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15/09/2006 Telecom ai Capitali Stranieri? Boh, Prodi non c'era e non sapeva… (Marcello Pamio, www.disinformazione.it)

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    Premesso che le privatizzazioni non vengono realizzate per il nostro bene, cioè dei cittadini, ma rappresentano lo strumento, o meglio la strategia principe per il controllo della società a beneficio esclusivo dei potentati bancari internazionali! 
    Premesso che tali strategie fondano le loro origini in precise operazioni anglo-statunitensi iniziate verso la fine degli anni ’70 in Inghilterra (tramite il gruppo Rothschild e il burattino Margaret Thatcher), e negli Stati Uniti (tramite il gruppo Rockefeller e i burattini Donald Reagan della Merril Linch e Walter Wriston della Citicorp), e poi esportate ed imposte in Italia dagli inizi degli anni ’90 con Romano Prodi & C.
    Detto ciò è logico allora che anche l’affaire Telecom-Tim rientra in tutto questo.

    Questa volta però il povero professor Romano Prodi - nonché Primo Ministro, nonché Mister Goldman’s Sachs - non lo sapeva. Non era al corrente.
    Diciamolo fin da subito per togliere qualsiasi ombra sul suo operato.
    Lo ha dichiarato egli stesso: «Marco Tronchetti Provera» - per chi non lo conosce è il marito della grande intrattenitrice e showgirl tunisina Afef Jnifen – mi «disse cose diverse da quelle fatte»!

    Avete capito? A Prodi, l’imprenditore più indebitato d’Italia non solo non gli avrebbe detto in anticipo di questa piccola vendita da decine di miliardi di euro, ma anzi, gli avrebbe detto cose diverse!
    Povero Romano, nessuno lo considera!

    L’uomo di punta delle elites bancarie internazionali (senior advisor, cioè consulente della banca d’affari ebraica più potente del mondo, la Goldman Sachs ), l’uomo che dal 1993 diede inizio alle grandi privatizzazioni come la vendita di Italgel, Cirio-Bertolli-De Rica (IRI), della Comit (1994) sempre da parte dell’azionista IRI, della prima tranche dell’IMI, INA, SME e di altre società dell’ENI.[1] L’uomo che ha saputo smontare pezzo dopo pezzo l’IRI (l’Istituto di Ricostruzione Industriale nato nel 1933) non è stato avvisato!



    D’altronde è impegnato da una parte con la missione in Libano (l’ennesima prova del servilismo politico italiano), dall’altra con Mister Euro, al secolo Tommaso Padoa Schioppa, a silurarci per bene con la stangatina da 24-30 miliardi di euro.
    Un uomo così impegnato, come potrà mai accorgersi dell’ennesima riorganizzazione del gruppo Telecom-Tim? Dell’azienda fiore all’occhiello dell’Italia? Dell’azienda destinata a diventare leader europeo nel settore delle telecomunicazioni? Dell’azienda collegata all’intelligence statunitense?
    Forse anche perché il gruppo ha sul groppone un buco da 41,3 miliardi di euro? 
    O magari dipende dal suicidio dell’ex dirigente della Telecom, responsabile della sicurezza, Adamo Bove? Apro una parentesi perché qualche giorno fa si è suicidato pure il dirigente della Vodafone Grecia, anche lui – casualmente - responsabile della sicurezza! Bisogna ammettere che oggi essere responsabili della sicurezza di multinazionali della telefonia è pericoloso per la propria salute…



    Detto questo, c’è da dire anche che la rete Telecom - monopolisticamente instaurata con i nostri soldi - nel corso dei decenni ha messo giù delle cose molti interessanti e allettanti: 30,4 milioni di linee (leader in Italia con il 40,5% del totale) e ben 3,4 milioni di clienti Umts (Universal Mobile Telecommunications System), la terza generazione di sistemi mobili che permetterà l’integrazione (sinonimo orwelliano per dire: controllo totale) di testo, suoni, voce, e multimedialità.
    Assodato che Prodi poveretto non era al corrente; assodato che l’Unione Europea (il cui Trattato di Maastricht sancisce ufficialmente la perdita della sovranità politica e monetaria dei paesi aderenti) ha già detto niet alla Golden Share, e cioè all’uso del potere di veto della vendita di una società a capitali stranieri: in quali mani finirà la ditta nostrana?

    Circolano già alcuni nomi:

    - Rupert Murdoch, il magnate australiano dei media (il numero uno al mondo degli editori). Il Presidente della News Corporation pubblica circa 175 giornali (The Times, The Sunday Times, The Sun, New York Post, Weekly Standard, per citare i più famosi), ed è proprietario di network televisivi come Sky tv (milioni di abbonati) in Europa e Fox tv in America.

    - Il fondo d’investimento statunitense Carlyle (il cui rappresentante per l’Italia è l’ingegnere Carlo de Benedetti), è stato definito da Industry Standard come “la più grande società d’investimenti privata del mondo”. Ha 13 miliardi di dollari da gestire soprattutto nel settore della difesa, speculando sui conflitti militari e sulla spesa per le armi. Tra le sua fila infatti, annovera uomini con credenziali importanti e collegamenti col Pentagono, il Dipartimento della Difesa e il CFR (Consiglio per le Relazioni con l’Estero, il governo invisibile americano). Fra i partner di Carlyle figurano l’ex segretario di Stato americano James Baker III, George Soros (miliardario ungaro-statunitense che ha speculato sulla sterlina con l’avvallo del governo britannico, ha speculato sulla lira nel 1992 con l’avvallo di Ciampi e provocando la svalutazione della nostra moneta del 30%; ha distrutto le Tigri Asiatiche mandando in fallimento e al suicidio milioni di persone in Asia), Fred Malek e persino George Herbert Walker Bush (Bush senior, padre dell’attuale presidente degli Stati Uniti, nonché massone del 33° grado del RSAA, Rito Scozzese Antico e Accettato). 
    Non è una novità inoltre che il Gruppo abbia gestito per anni i soldi di Yeslam bin Laden (fratello di 0sama bin Laden).

    - Telefonica, una ditta spagnola di telefonia che tra le numerosissime compagnie (vedi elenco in Pdf) figura la ENDEMOL ITALIA (Holding) Spa, la ditta produttrice di chicche televisive e d’intrattenimento molto intelligenti come “Il Grande Fratello”, “ La Fattoria ”, “Chi vuole essere Milionario”, “Affari tuoi”, “La pupa e il secchione”, “L’isola dei famosi

    Sinceramente non saprei proprio chi scegliere tra questi contendenti…
    Comunque sia, staremo a vedere a chi andrà la Tim, ma la cosa certa è che «si tratta - come ha dichiarato l’Adusbef (Associazione Difesa utenti servizi bancari, finanziari, postali e assicurativi) - dell’ennesimo paradosso delle privatizzazioni all’italiana, che hanno avuto l’unico effetto di far sostituire monopoli privati a quelli pubblici: questo è pagato caro dai consumatori, che invece di ricevere servizi di qualità a costi più contenuti rimpiangono i ‘boiardi di Stato’…”



    Per concludere, a proposito di privatizzazioni, faccio mia la definizione dell’avvocato Marco della Luna - autore dell’ottimo libro “Euroschiavi” - sulla strategia, quella vera, delle privatizzazioni.



    «Sul piano più superficiale le privatizzazioni sono operazioni patrimoniali con cui lo Stato vende beni propri, pubblici, comperati o costruiti con i soldi dei cittadini, a soggetti privati, al fine di procurarsi denaro (…). Tali operazioni di vendita sono sovente operazioni di ‘svendita’ in favore di gruppi imprenditoriali che in cambio ‘sostengono’, in tutti i sensi, gli uomini e i gruppi politici che le eseguono. (…)
    La politica dei governi italiani (sia di destra che e soprattutto di sinistra, ndA) si è rivolta alla cessione e allo smantellamento delle imprese (…). Le cessioni e gli smantellamenti sono andati a beneficio di gruppi non solo privati, ma anche e soprattutto stranieri (lobbies bancarie internazionali, ndA) (…)
    In un mondo dove già la maggior parte delle risorse naturali è nelle mani di cartelli come l’Opec, lo Stato, anzi i politici (servi dei banchieri, ndA) privatizzano anche imprese mono od oligopolistiche, soprattutto eroganti servizi vitali per la collettività: energia (Enel, presto Eni), trasporti (Autostrade), telecomunicazioni. (…) La giustificazione addotta a queste operazioni è quella che la gestione privata consentirà risparmi di denaro pubblico e migliori servizi a minor costo grazie alla concorrenza e alla logica aziendale. Non è esattamente questo, però, che abbiamo ottenuto. Anzi, mentre i conti degli enti pubblici interessati rimangono critici, vediamo molti servizi peggiorare qualitativamente e quantitativamente, a fronte di un rincaro di costi e tariffe. Vediamo una crescente esterizzazione del capitale (che finisce sempre all’estero, e sempre nei stessi posti, ndA) di queste società di diritto privato. Vediamo le nomine ai loro vertici sempre più legate al peggiore clientelismo, anziché al merito»[2]

    Esemplare è il caso della Telecom dove il merito della classe dirigente è riuscito a creare una voragine di 41,3 miliardi di euro (circa 80mila miliardi delle vecchie lire!)
    Evviva le privatizzazioni!!!

    [1] “Il capitalismo dei baroni feudali” di Paolo Brunetti, Il Consapevole, agosto/settembre 2006

    [2] “La privatizzazione del Potere” di Marco della Luna, Il Consapevole, agosto/settembre 2006


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