"Non ho mai ideato, né ho mai avuto consapevolezza
di aver architettato la grande truffa ai danni dei risparmiatori.
Non ho mai pensato che ci fosse una diffusione così importante di titoli
Parmalat nelle tasche di privati cittadini". Parola di Callisto Tanzi, l'ex
patron della Parmalat, in uno dei passaggi chiave delle dichiarazioni
spontanee rese oggi in aula a Milano durante il processo relativo al crack
dell'azienda emiliana, che vede imputati, tra gli altri, Luca Sala e Antonio
Luzi, rispettivamente ex funzionario ed ex manager di Bank of America (BoA),
oltre al banchiere Luciano Silingard.
Per Calisto Tanzi, che ha puntato il dito contro le banche
e in particolare proprio contro BaO, la Procura di Milano ha chiesto 13 anni
di reclusione per aggiotaggio, ostacolo all'attività degli organi di
vigilanza e concorso in falso dei revisori. La richiesta dell'accusa è stata
definita "raccapricciante" da uno dei legali di Tanzi presente in aula. Per
la difesa di Tanzi infatti, se si dovesse condannare il loro assistito, la
pena dovrebbe essere "congrua" ai patteggiamenti fin qui accettati e
aggirarsi quindi intorno ai due anni o poco più.
Tanzi, parlando in tribunale, ha ammesso di aver distribuito
finanziamenti a partiti e a uomini politici e ha inoltre parlato di una
serie di operazioni e dei rapporti intrattenuti con le banche, e con BaO in
particolare. "Questo istituto ci proponeva solo strumenti di finanza
alternativa e non faceva invece finanziamenti diretti".
Quanto ai finanziamenti alla politica l'ex patron di Parmalat
ha detto invece: "Certamente c'è stata da parte mia una intensa attività di
sostegno a uomini e partiti politici sia in Italia sia all'estero. Alcuni
finanziamenti costituivano un mio personale contributo alle idee, altri
un'attività di lobbyng ed erano rivolti quindi al sostegno della Parmalat".
Tanzi ha poi ricordato di aver fornito tutte le informazioni di cui era in
possesso all'autorità giudiziaria e ha anche indicato chi effettuava le
operazioni di versamento per suo conto. "Questo mio tentativo di contribuire
a far luce ha dato luogo unicamente a un'imputazione a mio carico per aver
finanziato vari politici o partiti politici". L'ex patron del gruppo
agro-alimentare parmense ha poi sottolineato che "a mia conoscenza, non
esiste alcun uomo politico che possa avere il potere di ridurre un banchiere
a divenire il manager e cioè il garante del collocamento di un bond sul
mercato senza che l'istituto di credito stesso ne tragga un lucro più che
apprezzabile".
In riferimento al crack e a quanto evidenziato dalle indagini, ha
ribadito poi di "non aver voluto né ipotizzato, né sospettato che
ciò potesse accadere". Poi, riferendosi a Fausto Tonna, suo braccio destro
in azienda, ha dichiarato di essere dispiaciuto per "chi ha subito danni dal
mio operato. Mi ritengo responsabile del défault della Parmalat - ha anche
ammesso - per mie condotte dirette o per responsabilità derivanti dal ruolo
rivestito moralmente e giuridicamente, e per quanto attiene a questo
procedimento, di tutte quelle condotte che riterrete costituiscano reato,
riferibili alla diffusione di notizie al mercato".
Tanzi si è sostanzialmente autoassolto dall'accusa "morale"
di aver coscientemente coinvolto nel crack migliaia di risparmiatori. "Mai
ho immaginato che strumenti finanziari - ha continuato l'ex capo del gruppo
di Collecchio - riservati esclusivamente a operatori specializzati potessero
finire in maniera così capillare nelle tasche di tanti privati
risparmiatori, con una diffusione secondo me imprevedibile e inimmaginabile
da chiunque, al di fuori dei soggetti che avevano il potere di negoziare
detti titoli".
A conclusione delle sue dichiarazioni spontanee - e poco prima
della richiesta a 13 anni di reclusione da parte dell'accusa - ha
dichiarato: "Attendo con doveroso rispetto e sottomissione la vostra
sentenza".
Nella discussione finale, anche Giampiero Biancolella,
uno dei difensori di Tanzi, ha puntato il dito contro BoA. "Questo istituto
ha realizzato una dipendenza finanziaria e amministrativa in Parmalat al
punto che nessuno all'interno dell'azienda, nemmeno Fausto Tonna, capiva più
cosa stesse accadendo. Gli istituti di credito, e BoA in particolare - ha
insistito il difensore - avevano interesse alla propalazione di titoli
tossici. La verità è che le banche hanno scaricato i rischi nelle tasche dei
piccoli risparmiatori, in gran parte massaie e operai".
Secondo Biancolella, il défault da 14 miliardi di euro "è stato
causato dall'emissione di bond e di private placement immessi sul
mercato per pagare i debiti soprattutto nel periodo compreso tra il 1998 al
2004". Il legale ha infine puntato il dito contro "gli omessi controlli del
mondo finanziario che hanno consentito di scaricare sul mercato i rischi di
insolvenza".
http://www.helpconsumatori.it
Archivio Risparmio Tradito
|