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29/11/2008 Luxuria: su quell' isola l' ultima spiaggia (Mario Braconi, http://altrenotizie.org)

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Vladimir Luxuria vince “L’Isola dei famosi” (poteva essere diversamente?) ed é subito bagarre. I primi a commentare sono ovviamente gli incrollabili tutori della morale pubblica, i democristiani di destra, quelli che, per intenderci, militano nelle file del partito dell’On. Cosimo Mele, beccato con cocaina e prostitute in un albergo romano. “Che la tv pubblica erga ad eroina un trans è scandaloso. Più che Isola dei famosi, l'Isola della vergogna”, così Maurizio Ronconi dell’UDC. Dichiarazione che risulterebbe insipida nel suo sdegno preconfezionato se non tradisse un lapsus che rivela il riflesso condizionato del politico italico: scopo di qualsiasi programma televisivo (non importa quanto sciocco, inutile, detestabile) dev’essere edificare il “popolo”. Pierferdinando Casini, gagliardo paladino dell’indissolubilità del matrimonio (degli altri) ha voluto così commentare la notizia: “Complimenti a Vladimir, è stata veramente simpatica ma la sua vittoria certifica la morte della sinistra comunista”, coniugando aristocratico fair play e irresistibile non sequitur politico: che la sinistra comunista sia scomparsa dal Parlamento è un fatto; più arduo è comprendere quale sia il nesso logico tra la “morte” della stessa e il fatto che Vladimir Luxuria si sia aggiudicata un trofeo trash.

Dal PD si levano voci non meno critiche, come quella di Franco Monaco, preoccupato dal fatto che il caso Luxuria “finisca per nuocere alla sinistra. Non sempre il buon senso e persino un certo sano moralismo sono sinonimo di arretratezza e pregiudizio. Talvolta riflettono un sentire popolare che non apprezza le derive snobistiche di certa sinistra. Poi ci si sorprende se elettori di sinistra migrano verso destra”. A parte la chiosa che sembra il frammento di un discorso da autobus, sembra di capire che il pessimo risultato elettorale della sinistra radicale sia da ascrivere al fatto che un ex parlamentare di Rifondazione Comunista abbia deciso di partecipare ad uno spettacolino demenziale.

Obiettivo polemico, non esplicito quanto inequivocabile, è Piero Sansonetti, direttore di Liberazione, colpevole di aver titolato “Forza Vladimir”, adottando la stessa formula impiegata per celebrare (o tifare per?) Obama. A rincarare la dose, il pezzo di Angela Azzaro, che contiene la frase rapidamente trasformatasi in una sorta di mantra: “Vladimir come Obama? Un po’ esagerato, ma lasciatecelo dire”. Lo comprendiamo, il paragone è ardito, ed è la giornalista la prima ad ammetterlo, ma l’iperbole non è forse una delle figure retoriche nella cassetta degli attrezzi di chi scrive? Va maneggiata con cura, certo, ma il suo impiego non è proibito dalla legge. Semmai, più che in Luxuria, potrebbero trovarsi nelle parole della Azzaro una parte dei motivi per i quali la sinistra è rimasta a casa.

Mettere in prima pagina una notizia apparentemente frivola ha comunque irritato molte persone: i simpatizzanti e gli elettori della sinistra radicale, alcuni dei quali sono letteralmente inferociti (citazione da un blog, che definisce la scelta del direttore “orribile. Il giornale comunista che non titola per precari e lavoratori […] ma titola come una vittoria propria la fine di uno spettacolo indecente”, certamente, ma anche i colleghi, come Maria Rosa Calderoni, personaggio storico di Liberazione, la quale, a quanto riportato dal Corriere della Sera, avrebbe finito con lo sbottare: “Piero, c’è ancora scritto ‘comunista’ sulla nostra testata, questo pezzo ci fa perdere copie”.

Ma Sansonetti non ci sta: a chi lo critica per il paragone irriverente tra Obama e Luxuria, risponde con il consueto atteggiamento di placida sfida: “Sto con le operazioni che spezzano il razzismo, il sessismo, il maschilismo”. E a chi non gli perdona l’apparente sdoganamento di una trasmissione di pessimo gusto e poco rispettosa nei confronti delle popolazioni indigene, Sansonetti replica con serafico pragmatismo: “Se prendo i programmi televisivi li posso annientare tutti uno per uno ma la tv esiste e bisogna farci i conti. Non siamo mica eremiti.” In fondo, pur essendo legittimo il sospetto che Vladimir si sia imbarcata in questa avventura più “pro domo sua” che per motivazioni politiche, resta il fatto, che, usando le parole di Liberazione “partecipando e trionfando all'Isola, ha spiegato a milioni e milioni di italiani che la realtà è diversa e che anche questa realtà deve godere degli stessi diritti della presunta maggioranza”.

Senza contare che questa “realtà”, che si vuole spacciare per “diversa”, è umana, troppo umana, se è vero che l’apparentemente trasgressivo Luxuria, nel corso della trasmissione, ha manifestato con opere e parole una netta avversione all’adulterio. Da questo si traggono i seguenti insegnamenti: che le cose sono più semplici di quello che si crede e che in Italia perfino i transgender comunisti sono dotati di riflessi condizionati borghesi.

Più fastidioso della gazzarra scatenata su Liberazione e sul suo direttore appare invece l’atteggiamento opportunistico di Paolo Ferrero che, approfittando del momento di popolarità di Vladimiro Guadagno, pare gli abbia proposto una poltrona a Bruxelles nelle file di Rifondazione. E qui sembrano particolarmente appropriate le parole che il Corriere della Sera attribuisce Maria Rosa Calderoni: “Siamo succubi di un can can mediatico deteriore. Credevo che noi fossimo portatori di altri valori”. Ecco, appunto.

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