Programmi e conduttori nel duopolio sono speculari
per spartirsi l'audience. Un'analisi fulminante sulla TV del 2007, del
critico televisivo del Corriere della Sera, Aldo Grasso. Il testo
integrale...
La TV
riscaldata
di Aldo Grasso - Corriere della Sera del 7/10/2007
Le fini non finiscono mai, come il tramonto dell'Occidente; perciò la
fine della tv generalista è di là da venire. Ogni anno un piccolo
manipolo di fedeli abbandona la chiesa dell'Audience ma ogni anno la tv
generalista richiama il suo popolo alla liturgia dell'abitudine. Sempre
gli stessi personaggi, gli stessi programmi, le stesse dispute guidate
dall'idea, rassicurante e vincente, che anche le consuetudini rechino un
significato nuovo. Invece di riflettere il mondo, la tv ha preso a
riflettere i suoi spettatori, sempre più vecchierelli e acciaccati.
Giusto una settimana fa, su un importante quotidiano, è uscita una
notizia sconvolgente. All'appuntamento televisivo di settembre, cioè
alla ripresa della stagione, mancherebbero 4-5 milioni di
telespettatori. Il crollo totale. Panico alla Wall Street dell'audience
e panico soprattutto nelle redazioni spettacolo: come si fa a bucare una
notizia simile? Semplice: la notizie non è vera, forse qualcuno ha fatto
confusione con gli zeri.
All'appello mancano circa 350.000 spettatori, presumibilmente deceduti o
passati al satellite. Per forza, tutto è come lo scorso anno, i
palinsesti sono stati fotocopiati tali e quali. Per dire: l'unica idea
nuova è stata quella delle identità nascoste dei «Soliti ignoti», un
gioco per la fascia di access prime time tratto da un format americano e
condotto da Fabrizio Frizzi. Il successo del quiz ha fatto gridare al
miracolo, si è parlato di rinascita di Frizzi, persino Umberto Eco ha
confessato di essere uno spettatore fedele. Il fatto è che non si
inventa più niente, al massimo si adatta un format già sperimentato.
Come funziona la tv generalista? Perché non finisce mai? Perché Fabio
Fazio sostiene che anche il satellite «sta finendo per fare una copia
della tv generalista»? Paradossalmente, la tv generalista resiste perché
non cambia mai, perché il suo credo è la scarsa innovazione. Paolo
Bonolis era stato pagato a peso d'oro per innovare le trasmissioni di
Mediaset e ora lo hanno costretto a rifare per l'ennesima volta «Ciao
Darwin», un programma che è composto dal rifacimento di altri programmi.
Basta confrontare tra di loro i palinsesti del duopolio per accorgersi
che programmi e conduttori sono speculari tra di loro con il compito
precipuo di spartirsi l'audience: Antonella Clerici contro Maria De
Filippi, «Domenica in» contro «Buona domenica», Simona Ventura contro
Paola Perego, «La domenica sportiva» contro «Controcampo», Bruno Vespa
contro Enrico Mentana, i telefilm contro i telefilm, Milly Carlucci
contro Claudio Bisio, «Striscia la notizia» contro «Affari tuoi», Carlo
Conti contro Gerry Scotti e così via, all'infinito. Su questo tappeto di
stabilità, ogni anno succedono alcune cose, irrompe la realtà. O nella
forma dell'Intramontabile o in quella dell'Inatteso. Appartengono, ad
esempio, all'evergreen le partite di calcio (Nazionale o Champions
League) che registrano sempre ascolti stellari o Miss Italia, con tutto
il contorno di altre trasmissioni vampiresche che si occupano della
fiera, o il classico delitto dell'estate.
Mette i brividi scriverlo ma il lievito di molte trasmissioni è stata la
tragica saga di Garlasco, trasformata subito in show, esattamente
com'era successo con Cogne, con Erba, con Novi Ligure. Anche questo è
ormai un format sperimentato, tanto che si parla di «garlascheide», «cogneide»...
Appartengono invece all'inatteso (e qui la tv generalista funziona come
ai primordi, cioè come finestra aperta sul mondo) le grandi disgrazie,
le morti celebri tipo Pavarotti, i temi di stagione, l'imprevisto,
insomma il bello o il brutto della diretta. Quest'anno la tv generalista
deve benedire due fenomeni, tra di loro strettamente legati, come il
grillismo e l'antipolitica: pane quotidiano per i talk, esca
meravigliosa per le telerisse, a rischio di pornografia politica.
Persino uno dall'aria di bravo ragazzo come Giovanni Florismette alla
gogna in prima serata ilministro Mastella e realizza il suo personale
boom d'ascolti.
Con Beppe Grillo o Luigi de Magistris o Clementina Forleo, Michele
Santoro è imbattibile (cioè fa ascolto) nel cavalcare gli umori
forcaioli che la «società civile» secreta quando si ribella all'
Istituzione (sembrava bollito, Santoro, ma eccolo pronto a guidare la
Tangentopoli del Sud). Per la sopravvivenza, si fa questo ed altro. A
tutela della propria audience, «Striscia» festeggia i suoi primi
vent'anni di velinismo e intanto attacca a muso duro Italia 1, irride il
suo direttore nell'assordante silenzio dei vertici Mediaset, tanto il
concetto di concorrenza ci è del tutto estraneo. La tv generalista è il
trionfo della minestra riscaldata, dell'immobilismo, e pur di non
cambiare consuetudini il suo affezionato pubblico accetta il menù, come
se un arresto di curiosità venisse spacciato per fedeltà, peggio per
coerenza (esiste uno specchio più veritiero dell'Italia?).
Quanto all'affermazione che il satellite sta copiando la tv generalista
bisogna fare alcune precisazioni. Certo, se uno vede le repliche di
RaiSat, persino quelle di Bruno Vespa, avverte il trionfo del gentesco.
Se uno segue Sky Vivo o, in parte, Fox Life si convince che traghettare
il pubblico dall'analogico al digitale sia ancora compito di Maurizio
Costanzo.Mai risultati parlano chiaro: il modello generalista sul
satellite non funziona o funziona molto male. Giustamente Sky Vivo è
stato ribattezzato Sky Morto e Fox Crime, perfetto esempio di canale di
genere, Fox Prime. È vero invece il contrario: dopo anni, Italia 1 si è
decisa a programmare con qualche criterio i telefilm americani e i
risultati si vedono. Insomma, con la «nuova» stagione l'abitudine
riprende il suo ritmo blando e rassicurante: il tran tran ci vela il
bello, quindi l'ansia del nuovo. Non a caso il motto della tv
generalista è «consuescant in pace», riposino nell'abitudine e nella
pace (quasi) eterna.
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