Dopo il nostro pezzo sulla
Nutella 1 e
Nutella 2 siamo a proporvi un pezzo del nostro
direttore responsabile, Augusto Goio, che ha intervistato per il
settimanale
Vita
Trentina il giornalista Miki Mistrati e il film-maker
Roberto Romano, autori del film-inchiesta “The
dark side of chocolate”. Sono migliaia le vittime del
trafficking che alimenta il mercato degli esseri umani – moltissimi
minorenni - destinati a lavorare nelle piantagioni di cacao in Costa
d'Avorio.
Stazione degli autobus di Sikasso, esterno giorno. Qui,
nella città del Mali dove nel giugno 2007 si è svolto il “Summit dei
popoli” con i leader dei Paesi più poveri dell’Africa, una
telecamera nascosta inizia a riprendere. Alcuni uomini avvicinano un
gruppo di ragazzini. Parlottano un po', poi li fanno salire su uno
degli autobus in partenza. La destinazione, una piantagione di cacao
in Costa d'Avorio. La scena si sposta alla frontiera tra i due
Paesi. Un bimbetto che avrà si e no otto anni piange in modo
irrefrenabile. E' una delle migliaia di vittime del trafficking
che alimenta il mercato degli esseri umani – moltissimi minorenni –
destinati a lavorare nelle piantagioni. Dall'altra parte
dell'obiettivo ci sono il giornalista Miki Mistrati e il
film-maker Roberto Romano, autori del film-inchiesta “The
dark side of chocolate – Il lato oscuro del cioccolato”, in
concorso al Festival internazionale di cinema cibo e videodiversità
“Tutti
nello stesso piatto”.
“Tutto ha avuto inizio nel supermercato sotto casa”, ci
racconta Mistrati. Il pluripremiato giornalista di origine italiana
ha presentato in anteprima europea il suo sconvolgente documentario
che scopre il coperchio sullo squallido ma lucrativo commercio di
bambini dal Mali e dal Burkina Faso verso le piantagioni di cacao
della Costa d'Avorio. Mistrati fa il gesto di assaggiare un pezzo di
cioccolato. “Tra le tavolette delle diverse marche ce n'era una del
'fair trade', del commercio equo. Ma come, mi chiesi, se questa è
del commercio equo, significa che le altre sono... del commercio
iniquo?”. L'interrogativo spinge Mistrati a compiere una prima,
rapida ricerca su Internet. Digita “chocolate” - cioccolato – e
ottiene migliaia di risultati. “Nulla però su questo rapporto
commercio equo – cioccolato, se non qualche generico riferimento
allo sfruttamento del lavoro minorile. Decisi che volevo saperne di
più sul traffico di bambini legato alla produzione del cacao”.
E' una ricerca che porta Mistrati prima in Mali e in Burkina
Faso e poi in Costa d'Avorio, il Paese primo produttore al mondo
di semi di cacao, con una produzione di 1.221.600 tonnellate (dati
2009, fonte: Faostat);
insieme con il Ghana, coltiva il 60% della produzione globale.
“Il nostro viaggio – racconta – ci ha portati fino al confine tra
Costa d'Avorio e Mali, alla ricerca delle prove del traffico di
minori tra i due Paesi, e poi nel nord della Costa d'Avorio,
dove la presenza delle milizie armate che dal commercio di esseri
umani traggono profitti ingenti ci ha però costretti ad andarcene
prima che la situazione si facesse troppo pericolosa”. Meno
problemi, paradossalmente, Mistrati li ha avuti nelle piantagioni di
cacao visitate. “Dappertutto ci sono minori reclutati in Mali e in
Burkina Faso, attirati con la promessa di un guadagno, che in realtà
non vedranno mai”.
Quali le dimensioni del fenomeno? Nell’agosto 2002, l’Istituto
Internazionale d’Agricoltura Tropicale (IITA, che ha sede a
Ibadan in Nigeria) ha realizzato uno studio su 15.000 piantagioni di
cacao poste in quattro paesi che producono i due terzi del cacao
mondiale - la Costa d’Avorio, il Ghana, la Nigeria e il Camerun - e
ha censito 284.000 bambini, per lo più stranieri e con meno di 14
anni, che lavorano nelle piantagioni. Sono gli ultimi dati
disponibili. Ma non c'è solo il cacao. Nel mondo, il settore
agricolo, secondo le stime del
Programma internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC)
dell’Organizzazione mondiale del lavoro (ILO), impiega il 60% del
totale dei minori lavoratori: circa 132 milioni di bambini e
bambine, che invece che andare a scuola, sono sfruttati fino allo
sfinimento nei campi.
“Si tratta di lavoratori palesemente illegali”, osserva
Mistrati, che spiega però come le grandi compagnie produttrici
giustifichino la presenza di questi bambini e bambine: “Dicono che è
legale che i bambini stiano accanto ai loro familiari. Ma la verità
è che i minori che noi abbiamo incontrato e intervistato non sono
del posto, non sono accompagnati e invece che andare a scuola, come
sarebbe loro diritto, sono costretti nei campi”. Minori che, come se
non bastasse l'essere condannati a un destino di fatiche disumane,
costretti come sono a portare sacchi di semi di cacao pesanti fino a
50, 60 chili, spesso finiscono per essere vittima anche di abusi
sessuali.
E i controlli? Mistrati sorride amaro, pensando alla
corruzione endemica, come ha denunciato Papa
Benedetto XVI nel suo recentissimo viaggio in Benin. “In Costa
d'Avorio ci sono 800 mila piccole aziende ed è impossibile
controllarle tutte. Il governo statale non ha sovranità sul bush,
la savana coperta di arbusti dove si trovano le piantagioni. Eppure
noi abbiamo filmato a sole 4 ore di macchina da Abidjan, la capitale
economica del Paese. Ma è più facile chiudere gli occhi...”.
Occorrerebbe invece tenerli bene aperti, gli occhi. Come
cercano di fare le realtà del
commercio equo, svolgendo una preziosa opera di informazione sia
nei Paesi produttori sia nei Paesi dove le merci vengono importate,
lavorate e consumate. “La verità è che negli ultimi anni è diventato
sempre più difficile per noi lavorare con l'Africa”, riconosce De
Blasi di
Mandacarù e ideatrice del Festival Tutti nello Stesso Piatto,
citando gli esempi del Ghana (“Abbiamo sospeso un produttore”) e
dell'Etiopia, dove “è impossibile controllare tutta la filiera
produttiva, per la presenza soffocante dello Stato”.
La palla torna dunque nel campo dei consumatori. “Il
consumatore deve acquisire consapevolezza, deve domandarsi se nel
prodotto che acquista c'è una componente di sfruttamento”, afferma
Mistrati. “Io da giornalista non dico alla gente cosa deve o non
deve fare, cosa deve o non deve acquistare. Ma ho la responsabilità
di mostrare quello che accade, perché, ripeto, la gente possa
scegliere con consapevolezza”. (...) La prossima volta che mordiamo
una tavoletta di cioccolato, sappiamo perché ci sembrerà più dolce.
Augusto Goio
(direttore responsabile di Unimondo)
Fonte:
vitatrentina.it
http://www.unimondo.org
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