Sono trascorsi 25 anni da che la Thatcher diede inizio alla guerra delle
Falklands per salvarsi la carriera. John Newsinger analizza cosa abbia
significato per l'imperialismo britannico.
Il 19 marzo 1982, la giunta militare argentina assunse il controllo delle
isole Falkland – altrimenti note come Malvine – facendo sprofondare il
governo inglese tory [conservatore] nella crisi.
Il governo aveva stupidamente precipitato gli eventi diminuendo
progressivamente l'impegno militare britannico (già irrisorio)
nell'Atlantico del sud, ed ora doveva affrontare il disastro.
Le isole Falkland si trovano a 8.000 miglia dalla Gran Bretagna. Sono una
reliquia dell'impero ed era – ed è tutt'ora – assurdo che fossero governate
dal Regno Unito.
Nessun Inglese era minimamente interessato alle Falklands prima della
guerra. Due anni prima dell'intransigente linea thatcheriana, Nicholas
Ridley aveva addirittura proposto un patto di condivisione del controllo
delle isole con l'Argentina.
Nel 1982 il regime militare argentino stava affrontando un'estesa
opposizione interna. Decise di riconquistare le isole per incrementare il
proprio prestigio e le pretese di controllo su ampie parti del Sud America.
Il primo ministro britannico tory, Margaret Thatcher, intravide
l'opportunità di ribaltare le sue fortune politiche ormai al tramonto.
La Thatcher affrontò la scelta tra un'umiliante accettazione
dell'occupazione argentina – seguita dalle sue dimissioni e dal collasso del
suo governo – e il rischio di una spedizione militare in un'area di
importanza strategica nulla per il Regno Unito, solamente per salvare se
stessa e il proprio governo.
Nessun dubbio attraversò la sua mente. Un'unità operativa, applaudita dal
leader laburista Michael Foot, venne inviata per “liberare”, sulla carta, i
coloni britannici nelle Falklands.
Gemiti
Per giustificare la guerra i conservatori improvvisamente iniziarono ad
avercela coi diritti umani e “le spregevoli giunte militari
latino-americane”. Questi stessi deputati non mossero un dito quando il
leader argentino Generale Galtieri attuò un golpe nel 1976. La “scomparsa”
di suppergiù 30.000 persone non fece scappare un gemito.
Al momento della resa argentina il 14 giugno, oltre 250 militari britannici
di terra, mare e aria assieme a più di 1.000 Argentini, erano morti per
mantenere la Thatcher al potere.
Il governo inglese, naturalmente, mentì ad ogni passo dei procedimenti, e in
modo sfacciatamente abominevole, il 2 maggio, sull'affondamento
dell'incrociatore Belgrano, che navigava lontano dalla zona di esclusione
imposta dagli Inglesi.
Anche se la guerra fu di lieve entità, ebbe un impatto sproporzionato. Il
conflitto venne ingigantito dai mezzi di comunicazione sciovinisti, guidati,
com'è facile immaginare, dal giornale-sciacallo di Rupert Murdoch, il Sun.
La guerra sicuramente ebbe un ruolo, ma solo un ruolo, nella vittoria
elettorale dei Tory l'anno successivo. Rese anche inattaccabile la posizione
personale della Thatcher entro il partito conservatore.
Molti, tra cui la Thatcher, si convinsero che la guerra avesse finalmente
eliminato la “sindrome di Suez” – rimuovendo quelle inibizioni che avevano
teoricamente paralizzato i governi britannici dalla disastrosa invasione
dell'Egitto nel 1956. Era un mito che divenne la colonna portante del
Thatcherismo.
Il fallimento dell'invasione in Egitto del 1956 era stata a lungo oggetto di
rammarico tra i Tories. Vi ravvisavano un umiliante segno del declino
imperiale britannico.
Di fatto, l'invasione fu uno degli episodi più scandalosi della moderna
storia inglese, con menzogne e disonestà a un livello tale che avrebbe fatto
arrossire George Bush e Tony Blair.
Nonostante l'umiliazione di Suez, la “sindrome di Suez” in realtà era poco
più di un'invenzione dell'ala destra dei Tory. Era una favola ideata dagli
imperialisti reazionari che non volevano rassegnarsi al declino britannico.
Continuavano a mitizzare il Regno Unito, sostenendo il suo destino imperiale
e la reazione agli Stati Uniti.
La realtà era ben differente. Dopo Suez, i governi britannici, sia
conservatori che laburisti, si sottomisero volontariamente agli Stai Uniti.
Questo cosiddetto “rapporto speciale” divenne il metro della politica estera
britannica.
La motivazione di ciò è abbastanza ovvia. Il capitalismo britannico aveva
interessi in tutto il mondo, ma una volta eliminato l'impero, non possedeva
più né il potere militare, né l'influenza politica per proteggere i propri
investimenti. La classe dirigente inglese si rivolse quindi agli Stati Uniti
per la cura dei suoi interessi.
Naturalmente la situazione ad oggi è identica. Quando all'ambasciatore per
gli Stati Uniti di Blair fu detto di “far risollevare Washington e rimanere
lì”, come al solito era veramente solo per affari.
Anche dopo Suez, comunque, lungi dall'essere paralizzato, il Regno Unito
continuò ad ingaggiare guerre coloniali. Nei primi anni '60, forze
britanniche combattevano una guerriglia di resistenza ad Aden e nel sud
dell'Arabia.
Il tutto finì, nel novembre 1967, con una miseranda ritirata a causa della
quale i Tories rimproverarono il primo ministro laburista Harold Wilson.
Questi fatti portarono ad una cospirazione dell'MI5 per rovesciare il
governo Wilson.
Molto più significativo fu il “Confronto” con l'Indonesia che ebbe inizio
nel 1963. Al culmine, l'impresa coinvolse 59.000 militari britannici, buona
parte della marina (circa 80 navi) e anche una puntata dei V-bomber a
Singapore. L'intenzione era di render chiaro agli Indonesiani che non era
escluso un attacco nucleare.
La guerra finì a estate inoltrata nel 1966. Non solo la minaccia indonesiana
venne annientata, la guerra aiutò anche a preparare un golpe militare in
Indonesia. Più di mezzo milione di persone venne massacrato e il partito
comunista distrutto, col tacito incoraggiamento dei governi inglese e
statunitense.
Un'altra importante guerra coloniale fu combattuta nel Dhofar, provincia del
sultanato dell'Oman.
Ribellioni comuniste
Gli Inglesi supportarono il sultano contro una ribellione comunista che durò
fino al 1976. È interessante che sia il “Confronto”, sia la guerra del
Dhofar furono portate avanti relativamente in segreto e senza pubblicità.
Non vi furono nemmeno grandi celebrazioni per i successi.
Entrambi i conflitti erano strategici. La guerra delle Falklands fu un'altra
storia. Venne combattuta per mantenere la Thatcher e i conservatori al
comando. La sua richiesta che le persone ne “fossero liete” veniva proprio
dal cuore.
La Thatcher aveva magnificato il valore dell'esercito britannico, parte
eminente del profilo pubblico del suo governo, anche prima delle Falklands.
Nel maggio del 1980, ad esempio, aveva ordinato alle SAS di penetrare
nell'ambasciata iraniana e compiere una sommaria esecuzione dei terroristi
che stavano tenendo lo staff dell'ambasciata in ostaggio. Nel rimanente
tempo speso in ufficio, tentò in ogni modo di identificarsi con le SAS.
Il suo governo, è bene ricordare, fu anche coinvolto in una “guerra contro
il terrorismo” – parole letterali.
Il governo della Thatcher provò ad avvantaggiarsi della guerra in Irlanda
del Nord, alimentando le paure della gente per i propri scopi politici nella
gestione interna.
La manifestazione più numerosa contro la guerra delle Falklands vide la
partecipazione di appena 7.000 persone. Ma non ci fu nemmeno uno sfrenato
nazionalismo a livello pubblico. Un poll successivo all'affondamento del
Belgrano mostrò che il 60% delle persone non riteneva le Falklands
meritevoli anche solo di una singola perdita.
Ordine globale
La guerra delle Falklands venne intrapresa per assegnare un posto al Regno
Unito nell'ordine globale. La Thatcher e i suoi sostenitori intendevano
mandare il chiaro messaggio che lo stato britannico era pronto e aveva la
capacità e l'intenzione di difendere le sue proprietà e compagnie estere.
A quel tempo sembrò alquanto strano, ma preannunciò il periodo in cui la
guerra tornò ad essere centrale nel sistema.
Il tentativo della Thatcher di riesumare il patriottismo da tempo di guerra
si proponeva, in parte, di celare il rapporto di subordinazione con gli
Stati Uniti.
L'unità operativa delle Falklands venne mandata in missione solo perché gli
Stati Uniti, dopo qualche trattativa, diedero l'assenso.
In cambio, la Thatcher si accollò il lavoro sporco del presidente
statunitense Ronald Reagan al posto suo.
Le SAS aiutarono nell'addestramento i Khmer Rossi cambogiani – seguaci del
precedente e sanguinario leader del Paese Pol Pot, che si trovava ai tempi
in esilio in Thailandia. Il Congresso degli Stati Uniti non avrebbe permesso
alla CIA di addestrarli, ma il parlamento britannico non aveva problemi.
Purtroppo per Blair, il suo momento di comando coincide con l'inizio della
caduta del dominio statunitense.
Se gli USA continuano a possedere una supremazia militare schiacciante sul
resto del mondo, non possono eguagliare tale superiorità dal lato economico.
Sul lungo termine, ciò significa che il dominio militare a stelle e strisce
non potrà essere mantenuto.
Anche nel breve periodo, nonostante l'incolmabile superiorità tecnologica
dell'esercito statunitense, non ci sono sufficienti forze armate per imporsi
su un dato movimento di resistenza supportato a livello popolare – come
mostrano i casi iracheno e afghano.
Mentre per tutto l '800 e i primi del '900 il Regno Unito poteva contare
sull'impero, e in particolar modo sull'India, per la forza lavoro
(l'esercito britannico ancora oggi si affida ai Gurkhas [mercenari nepalesi,
noti per l'uso di lame esotiche, i kukri, e delle arti marziali, ndt] e
dipende in modo crescente dai reclutamenti nel Commonwealth), gli Stati
Uniti non godono di queste riserve di carne da cannone a buon peso.
Ciò per Blair significa che invece di condividere la gloria dei trionfi
statunitensi, sta partecipando alla delusione per i fallimenti di questa
nazione.
Blair camuffa il suo militarismo da spirito umanitario. La sua peculiare
combinazione di disonestà e sincerità ha funzionato per un po', ma alla fine
è venuta a galla quando s'è schierato contro l'opposizione popolare alla
guerra nel 2003.
Blair e la sua cricca storicamente hanno fatto ricorso a falsità e disonestà
varie. Il risultato è stato un disastro – perché gli USA hanno la mano
lunga, ma la stretta debole.
La conseguente catastrofe in Iraq vede gli USA presiedere su un conflitto
settario nel vano tentativo di sconfiggere la resistenza.
Fuori dal controllo della più spregevole collezione di deputati nella storia
del partito laburista, Tony Blair e Gordon Brown rimangono totalmente dediti
all'alleanza con gli Stati Uniti.
Se pensano di farla franca così, offriranno supporto ad un futuro attacco
statunitense all'Iran. Naturalmente questo è il punto in cui entra in gioco
il movimento pacifista.
John Newsinger è autore di numerosi libri, tra cui “The Blood
Never Dried – A People’s History of the British Empire” [Sangue mai
asciugato – Storia dell'impero britannico dal punto di vista dei popoli]. È
disponibile presso Bookmarks, la libreria socialista – telefono: 020 7637
1848, sito:
http://www.bookmarks.uk.com
John Newsinger
Fonte: http://www.socialistworker.co.uk
Link: http://www.socialistworker.co.uk/article.php?article_id=10932
17.03.2007
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MOLECOLA
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