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28/09/2006 La Crisi del Reality? Una Bella Opportunità (http://www.korazym.org)

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Il genere televisivo di successo degli ultimi anni mostra segni di crisi. In attesa di conoscere meglio il suo destino, un'analisi semiseria sulle potenzialità di un cambiamento. Spazio a nuovi generi e a un mondo che aspetta solo di essere raccontato.

La crisi economica, la crisi del settimo anno, la crisi energetica non vi bastano? Da oggi possiamo discettare anche su un'altra crisi che sta creando dolore e panico profondi ad addetti ai lavori e non: quella dei reality. Sbarcati come una corazzata sui palinsesti autunnali, i programmi di successo degli ultimi anni si stanno leccando le ferite, con investimenti industriali salatissimi (e al tempo stesso molto redditizi) inchiodati ad un ascolto misero del 15-16% di share (solo l’Isola dei Famosi tiene).
br> È crisi, gente! Ormai lo dicono tutti: i giornali che fino a ieri dedicavano pagine di inchiostro al genere, i vari Vespa e Mentana che l’anno scorso non parlavano d’altro, gli stessi produttori TV. Il più lacrimoso è Paolo Bassetti, patron di Endemol, società che produce il flop Realtà Circus. ''Lancio una proposta alla concorrenza – ha detto - facciamo finire i reality alle 23,30”. Senza dubbio, un consiglio per venire incontro alla stanchezza del pubblico, ormai stufo di aspettare l’una di notte per sapere chi la spunterà nella corsa alla nomination. Molto più probabilmente, l’invito a salvare il salvabile di fronte a programmi dalle uova d’oro che rischiano prima o poi di essere messi da parte. E l’ipotesi, per chi fa TV e ruota intorno a quel mondo, è semplicemente tragica.

Sembra già di vederli i nani e le ballerine in attesa di sbarcare su isole, circhi e case varie, tutti sgomenti di fronte all’ipotesi di valorizzare le capacità piuttosto che la popolarità. E che dire della schiera di autori costretti a inventarsi nuove idee senza più vivere di rendita, tornando magari a pensare ad una TV di scrittura e non di improvvisazione? Idem anche per produttori e loro amici, ormai abituati a pianificare i programmi esclusivamente come prodotti "chiave in mano", per cui si paga a scatola chiusa e si riceve un bel pacchetto tutto compreso (la prima serata e le strisce quotidiane, ma anche materiale umano per dibattiti e chiacchiere a volontà).

È proprio questa l’altra faccia della crisi del reality, niente altro che una fisiologica trasformazione dei gusti del pubblico. Cambiamenti che ogni tanto sono salutari perché, se gestiti bene, sono in grado di portare una boccata d’aria fresca in una TV che comincia a puzzare di vecchio. È arrivato il tempo della creatività, dunque, e forse dell’impegno a fare della televisione e dei media in genere non solo una semplice macchina da soldi. Del resto, c’è tutto un mondo che chiede di essere raccontato, anche nel divertimento e nelle logiche dell’evasione che ben si sposano con la forma culturale del mezzo. Dopo il reality, il nulla? Non proprio. Con un pizzico di inventiva, potrebbero arrivare grandi cose.

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