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05/03/2008 I prezzi, la Fao, An e il mercato (http://www.greenreport.it)

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LIVORNO. Il problema del costo del cibo sta diventando preoccupante per i nostri portafogli e drammatico per quelli meno pingui di altre parti meno fortunate del mondo: manifestazioni di massa contro il caro- tortillas in Messico, scontri violenti per il razionamento del cibo in Bengala Occidentale (India), tumulti per il costo dei cereali in Senegal, in Mauritania ed in altri Paesi africani, una marci di protesta di bambini nello Yemen per attirare l’attenzione sulla fame che colpisce i più piccoli…
Il 21 febbraio la Fao ha annunciato che 36 Paesi sono in crisi per il rialzo dei prezzi dei generi alimentari, acuito da catastrofi “naturali” dovute al cambiamento climatico e da guerre e guerriglie, e che hanno bisogno di un urgente aiuto dall’estero.

Oggi sull’argomento è intervenuto anche Marco Zacchera, responsabile esteri di Alleanza Nazionale, che riprendendo l’allarme della FAo si chiede: «Com´è possibile dichiarare di non avere mezzi sufficienti per continuare a garantire il vitale sostegno ai paesi in via di sviluppo ed alle nuove aree di povertà, provocate dal caro-cibo, come Egitto e Pakistan nei quali i governi sono arrivati addirittura a ripristinare il razionamento del cibo e non chiedersi se non si debbano ridurre i funzionari Fao e razionalizzare le distribuzioni degli aiuti?. L´attuale speculazione cerealicola che ha portato il prezzo del grano al massimo storico degli ultimi 12 anni , come denunciata dalla stessa Onu, rischia comunque di mettere letteralmente in ginocchio non solo i paesi in via di sviluppo ma anche l´Europa e la stessa Italia. Siamo sicuri che per produrre biocarburanti questo sia il caro prezzo che il pianeta deve sostenere? Come mai nonostante la generosità dello stato italiano che dal 2001 stanzia contributi annuali mediamente di 38 milioni di euro, portando l´Italia stabilmente tra i primi dieci Paesi donatori la FAO denuncia che "i soldi non bastano e 25mila persone al giorno muoiono di fame?».

Zacchera se la prende anche con l’agroindustria: «Spero che in occasione del Global Agro-Industries Forum (mega-conferenza mondiale sull´industria agro-alimentare) che si terrà a New Delhi dall´8 all´11 aprile 2008 i 500 rappresentanti, di governi, istituzioni tecniche e di finanziamento, della società civile e delle agenzie delle Nazioni Unite abbiamo come primo punto all´ordine del giorno la speculazione cerealicola che continua ad affamare il pianeta, ma sarebbe anche utile sapere quanto costerà l´organizzazione di questa conferenza e quante centinaia di migliaia di persone potrebbero esser e aiutate concretamente con la somma spesa per la sua organizzazione!.».

L’esponente di An coglie l’occasione di mescolare un po’ di retorica elettorale con dati indubitabilmente veri e critiche in gran parte ingenerose visto che sembra non sapere che l’ipertrofia di alcune agenzie Onu fa parte delle riforme previste dalle stesse Nazioni Unite e che la Fao ed il Pam e altre strutture simili stanno sempre più puntando su un’efficiente collaborazione e minimizzazione dei costi.

Sorvola poi su una questione che è presente addirittura al presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick. lo spirito animale del libero mercato che non fa sconti in primo luogo ai poveri. «La fame e la malnutrizione sono i più dimenticati tra gli obiettivi di sviluppo per il Millennio – dice Zoellick - Questi obiettivi hanno avuto meno attenzione di altri, ma il rialzo dei prezzi degli alimenti, così come le minacce che ne derivano non solo per I cittadini, ma anche per la stabilità politica, indicano che è urgente dar loro l’attenzione che meritano».

Molto probabilmente tale attenzione non ci sarebbe senza il lavoro della Fao e delle agenzie dell’Onu e magari qualche costoso ma utile convegno internazionale. Infatti, anche se gli elevati prezzi degli alimentari ci sembrano un fenomeno recente, in realtà il meccanismo di mercato si è innescato già nel 2001. «I cambiamenti strutturali importanti dell’economia mondiale – spiega la World bank – soprattutto la domanda crescente in Cina ed India, si sono tradotti in una crescita dei prezzi delle merci, particolarmente dei metalli e dell’energia. I prezzi degli alimenti sono aumentati in ragione di più fattori: I prezzi più elevati dell’energia e dei concimi; una domanda accresciuta per i biocarburanti, soprattutto negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, senza contare le siccità che conoscono ’Australia ed altri Paesi. Gli stocks mondiali dei cereali non sono mai stati così bassi, e i prezzi dell’anno prossimo dipendono dal successo della prossima raccolta nell’emisfero nord».
Dall’inizio del secolo il prezzo in dollari del grano è aumentato del 200%, e il prezzo degli alimenti nel loro insieme del 75 %. L’aggiustamento del tasso di cambio e dell’inflazione nei vari Paesi permette di ridurre gli aumenti dei prezzi che subiscono I Paesi in via di sviluppo, ma questi aumenti rimangono ugualmente insostenibili per milioni di consumatori poveri.

«Il rialzo dei prezzi dei cereali non è causato da problemi di offerta a breve termine, come è il caso normalmente – spiega Don Mitchell, economista capo del gruppo prospettive dello sviluppo della Banca mondiale – saranno probabilmente necessari molti anni prima che l’offerta aumenti sufficientemente per rimpinguare gli stock e far abbassare i prezzi». Insomma, è il libero mercato ragazzo! E se bastassero gli stipendi della Fao a trovare la soluzione non sarebbe solo una cosa troppo facile, sarebbe una rivoluzione.

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