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09/04/2007 Sedicenne suicida : interrogarsi oltre i soliti comodi stereotipi (Rita Guma, http://www.osservatoriosullalegalita.org)

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Sono molte le riflessioni che vengono alla mente dopo il tragico epilogo della storia di Matteo, il ragazzo di sedici anni che ha chiuso la sua esistenza per essersi sentito messo all'angolo ed etichettato come gay.

In primo luogo, gia' a suo tempo, quando il ministero della Pubblica Istruzione diffuse i dati e le conclusioni delle prime settimane del telefono antibullismo, fui colpita da un aspetto dell'analisi degli 'esperti', i quali sostenevano che fra le vittime che vengono viste come 'deboli' dai compagni vi sono i ragazzi che non vestono firmato. Io credo che l'uso improprio dell'aggettivo 'deboli' in questo caso sia proprio indicativo della profonda rivoluzione che andrebbe operata nell'immaginario degli stessi adulti che pretendono di analizzare e 'curare' il fenomeno.

I ragazzi che non vestono firmato non sono deboli, ma piu' forti, perche' sono capaci di resistere alle mode e ai condizionamenti della societa', perche' in genere hanno dietro famiglie che li assistono maggiormente, ed infatti spesso sono proprio loro i piu' bravi della classe. E se nel secolo scorso da parte dei compagni ci poteva essere l'invidia per i successi culturali del 'secchione', oggi c'e' invece una invidia complessiva, per la personalita' del compagno, per la maggiore attenzione che la famiglia gli dedica, quindi c'e' la rabbia per la mancata omologazione dell'altro che fa emergere la propria debolezza. E la prova di cio' e' nel fatto che talora le vittime sono le ragazze piu' belle, invidiate dalla classe e quindi bersagliate non certo per un punto di debolezza, ma di forza.

Il debole e' quindi chi colpisce, non chi e' preso di mira. Non a caso chi colpisce colpisce 'in branco', perche' non e' piu' forte, ma vigliacco. Anche Matteo era bravo a scuola, e quindi occorreva trovare un modo per colpirlo, sfogando la frustrazione di essere meno bravi. Quindi Matteo non era discriminato perche' gay, ma era additato come gay per colpirlo. Che abbiano detto che fosse gay o altro (grassone, nano, quattrocchi, cocco di mamma o raccomandato) conta poco ai fini dell'atto di bullismo. Conta invece molto ai fini del fatto che l'appellativo di gay fosse considerato dai compagni una offesa e una canzonatura, che Matteo fosse o meno omosessuale.

Gli adulti che non hanno capito che il ragazzo diverso perche' piu' bravo non e' debole, ma fa invece suo malgrado emergere la debolezza dei compagni, non hanno a mio avviso capito niente. E probabilmente non vogliono capire, perche' spesso agiscono essi stessi, in qualita' di genitori, con superficialita' nei confronti dei figli o delegano alla babysitter televisiva l'educazione che non sanno-hannovoglia-hannotempo di impartire. O, peggio, temono di indispettire l'elettorato, che in parte potrebbe sentirsi colpevolizzato.

E' chiaro tuttavia che se non hanno capito quelli che il problema lo dovrebbero risolvere, allora il problema non sara' risolto. Fra questi c'e' il ministro Fioroni, il quale in un comunicato ha chiamato Marco il giovinetto di 16 anni suicidatosi e che invece si chiama Matteo. Il ministro ha rilasciato un dichiarazione di una quindicina di righe in cui si dice tutto e niente, nel piu' puro stile politichese, parlando di valori non meglio specificati ed evitando di pronunciare la parola gay. Anzi, nel dire che va rispettata la dignita' di tutti "nessuno escluso", il ministro sembra quasi dire 'anche se fosse gay non lo escludiamo', il che piu' che una inclusione mi sembra una sottolineatura della diversita'.

Ma il ministro non poteva pronunciare la parola gay e parlare del diritto dei gay di essere trattati da uguali, altrimenti avrebbe in qualche modo gettato un'ombra sulla sua partecipazione al 'family day', mentre forse avrebbe proprio dovuto chiedersi di quali 'family' stiamo parlando. Anche di quelle dei vari bulletti che esternano la loro frustrazione con epiteti ai compagni piu' bravini o disabili?

Infine la scuola. La scuola, come tanti altri grandi contesti, e' fatta di persone diverse, il competente e l'impreparato, il furbo e l'onesto, l'umile e il presuntuoso, l'attento e il superficiale. Certo non si puo' dire che la scuola di Matteo fosse razzista verso i gay, come si affannava a spiegare un allievo omosessuale in una intervista ad un quotidiano, e come credo nessuno abbia pensato. Come ho detto, Matteo non era discriminato perche' gay, ma attaccato perche' bravo e gentile.

Se e' vero che alcuni docenti non sono in grado di cogliere il disagio (a parte chi se ne lava le mani, non tutti hanno le doti dell'educatore, che e' molto piu' che fare il professore) la scuola spesso non ha gli strumenti: classi per motivi economici sempre piu' numerose, presidi che temono scandali o rifiutano di prendere provvedimenti per paura del calo d'iscrizioni e situazioni in cui spesso il docente piu' attento e sensibile e' a sua volta emarginato e inascoltato dalla dirigenza perche' rifiuta di omologarsi per aspetti che riguardano la sua qualita' di impiegato (insomma, e' un rompiscatole e va ridimensionato, anche se e' uno dei pochi che sa ascoltare e trattare i ragazzi).

Quando invece il disagio e' portato all'attenzione delle famiglie, spesso i genitori del bullo sono aggressivi: risolvono l'educazione con la paghetta settimanale ma poi difendono il figlio a spada tratta, forse proprio perche' sanno che la colpa delle mancanze a scuola non e' del figlio, ma loro. E anche perche' attaccare l'insegnante chiude la vicenda, mentre una presa di coscienza la aprirebbe, dando il via ad un impegno che fino ad allora hanno eluso o all'analisi di problemi che fino a quel momento non sono stati capaci di vedere.

E infatti, cio' che non emerge dalle ricerche e' che spesso anche il bullo e' una vittima. Chi chiede il pugno di ferro questo non lo ha capito. Il bullo - se non ha ricevuto una educazione da mafioso - diventa bullo perche' costretto a risolvere con costosi acquisti e con l'omologazione la sua crisi di ragazzo ancora piccolo cui pero' nessuno dedica tempo e attenzione (eccetto una sostanziosa paghetta o regali costosi). E invidia quindi il compagno piu' seguito. In altri casi - accade quando la vittima e' un disabile - il bullo e' un ragazzo con un problema non evidente, e reagisce alle maggiori cure dedicate dalla scuola al ragazzo disabile che ha un problema riconosciuto. Si tratta insomma di un grido di aiuto, e rispondere con provvedimenti disciplinari e' la strada piu' sbagliata.

Come ho gia' detto in passato, anche per i genitori non e' facile competere con i modelli televisivi, tuttavia potrebbe essere piu' facile se spegnessero piu' spesso la tv giocando con i figli (quando piccoli) ed uscendo e parlando con loro (quando grandi). Infatti i genitori dei cosiddetti 'ragazzi modello' non sono marziani, sono solo famiglie presenti. Ne' tutti hanno gli stessi valori cristiani, ma hanno i valori umani del rispetto per l'altro, del dovere, che trasmettono ai figli con l'esempio e con le parole, anche con le privazioni, quando necessario (perche' nella vita spesso queste arrivano, soprattutto quando finisce il flusso di soldi di mamma e papa'). E il fatto che i ragazzi tranquilli si trovino nella stessa classe con altri bulli o semplicemente maleducati dimostra che la responsabilita' della scuola e' modesta, e che il problema e' pregresso ed esterno.

Certo, proprio perche' le coppie non hanno la patente per procreare (non basta infatti essere un uomo e una donna con figli per essere famiglia, ma occorre molto di piu') e proprio perche' non tutti i genitori - con tutta la buona volonta' - possono proporsi come esempi in un'epoca in cui il valore si misura col denaro o il successo in tv, sarebbe molto opportuno cambiare la maestra nazionale, la televisione, evitando i programmi diseducativi e cercando di trasmettere qualche valore.

Per chi sta pensando a valori religiosi, dico invece che sarebbero necessari e sufficienti quelli espressi dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo dell'ONU che - sottoscritti da oltre 190 Paesi del mondo, a maggioranza cattolica, protestante, islamica, buddista, ebraica, animista, indu', etc... - possono rappresentare tutti e da tutti essere condivisi.

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