La Corte europea di giustizia boccia il sistema
italiano di assegnazione delle frequenze radiotelevisive. "Il
regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di
trasmissione radiotelevisiva è contrario al diritto comunitario. Tale regime
non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e non segue
criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e
proporzionati": è quanto comunica la Corte in una nota stampa. Il
caso riguarda l'emittente "Centro Europa 7", che nel 1999 ha
ottenuto dalle autorità italiane l'autorizzazione a trasmettere a livello
nazionale in analogico ma non è mai stata in grado di farlo in mancanza di
assegnazione di radiofrequenze. La Corte ripercorre la vicenda e ricorda che
la domanda di Europa 7 per l'accertamento del diritto a ottenere
l'assegnazione delle frequenze e il risarcimento del danno venne respinta
dal giudice amministrativo. In seguito il Consiglio di Stato, dinanzi al
quale pende la causa, ha interrogato la Corte sull'interpretazione delle
disposizioni del diritto comunitario relative ai criteri di assegnazione
delle frequenze radio-tv. Il giudice del rinvio, ricorda la Corte,
"sottolinea che in Italia il piano nazionale di assegnazione delle frequenze
non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno
consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro
trasmissioni, nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni. Le
leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto
l'effetto di non liberare le frequenze destinate ad essere assegnate ai
titolari di concessioni in tecnica analogica e di impedire ad altri
operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale",
Per la Corte di giustizia europea, dunque, i regimi che
si sono alternati hanno cristallizzato il mercato e protetto la posizione
degli operatori già attivi. Scrive infatti la Corte: "l'applicazione in
successione dei regimi transitori strutturati dalla normativa nazionale a
favore delle reti esistenti ha avuto l'effetto di impedire l'accesso al
mercato degli operatori privi di radiofrequenze. Questo effetto restrittivo
è stato consolidato dall'autorizzazione generale, a favore delle sole reti
esistenti, ad operare sul mercato dei servizi radiotrasmessi. Tali regimi
hanno avuto l'effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e
di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su detto
mercato".
E se il limite al numero di operatori nazionali potrebbe
essere giustificato, aggiunge la Corte Ue, "da obiettivi d'interesse
generale", questo "dovrebbe essere organizzato sulla base di criteri
obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati". Conclusione?
L'assegnazione "in esclusiva e senza limiti di tempo delle frequenze ad un
numero limitato di operatori esistenti, senza tener conto dei criteri
citati, è contraria ai principi del Trattato sulla libera prestazione dei
servizi".
Sul pronunciamento della Corte europea si è espresso il ministro
delle Comunicazioni Paolo Gentiloni: "La Corte di Giustizia europea
ha ragione: il regime italiano di assegnazione delle frequenze televisive è
contrario al diritto comunitario - commenta il Ministro in una nota stampa -
A questa consapevolezza si è sempre ispirata l'azione del governo, nelle
proposte legislative e negli atti politici e amministrativi".
Sulla sentenza, che riconosce il diritto di Europa 7 di
vedersi assegnate le frequenze, e "riconoscendo la fondatezza di tale
diritto", continua Gentiloni, "il Ministero delle comunicazioni aveva
segnalato il 15 novembre 2006 alla Presidenza del Consiglio la necessità di
modificare la posizione sostenuta in giudizio dall'Avvocatura dello Stato. E
al riconoscimento di tale diritto si ispira il mio Disegno di Legge che
assegna a chi è titolare di concessione la priorità per le frequenze
liberate dal trasferimento di due reti in digitale".
"Aprire ai titolari di concessioni e a nuovi soggetti il
mercato delle frequenze è uno dei principi ispiratori, oltre che del disegno
di riforma TV, del bando di gara per l'assegnazione di frequenze disponibili
- il primo mai fatto in Italia - e dell'accordo sulla Sardegna che per la
prima volta prevede la restituzione di frequenze allo Stato e la loro messa
a gara - conclude Gentiloni - In questi venti mesi si sono finalmente mossi
i primi passi per ripristinare le regole del diritto e della concorrenza nel
sistema delle frequenze televisive. Ora, nonostante l'interruzione
anticipata del Governo Prodi, la soluzione di questi problemi non può essere
rimessa soltanto alla Magistratura. La legge vigente dovrà comunque essere
modificata in Parlamento, anche per far fronte alle incombenti procedure di
infrazione comunitaria".
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