Con una certa sordina mediatica, giovedi' 20
settembre, e' stata approvata alla Camera la legge comunitaria 2006 che
recepisce (o da' al Governo la delega per recepire) oltre un centinaio di
direttive comunitarie.
Nella stessa seduta alla Camera e' stato approvato un emendamento
presentato dal Governo (redatto, a quanto ci risulta, dal Ministero
dell'Economia e delle Finanze) il quale, se venisse approvato anche al
Senato, avrebbe l'effetto di affossare lo sviluppo in Italia della
consulenza finanziaria indipendente poiche' per poter ricevere
l'autorizzazione sara' necessario essere banche o societa' per azioni
(art. 8, atto camera 1042). La consulenza finanziaria indipendente, quindi,
esercitata come liberi professionisti o societa' fra liberi professionisti,
non sarebbe piu' possibile.
Da notare che le stesse direttive europee hanno previsto una eccezione per
"le imprese che sono esclusivamente autorizzate a prestare il
servizio di consulenza in materia di investimenti” (cfr. art. 67 della
direttiva 2004/39/CEE) specificando che le stesse debbano avere un capitale
sociale minimo di 50.000 euro, in alternativa debbono sottoscrivere delle
assicurazioni professionali con massimali prestabiliti (oppure una
combinazione di questi due requisiti).
Le successive direttive di attuazione di quella comunitaria 2004/39/CEE
specificano che gli Stati membri, recependola, devono tener conto delle
dimensioni del soggetto e della tipologia di servizio che viene svolto;
inoltre possono decidere su requisiti organizzativi aggiuntivi rispetto a
quanto previsto dalla direttiva solo in casi eccezionali. “Tale
intervento”, chiarisce la direttiva, “deve essere pero' ristretto ai
casi in cui vi siano rischi specifici per la tutela degli investitori
o l’integrita' del mercato, compresi quelli relativi alla stabilita' del
sistema finanziario, non adeguatamente affrontati dalla legislazione
comunitaria, e deve essere strettamente proporzionato”.
Dovrebbe essere un'attivita' da incentivare, o quantomeno da non ostacolare.
Ci domandiamo: quali rischi specifici, per gli investitori, ha visto
il Governo nel servizio di consulenza finanziaria senza passaggio di denaro
per imporre vincoli aggiuntivi rispetto a quanto previsto nella direttiva?
Noi crediamo che la consulenza finanziaria indipendente, quella retribuita
esclusivamente con la parcella pagata dal cliente, possa contribuire in
maniera determinante a limitare i danni della disparita' di informazioni fra
chi fornisce i prodotti/servizi finanziari e chi li sottoscrive.
Forse qualcuno ha confuso i rischi per gli investitori con i rischi per
la cosi' detta industria del risparmio gestito che correrebbe il rischio di
vedere diminuiti i propri guadagni derivanti dallo sfruttamento
dell'ignoranza in materia finanziaria dei propri clienti, non assistiti da
professionisti indipendenti.
Il Governo, piuttosto, dovrebbe preoccuparsi di creare una distinzione
molto netta fra consulenza finanziaria oggettiva (cioe' retribuita
direttamente ed esclusivamente con una parcella) e quella strumentale alla
vendita dei prodotti (cioe' quella che – in teoria – fanno oggi i promotori
finanziari ed i dipendenti bancari).
Se l'iter di recepimento della direttiva pone ostacoli inutili (e perfino
contrari alle stesse direttive europee) alla consulenza finanziaria
indipendente, svolta come liberi professionisti o come societa' di liberi
professionisti, allora significa che al Governo interessa piu' tutelare
la cosiddetta industria del risparmio gestito che non i risparmiatori.
Ci auguriamo che si tratti di una svista dovuta alla fretta e speriamo che
il Senato sappia porvi rimedio.
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