PRIMO QUESITO: fermare la privatizzazione dell’acqua
Si propone l’abrogazione dell’art. 23 bis (dodici commi) della Legge n.
133/2008 , relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza
economica.
È
l’ultima normativa approvata dal Governo Berlusconi. Stabilisce come
modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti
privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto
pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto
attraverso gara e detenga almeno il 40%.
Con questa norma, si vogliono
mettere definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 ATO (su 92) che o non
hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del
servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti
cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare
alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato
al 40%. La norma inoltre disciplina le società miste collocate in Borsa, le
quali, per poter mantenere l’affidamento del servizio, dovranno diminuire la
quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il
dicembre 2015.
Abrogare questa norma significa contrastare l’accelerazione sulle
privatizzazioni imposta dal Governo e la definitiva consegna al mercato dei
servizi idrici in questo Paese.
SECONDO QUESITO : aprire la strada della ripubblicizzazione
Si propone l’abrogazione dell’art. 150 (quattro commi) del D. Lgs. n.
152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), relativo ala scelta della forma di
gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico
integrato.
L’articolo definisce come uniche modalità di affidamento del servizio idrico
la gara o la gestione attraverso Società per Azioni a capitale misto
pubblico privato o a capitale interamente pubblico. L’abrogazione di questo
articolo non consentirebbe più il ricorso né alla gara, né all’affidamento
della gestione a società di capitali, favorendo il percorso verso
l’obiettivo della ripubblicizzazione del servizio idrico, ovvero la sua
gestione attraverso enti di diritto pubblico con la partecipazione dei
cittadini e delle comunità locali. Darebbe inoltre ancor più forza a tutte
le rivendicazioni per la ripubblicizzazione in corso in quei territori che
già da tempo hanno visto il proprio servizio idrico affidato a privati o a
società a capitale misto.
TERZO QUESITO : eliminare i profitti dal bene comune acqua
Si propone l’abrogazione dell’’art. 154 del Decreto Legislativo n.
152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma
1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo
conto dell’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.
Poche parole, ma di grande rilevanza simbolica e di immediata concretezza.
Perché la parte di normativa che si chiede di abrogare è quella che
consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando
sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito,
senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il
miglioramento qualitativo del servizio.
Abrogando questa parte dell’articolo sulla norma tariffaria, si eliminerebbe
il “cavallo di Troia” che ha aperto la strada ai privati nella gestione dei
servizi idrici, avviando l’espropriazione alle popolazioni di un bene comune
e di un diritto umano universale.
http://www.acquabenecomune.org
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