Vladimir
Luxuria vince “L’Isola dei famosi” (poteva
essere diversamente?) ed é subito bagarre. I
primi a commentare sono ovviamente gli
incrollabili tutori della morale pubblica, i
democristiani di destra, quelli che, per
intenderci, militano nelle file del partito
dell’On. Cosimo Mele, beccato con cocaina e
prostitute in un albergo romano. “Che la tv
pubblica erga ad eroina un trans è scandaloso.
Più che Isola dei famosi, l'Isola della
vergogna”, così Maurizio Ronconi dell’UDC.
Dichiarazione che risulterebbe insipida nel suo
sdegno preconfezionato se non tradisse un lapsus
che rivela il riflesso condizionato del politico
italico: scopo di qualsiasi programma televisivo
(non importa quanto sciocco, inutile,
detestabile) dev’essere edificare il “popolo”.
Pierferdinando Casini, gagliardo paladino
dell’indissolubilità del matrimonio (degli
altri) ha voluto così commentare la notizia:
“Complimenti a Vladimir, è stata veramente
simpatica ma la sua vittoria certifica la morte
della sinistra comunista”, coniugando
aristocratico fair play e irresistibile non
sequitur politico: che la sinistra
comunista sia scomparsa dal Parlamento è un
fatto; più arduo è comprendere quale sia il
nesso logico tra la “morte” della stessa e il
fatto che Vladimir Luxuria si sia aggiudicata un
trofeo trash.
Dal PD si levano voci non meno critiche, come
quella di Franco Monaco, preoccupato dal fatto
che il caso Luxuria “finisca per nuocere alla
sinistra. Non sempre il buon senso e persino un
certo sano moralismo sono sinonimo di
arretratezza e pregiudizio. Talvolta riflettono
un sentire popolare che non apprezza le derive
snobistiche di certa sinistra. Poi ci si
sorprende se elettori di sinistra migrano verso
destra”. A parte la chiosa che sembra il
frammento di un discorso da autobus, sembra di
capire che il pessimo risultato elettorale della
sinistra radicale sia da ascrivere al fatto che
un ex parlamentare di Rifondazione Comunista
abbia deciso di partecipare ad uno spettacolino
demenziale.
Obiettivo polemico, non esplicito quanto
inequivocabile, è Piero Sansonetti, direttore di
Liberazione, colpevole di aver titolato
“Forza Vladimir”, adottando la stessa formula
impiegata per celebrare (o tifare per?) Obama. A
rincarare la dose, il pezzo di Angela Azzaro,
che contiene la frase rapidamente trasformatasi
in una sorta di mantra: “Vladimir come Obama? Un
po’ esagerato, ma lasciatecelo dire”. Lo
comprendiamo, il paragone è ardito, ed è la
giornalista la prima ad ammetterlo, ma
l’iperbole non è forse una delle figure
retoriche nella cassetta degli attrezzi di chi
scrive? Va maneggiata con cura, certo, ma il suo
impiego non è proibito dalla legge. Semmai, più
che in Luxuria, potrebbero trovarsi nelle parole
della Azzaro una parte dei motivi per i quali la
sinistra è rimasta a casa.
Mettere in prima pagina una notizia
apparentemente frivola ha comunque irritato
molte persone: i simpatizzanti e gli elettori
della sinistra radicale, alcuni dei quali sono
letteralmente inferociti (citazione da un blog,
che definisce la scelta del direttore “orribile.
Il giornale comunista che non titola per precari
e lavoratori […] ma titola come una vittoria
propria la fine di uno spettacolo indecente”,
certamente, ma anche i colleghi, come Maria Rosa
Calderoni, personaggio storico di
Liberazione, la quale, a quanto riportato
dal Corriere della Sera, avrebbe finito
con lo sbottare: “Piero, c’è ancora scritto
‘comunista’ sulla nostra testata, questo pezzo
ci fa perdere copie”.
Ma Sansonetti non ci sta: a chi lo critica per
il paragone irriverente tra Obama e Luxuria,
risponde con il consueto atteggiamento di
placida sfida: “Sto con le operazioni che
spezzano il razzismo, il sessismo, il
maschilismo”. E a chi non gli perdona
l’apparente sdoganamento di una trasmissione di
pessimo gusto e poco rispettosa nei confronti
delle popolazioni indigene, Sansonetti replica
con serafico pragmatismo: “Se prendo i programmi
televisivi li posso annientare tutti uno per uno
ma la tv esiste e bisogna farci i conti. Non
siamo mica eremiti.” In fondo, pur essendo
legittimo il sospetto che Vladimir si sia
imbarcata in questa avventura più “pro domo sua”
che per motivazioni politiche, resta il fatto,
che, usando le parole di Liberazione
“partecipando e trionfando all'Isola, ha
spiegato a milioni e milioni di italiani che la
realtà è diversa e che anche questa realtà deve
godere degli stessi diritti della presunta
maggioranza”.
Senza contare che questa “realtà”, che si vuole
spacciare per “diversa”, è umana, troppo umana,
se è vero che l’apparentemente trasgressivo
Luxuria, nel corso della trasmissione, ha
manifestato con opere e parole una netta
avversione all’adulterio. Da questo si traggono
i seguenti insegnamenti: che le cose sono più
semplici di quello che si crede e che in Italia
perfino i transgender comunisti sono dotati di
riflessi condizionati borghesi.
Più fastidioso della gazzarra scatenata su
Liberazione e sul suo direttore appare
invece l’atteggiamento opportunistico di Paolo
Ferrero che, approfittando del momento di
popolarità di Vladimiro Guadagno, pare gli abbia
proposto una poltrona a Bruxelles nelle file di
Rifondazione. E qui sembrano particolarmente
appropriate le parole che il Corriere della
Sera attribuisce Maria Rosa Calderoni:
“Siamo succubi di un can can mediatico
deteriore. Credevo che noi fossimo portatori di
altri valori”. Ecco, appunto.
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