democrazia rappresentativa non è la democrazia ma un sistema
di minoranze organizzate, di oligarchie, di aristocrazie mascherate,
politiche ed economiche, strettamente intrecciate fra di loro e, spesso, con
le organizzazioni criminali - quando non siano criminali esse stesse - che
il liberale Sartori definisce, pudicamente, "poliarchie", che schiacciano il
singolo, l'uomo libero, che non accetta di sottomettersi a questi umilianti
infeudamenti, cioè proprio colui di cui il pensiero liberale voleva
valorizzare meriti, capacità, potenzialità e che sarebbe il cittadino ideale
di una democrazia, se esistesse davvero, e invece ne diventa la vittima
designata.
Del resto senza tanti discorsi teorici lo vediamo tutti, lo sentiamo tutti
che noi cittadini non contiamo nulla. La nostra unica libertà è di
scegliere, ogni cinque anni, legittimandola, come l'unzione del Signore
legittimava il Re, da quale oligarchia preferiamo essere dominati,
schiacciati, umiliati. Non siamo che sudditi. Kelsen scrive: «Si potrebbe
credere che la particolare funzione dell'ideologia democratica sia quella di
mantenere l'illusione della libertà». E si chiede come «una tale
straordinaria scissione fra ideologia e realtà sia possibile a lungo
andare».
Me lo chiedo anch'io da tempo. E ho concluso così il mio intervento: «Le
democrazie (inglese, francese, americana) sono nate su bagni di sangue. Ma
non accettano, nemmeno cencettualmente, di poter essere ripagate dalla
stessa moneta. Anzi hanno posto, come una sorta di "norma di chiusura" per
dirla con lo Zietelman, che la democrazia è il fine e la fine della Storia.
Saremmo quindi tutti condannati, per l'eternità, a morire democratici. Ma la
Storia non finisce qui. Finirà, con buona pace di Fukujama e di tutti i
Fukujama della Terra, il giorno in cui l'ultimo uomo esalerà l'ultimo
respiro. Non sarà certamente la nostra generazione, quella mia e di Beppe
Grillo, non sarà questo ludico "V-Day" a cambiare le cose, ma verrà un
giorno, non più tanto lontano, in cui la collera popolare abbatterà questa
truffa politica, come, in passato, è avvenuto con altre». Ovazione.
Massimo Fini
(www.massimofini.it)
Fonte: www.gazzettino.it/
Link
11.09.07
10/11/2007 Dove va Beppe Grillo. Analisi sociologica (Carlo Gambescia
Fonte: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com)
Al posto di Beppe Grillo tremeremmo. Ieri la Repubblica gli ha
dedicato il titolo d’apertura, le pagine 2-3 e un paio di commenti non
benevoli di Michele Serra e Massimo Cacciari (intervistato da Carlo
Brambilla). Ma per quale ragione Grillo dovrebbe preoccuparsi? Perché si
tratta di un giornale dalle antenne sensibili, capace di riconoscere il
nemico a grande distanza… Per poi distruggerlo mediaticamente.
Che cosa non andrebbe in Grillo secondo la Repubblica? Il suo
“populismo”, ovviamente antipolitico, il che ha già sapore di prossima
scomunica… Visto il trattamento ricevuto da Silvio Berlusconi, altro
populista d'Italia, assai malvisto dall' establishment finanziario laico,
vicino al quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Pertanto, crediamo, che si
preparino tempi non facili, per Grillo e il suo movimento.
Ma cerchiamo di affrontare l’argomento in termini oggettivi.
Il successo della manifestazione di ieri - il cosiddetto V-Day - mostra che
sul piano politico Grillo ha nella manica alcune carte da giocare. Vediamo
quali.
In primo luogo personali. Qualunque partito italiano, ora, lo vorrebbe nelle
sue schiere.
In secondo luogo di movimento. Stando alla cronache, il “grillista” è di
tutte le età (ma con lieve predominio dei giovani), proviene dal ceto medio
in crisi (con predominanza di precari e studenti, ma sembra anche pensionati
) e soprattutto ha notevoli capacità di mobilitazione (si tratta di dati
estrapolati dalle cronache di ieri e quindi da “prendere con le molle”; che,
tuttavia, possono costituire una prima base osservativa). Riunire in tutta
Italia alcune centinaia di migliaia di persone non era facile, soprattutto
la seconda domenica di settembre e in concomitanza con altri eventi. E
Grillo, invece, ha raggiunto l’obiettivo: il che significa che ieri è sorta
sociologicamente un' entità politica di “movimento” e non solo legata alla
blogsfera, che risponde ai tre requisiti canonici: un capo (Grillo);
un’identità (fondata sul rifiuto della “politica politicante” , sulla
promozione della democrazia diretta e, pare, stando al sito di Grillo, sulla
"decrescita felice"); una forza d’urto movimentista composta di
migliaia di aderenti. Probabilmente capace di fare politica all’esterno
delle istituzioni.
In terzo luogo di partito. Il movimento, una volta consolidatosi, nell’arco
di un anno o due, potrebbe trasformarsi in partito. E dunque presentarsi
regolarmente alle elezioni. E fare politica direttamente nelle
istituzioni.
Tuttavia, e in quarto luogo, il movimento, potrebbe anche essere
ridimensionato, per ragioni legate alla volontà di Grillo o alle circostanze
interne e/o storiche, e trasformarsi in gruppo di pressione. E dunque fare
politica attraverso le istituzioni, passando per i partiti, o per
particolari personalità politiche.
Queste sono le quattro possibilità che Grillo ha davanti a sé. Attualmente
(o almeno fino a ieri), Grillo, sembra agire, secondo la logica del gruppo
di pressione: attraverso le istituzioni (si pensi allo strumento
delle iniziative di legge). Ora però, potrebbe passare a una logica di
emendamento, dal basso, agendo sulle istituzioni, pur rimanendone
all'interno, attraverso lo strumento del referendum. Il passaggio è
delicato, dal momento che un’organizzazione referendaria, implica:
a) strutturazione sul territorio (che in parte minima già esiste, grazie ai
gruppi dei cosiddetti “amici di Grillo”);
b) quadri dirigenti intermedi;
c) una massa di attivisti e simpatizzanti (in tutto, almeno un
settecentomila unità).
Pertanto la scelta referendaria, potrebbe facilitare la trasformazione del
movimento, nato appena ieri, in partito (che però richiederebbe, a
prescindere dalla legge elettorale, per un minimo di visibilità, almeno un
milione/un milione e mezzo di unità, tra attivisti, simpatizzanti e
votanti). Oppure potrebbe condurre alla stabilizzazione del "grillismo" nei
termini di un movimento sociale flessibile, capace di intervenire sul
territorio, in risposta alle “chiamate del capo”. Pertanto due delle quattro
possibilità elencate, potrebbero costituire gli anelli di un processo
politico evolutivo dal movimento (stadio a), al partito (stadio b). Mentre
la trasformazione in gruppo di pressione implica, come accennato, il rischio
del ridimensionamento sociale e dunque operativo. Ma anche la
stabilizzazione in termini di movimento, alla lunga, potrebbe favorire
un’istituzionalizzazione dello stesso, e dunque il venire meno della portata
innovativa, che in genere caratterizza i movimenti sociali, come fenomeni di
stato nascente.
Il futuro del “Grillismo” dipenderà perciò, oltre che dagli ostacoli posti
dai partiti e dalle istituzioni esistenti, dalle capacità decisionali e
organizzative di Beppe Grillo. Dalla qualità dei suoi programmi. E dalla sua
volontà di fare o meno “politica sul serio”. Dal momento che fare politica
sul serio, significa, almeno nelle società democratiche, trasformarsi in
partito e partecipare alle elezioni, per governare da soli o insieme ad
altri. Per contro il movimento e il gruppo di pressione non hanno valenza
politica, soprattutto nei tempi lunghi: perché i movimenti, storicamente
parlando, o si trasformano in partiti legali o fanno le rivoluzioni,
conquistando il potere con la forza. Altrimenti i movimenti finiscono per
rientrare nella normalità (“normalità”, che in alcune sue schegge impazzite,
può implicare, secondo le tradizioni ideologiche, anche il terrorismo). Per
riaccendersi socialmente, di tanto in tanto, in relazione all'andamento
delle vicende esterne e agli alti bassi del cosiddetto potere carismatico
dei capi… Quanto ai gruppi di pressione, si tratta di vere e proprie
organizzazioni sistemiche di gestione di valori trasformati in interessi
economici, più o meno legali, secondo le legislazioni nazionali.
Tre notazioni finali.
In primo luogo, il grillismo, mostra la forza della cosiddetta “blogsfera” e
di internet. Forza che non deve però essere sopravvalutata, perché se è vero
che “la rete” svolge un interessante ruolo di catalizzazione e informazione
delle forze sociali, è altrettanto vero che i processi politici implicano
capi e dirigenti capaci, programmi concreti, e soprattutto masse reali, e
non solo virtuali, o comunque in grado di trasformarsi da virtuali in reali.
In secondo luogo, il grillismo è esploso con il centrosinistra al potere. E
questo dovrebbe far riflettere la sinistra sugli errori commessi. E
soprattutto sulla necessità di non liquidare Grillo, come populista e nemico
della democrazia. Dal momento che questa accusa potrebbe favorirne il
riflusso a destra.
In terzo luogo, la presunta volontà di Grillo di andare oltre la destra e la
sinistra, è indubbiamente interessante, ma purtroppo ambigua e pericolosa
per lo sviluppo politico del grillismo. Perché se intesa in termini
istituzionali, indica la ricerca di una “pacifica” collocazione partitica al
centro, o comunque, da gruppo di pressione e/o movimento sociale
stabilizzato; se intesa in termini anti-istituzionali, può attirare su di
lui, feroci accuse di qualunquismo, populismo o neofascismo, come già sta
accadendo. Purtroppo, la scelta di voler andare “al di là della destra e
della sinistra”, pur condivisibile sul piano soggettivo, crediamo possa
acquisire senso soltanto nel quadro oggettivo di una simultanea
(storicamente parlando) trasformazione totale dell’attuale sistema politico,
economico e sociale in qualcosa di completamente nuovo. Con tutti i rischi e
pericoli di involuzioni autoritarie che questi processi implicano.
Parliamo, ovviamente di rischi, perché come abbiamo scritto altrove,
l’antipolitica di oggi può essere la politica di domani. Ma Beppe Grillo è
disposto ad assumersi questo rischi? Ha la tempra del capo e
dell'organizzatore? Da ieri sembra di sì.
Carlo Gambescia
Fonte: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/
Link
10.09.07
Archivio Liberiamo la politica dai politici
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