Quando una persona viene danneggiata da alcuni
trattamenti a volte non se la sente di esporsi ulteriormente per
combattere ciò che per lei è stato deleterio. A sottolinearlo è il Comitato
dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) che racconta il caso di un uomo,
A.C., "nel 2005 si è rivolto al medico di base chiedendo accertamenti allo
stomaco in quanto accusava disturbi. Gli viene prescritto un farmaco per lo
stomaco e, poiché l'uomo aveva espresso di aver avuto delle sensazioni di
affanno e necessità di uscire all'aperto, nella prescrizione vengono inclusi
anche due tipi di psicofarmaci, senza effettuare analisi.
La decisione è stata non assumere gli psicofarmaci. Qualche
tempo dopo, siamo nel 2006, A.C. accusa nuovamente i sintomi di ansia e
agitazione che lo inducono a rivolgersi ad un primario di psichiatria,
presso un noto ospedale milanese, il quale gli prescrive due psicofarmaci
diversi dai precedenti. Il primo giorno di assunzione di uno di questi
psicofarmaci ha un incidente andando contro un muro con la sua auto tutto da
solo, immediatamente seguono: difficoltà di parola, sonnolenza continua,
difficoltà di scrittura e mancanza di memoria per fatti accaduti nella
giornata stessa, difficoltà alla guida dell'auto.
Dopo due settimane dall'assunzione di questo psicofarmaco A.C.
chiede aiuto ad un medico che esaminato il caso decide di sospendere
gradualmente l'assunzione del farmaco. Dopo tre mesi A.C. ha ancora
difficoltà con la guida dell'auto, difficoltà a gestire bene il movimento di
una mano e quindi non può scrivere e non può lavorare, difficoltà di parola
perché incespica, difficoltà di memoria e perdita dell'equilibrio. Ancora
oggi quest'uomo è colto da sonnolenza tanto che mentre parla con le persone
tende ad addormentarsi. Tutti questi sintomi non erano presenti prima
dell'assunzione dello psicofarmaco, ma sono avvenuti immediatamente dopo
l'assunzione dello stesso".
Il comitato ricorda che l'articolo 18 - Competenza professionale -
del Codice Medico Deontologico recita: "Il medico deve garantire
impegno e competenza professionale, non assumendo obblighi che non sia in
condizione di soddisfare. Egli deve affrontare i problemi diagnostici con il
massimo scrupolo, dedicandovi il tempo necessario per un approfondito
colloquio e per un adeguato esame obiettivo, avvalendosi delle indagini
ritenute necessarie. Nel rilasciare le prescrizioni diagnostiche,
terapeutiche e riabilitative deve fornire, in termini comprensibili e
documentati, tutte le idonee informazioni e verificarne, per quanto
possibile, la corretta esecuzione. Il medico che si trovi di fronte a
situazioni cliniche, alle quali non sia in grado di provvedere
efficacemente, deve indicare al paziente le specifiche competenze necessarie
al caso in esame."
Ancora l'articolo 30 - Informazione al cittadino - del
Codice Medico Deontologico recita: "Il medico deve fornire al paziente la
più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e
le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili
conseguenze delle scelte operate; il medico nell'informarlo dovrà tenere
conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima
adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di
informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve,
altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di
prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da
poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere
fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza
escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona
assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto
l'informazione deve essere rispettata."
IL CCDU lancia un appello a chi
ritiene di aver subito danni causati da trattamenti psichiatrici è
possibile rivolgersi al comitato
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