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08/06/2006 Se il Ministro sale in Cattedra (Pietro Reichlin, www.lavoce.info)

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    La principale riforma a costo zero che il ministro dell’Università Fabio Mussi potrebbe fare subito è de-regolamentare il sistema di reclutamento dei docenti universitari, abolire le barriere che limitano la concorrenza sul mercato accademico.

    Internazionalizzazione e fuga di cervelli

    La regolamentazione e i vincoli legislativi sono contro la qualità e l’internazionalizzazione.
    Il numero di professori e studenti stranieri nelle prime dieci università americane e del Nord Europa è elevatissimo e destinato a crescere ancora. L’internazionalizzazione è la conseguenza dell’adozione di un principio di eccellenza (spazio ai migliori) che, a sua volta, richiede la massima concorrenza tra candidati nelle selezioni per il reclutamento di professori e la massima trasparenza delle procedure. Questo è il punto di forza delle migliori università del mondo. In quelle italiane, invece, siamo quasi a zero. Le nostre istituzioni accademiche possono piuttosto vantare un numero elevatissimo di docenti che hanno studiato nello stesso luogo dove ora lavorano.
    La mancanza di internazionalizzazione ha provocato una fuga massiccia di cervelli dal nostro paese. Questo fenomeno potrebbe trasformarsi in un fatto positivo se il sistema universitario italiano decidesse di aprire le porte a chi fa ricerca all’estero. Il loro rientro porterebbe nei nostri atenei nuove esperienze e maggiori competenze.
    Purtroppo, l’insieme della legislazione universitaria italiana e l’idoneità nazionale introdotta dalla legge Moratti appena trasformata in decreto legge (1) contrastano con questi obiettivi: segmentano artificialmente il mercato dei docenti, rallentano il ricambio dei professori di ruolo sottoponendo i candidati a concorsi di idoneità con cadenza saltuaria e incerta, pongono un limite al numero di idonei basato sulle disponibilità finanziarie degli atenei.

    Procedure attuali e interventi possibili

    Quando una facoltà decide di reclutare un professore di ruolo, deve compiere due passi distinti e sequenziali. Il primo consiste nella scelta della procedura di reclutamento. Dall’entrata in vigore della legge Moratti , le procedure possibili sono (a) trasferimento di professore di ruolo da altra università (cioè la pubblicazione di un bando rivolto solo ai professori già confermati che abbiano trascorso almeno un triennio presso l’università di provenienza), (b) chiamata diretta di un idoneo (cioè di un candidato che abbia conseguito da non più di quattro anni un’idoneità da una commissione nazionale di concorso).
    Perché ostacolano l’obiettivo della massima concorrenza e trasparenza? Per tre ragioni:

    (I) le due procedure sono mutuamente esclusive: la scelta di una esclude la partecipazione dei candidati che potrebbero essere selezionati in base alla procedura alternativa.
    (II) la legge esclude dalla partecipazione alle procedure di reclutamento per professori di ruolo tutti gli "esterni", cioè coloro che non hanno conseguito un’idoneità (i più giovani, coloro che insegnano all’estero e non hanno familiarità con il sistema italiano, eccetera),
    (III) al consiglio di facoltà che decide la procedura di chiamata partecipano docenti che possono candidarsi in base a tale procedura (come titolari di un’idoneità), creando un grave conflitto d’interessi.
    In pratica, quando una facoltà decide di reclutare un professore di ruolo, i membri del consiglio hanno quasi sempre un’idea precisa su chi vorrebbero chiamare. Generalmente, si tratta di una persona che ha frequentato molto la facoltà o ha acquisito "meriti" e "crediti" (si è laureato o ha insegnato nella medesima facoltà, ha collaborato alla didattica o all’organizzazione di conferenze, e così via). Accade, quindi, che la procedura di reclutamento venga decisa in funzione della persona che si vuole. Ad esempio, se questi è un professore di ruolo in altra università, si decide senz’altro di bandire un posto per trasferimento. Poiché la selezione dei candidati fatta in loco è piuttosto sbrigativa e poco regolamentata, generalmente si presenta un solo candidato per la selezione e i potenziali concorrenti rinunciano volontariamente.
    Riguardo al punto II, si deve notare che gli "esterni" sono molto numerosi, e lo diventeranno sempre di più, in considerazione della lentezza dei meccanismi concorsuali e della limitatezza del numero di posti disponibili (la legge prevede che possano trascorrere anche quattro anni tra un concorso e l’altro). Ciò contrasta con l’obiettivo di fornire stesse opportunità a tutti coloro interessati a ricoprire una posizione di ruolo.
    Per rimediare a queste distorsioni, il ministro potrebbe abolire i concorsi nazionali, dare completa autonomia alle università e attivare le leve degli incentivi e dei disincentivi (mediante sistemi di valutazione della ricerca). Considerazioni di puro realismo mi convincono, tuttavia, che ciò non avverrà in tempi rapidi.
    Il ministro potrebbe allora scegliere un obiettivo legislativo più modesto e veloce.
    Basterebbe introdurre l’obbligo che i bandi per posti di professore siano aperti a tutti, senza alcuna specificazione riguardo alla tipologia del candidato: se già professore di ruolo nel sistema universitario italiano o idoneo o nessuna di queste due cose.
    Detto in altri termini, la facoltà dovrebbe essere obbligata a scrivere un bando generico, nel quale si specifica solo la disciplina nell’ambito della quale si vuole coprire il posto. Alla scadenza, le domande dei candidati sono vagliate dal consiglio di facoltà, che nomina il vincitore. Se quest’ultimo è professore di ruolo in altra università o è un idoneo (in base al concorso nazionale definito dalla legge Moratti o in base ai concorsi locali della legge precedente) avrà automaticamente una posizione di professore di ruolo nella facoltà che ha bandito il posto. Se, viceversa, il vincitore è un "esterno" (cioè non è né professore di ruolo di altra università italiana, né idoneo), non potrà conseguire (immediatamente) una posizione di ruolo. In questo caso, la facoltà dovrà offrirgli un contratto di diritto privato, i cui termini devono essere specificati preventivamente nel bando. Successivamente, l’ateneo presso il quale ha sede la facoltà comunica al ministero l’intenzione di coprire una posizione di ruolo dando luogo all’attivazione di una procedura selettiva di idoneità nazionale. (2)
    Questo stesso risultato potrebbe essere raggiunto autonomamente dagli atenei senza attendere una legislazione specifica. Basterebbe che le facoltà che intendono aprire una procedura selettiva per professore bandiscano simultaneamente un posto per trasferimento, un posto per idoneo, secondo le procedure previste dall’articolo 13 della legge Moratti, e un contratto di diritto privato. Ogni procedura di chiamata in base alla quale il candidato vincitore non ha potuto fare domanda sarebbe annullata per inadeguatezza dei candidati concorrenti.
    Penso, tuttavia, che il ministero dell’Università farebbe meglio ad agire di autorità.

    (1) Decreto legge 6/4/06 n. 164.
    (2) Secondo l’articolo 4 del Dl 6/4/06 n. 164.


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