A poco
più di un anno dall'inizio del suo pontificato, Benedetto XVI sembra
mantenere le promesse di una caratterizzazione forte del proprio passaggio
sulla cattedra di Pietro.
Quello di "papa della transizione" non sembra proprio essere un ruolo ambito
dal papa tedesco: dopo essere stato protagonista della linea conservatrice
della curia romana sotto Giovanni Paolo II, oggi Benedetto XVI persegue una
linea di governo caratterizzata da un'esigenza di riforma in senso ortodosso
dei meccanismi ecclesiastici, pur continuando, nel contempo, a garantire la
necessaria apertura verso le chiese giovani e verso la tanto agognata
evangelizzazione dell'Asia.
Ratzinger non si è trovato a governare la chiesa in un momento facile: la
battaglia contro il referendum sulla procreazione assistita, i rapporti tesi
con il governo cinese e con quello spagnolo, la necessità di rinnovare gli
apparati curiali… Il papa ha dovuto far fronte a questioni importanti, la
cui gestione politica caratterizzerà l'attività della chiesa per gli anni a
seguire; rispetto a tutte queste difficoltà, Benedetto XVI ha mostrato di
avere una linea decisa e convincente, capace di catalizzare gli umori di
gran parte del mondo cattolico.
La nuova linea papale è improntata, quindi, ad una riforma della chiesa in
chiave "monastica", che guardi più a Gregorio VII che non al Concilio
Vaticano II, la cui eredità verrà ulteriormente smantellata, anche al di là
di quella che è stata la linea seguita da Wojtyla.
Quella di Ratzinger è e sarà sempre più una chiesa militante, coraggiosa,
aggressiva, capace di schierarsi con forza contro il "relativismo della
modernità", ponendo degli aut aut inflessibili ai cattolici. Questi saranno
costretti a scelte radicali, la cui ricaduta politica diverrà sempre più
insostenibile per le forze sociali progressiste.
Se oggi è ancora possibile far finta che gli appelli della chiesa siano
"generali" e rivolti a tutti gli uomini di buona volontà, presto dovremo
accorgerci che la linea della conferenza episcopale italiana (come quella di
tutti i collegi vescovili del mondo) sarà linea di parte, cui potranno
totalmente aderire solo i partiti della destra; le coalizioni "ambigue",
perché riformiste, verranno dilaniate dalle questioni che la chiesa metterà
sul tappeto. I governi, i partiti, la società civile, tutti saranno
costretti a schierarsi pro o contro le questioni morali che la chiesa
militante di Ratzinger porrà (e sta già ponendo) con una forza e un livore
inconsueti, pretendendo che diventino questioni di diritto.
A questo punto solo i partiti di destra potranno dare totale rappresentanza
politica all'antimodernismo cattolico, mentre le coalizioni progressiste
saranno destinate a spaccarsi, potendo solo proporre compromessi che la
curia romana ormai ritiene di non dover più accettare.
Questa dinamica si è già mostrata devastante nel caso del referendum sulla
procreazione assistita, in cui la convergenza tra la chiesa cattolica
(schieratasi in maniera compatta) e i partiti di destra è stata totale; lo
diventerà ancor di più nel tempo, quando la chiesa si farà sentire con le
battaglie su famiglia, pacs, diritti civili.
Il relativismo: il male che affligge la società
L'elezione di Ratzinger è stato il colpo finale inflitto ai cristiani
moderati e ai laici del dialogo: chi sperava in una chiesa conciliare,
aperta, almeno moderata se non proprio progressista, si è dovuto amaramente
ricredere.
Durante il conclave, infatti, ha avuto facile gioco la linea imposta da
Ruini e Ratzinger, improntata ad una vera "rivoluzione papale", in cui il
pontefice è capo di una chiesa non timida, ma in grado di difendere le
proprie scelte perché fedele al mandato del suo fondatore.
La corrente moderata, che ha come rappresentate di spicco il timido e
"flessibile" Tettamanzi, è stata messa fuori gioco dalla forza della
proposta conservatrice, il cui programma prevede, oltre all'affondamento del
"modernismo", un governo forte della chiesa, la sua ripulitura da elementi
non desiderabili o nell'occhio del ciclone per il proprio comportamento
inadeguato, il rafforzamento della formazione dottrinale e morale del clero,
il rilancio della nuova evangelizzazione (cioè l'evangelizzazione delle
terre da sempre cristiane e dell'Occidente in particolare) e dell'entusiasmo
missionario.
Ratzinger si è da subito presentato come il fustigatore del relativismo. Già
nella "Missa pro eligendo pontifice" egli aveva dichiarato che contro questo
"inganno degli uomini noi invece abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio,
il vero uomo", che è anche "la misura del vero umanesimo" e "il criterio per
discernere tra vero e falso, tra inganno e verità… Questa fede adulta
dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo". E
pazienza se "avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene
spesso etichettato come fondamentalismo".
Lo zelo (contro)riformatore del pontefice ha portato ben presto i suoi
frutti: la curia romana è stata epurata da alcuni elementi colpevoli di una
politica troppo dedita alla concertazione e al buonismo di facciata.
Una delle prime vittime del nuovo e più rigoroso corso vaticano è stato
l'arcivescovo Michael Fitzgerald, presidente del Pontificio consiglio per il
dialogo interreligioso, colpevole di una linea di eccessiva disponibilità
nei confronti di alcuni leader musulmani che approfittavano del
riconoscimento vaticano, pur portando avanti una politica fondamentalmente
anticristiana.
Vittima illustre del papa controriformatore è stato anche il cardinale
Angelo Sodano, segretario di stato e "nemico" di Ruini, cui dal 15 settembre
succederà Tarcisio Bertone, arcivescovo di Genova e aiuto di Ratzinger al
tempo della sua presidenza alla Congregazione per la dottrina della fede.
Sodano ha raggiunto i limiti di età, ma la sua sostituzione è sicuramente di
carattere politico: egli, infatti, ha trascurato l'Asia, continente al quale
la curia romana guarda con interesse almeno dagli inizi degli anni '90 e che
conta poco più del 2-3% di cattolici, a fronte di una immensa popolazione
che Ratzinger vede molto bene come bacino di utenza per la prossima
evangelizzazione clericale.
La questione israelo-palestinese
Inoltre Sodano è stato un grande ammiratore di Arafat , mentre
probabilmente il nuovo papa cercherà di avvicinarsi maggiormente allo stato
di Israele, anche se l'Osservatore Romano continua a seguire con
preoccupazione la crisi israelo-palestinese e i problemi diplomatici con
Israele non mancano.
La speranza di molti palestinesi è quella che il nuovo pontefice faccia
propria la politica di Giovanni Paolo II, che ha sempre voluto Gerusalemme
"città aperta", con una sovranità condivisa da israeliani e palestinesi,
cristiani, ebrei e musulmani. Inoltre Ratzinger porterà avanti anche l'idea
per cui l'esistenza e la sicurezza di Israele possono essere un elemento di
equilibrio della regione, purché compensate dalla soluzione del problema
palestinese. Sicuramente questa posizione non muterà, ma è anche
probabilmente vero che Ratzinger proseguirà questa linea distaccandosi dalla
tradizionale politica diplomatica della curia romana (come già in parte
aveva fatto Giovanni Paolo II) o, meglio, apportando profondi cambiamenti
nella composizione della curia stessa.
In ogni caso la preoccupazione principale del Vaticano è quella di ridare
fiato alla presenza cristiana nella regione. Infatti in Palestina i
cattolici rischiano di essere rappresentati sempre di più dall'archeologia
biblica, piuttosto che da una reale presenza umana in quei territori.
Nel 1948 a Gerusalemme vivevano 31 mila cristiani palestinesi, oggi sono
solo poche migliaia.
Quindi Ratzinger dovrà difendere la presenza della piccola comunità
cristiana e al contempo dovrà proseguire nella politica del dialogo con i
fratelli maggiori, gli ebrei. Come segnale di distensione Benedetto XVI ha
già fatto affiancare il patriarca latino di Gerusalemme Michele Sabbah,
filopalestinese convinto e patrocinato da Sodano, da un ausiliare più
moderato che gli succederà tra due anni.
Ripulire la sporcizia e riformare la liturgia (per riformare la chiesa
tutta)
Sodano, infine, ha difeso a spada tratta Marcial Maciel, fondatore dei
potenti "Legionari di Cristo", accusato di abusi sessuali sui suoi
seminaristi e di violazione del sacramento della confessione. Maciel, non è
stato sottoposto a processo canonico a causa dell'avanzata età e dei suoi
problemi di salute, ma la Congregazione per la dottrina della fede, con
approvazione del papa, gli ha imposto "una vita riservata di preghiera e di
penitenza, rinunciando ad ogni ministero pubblico".
L'affondamento di Maciel, un potente dotato di forti protezioni nelle alte
sfere, è uno degli atti di pulizia della "sporcizia" che il papa aveva
promesso e, guardando quanto in alto il nuovo papa arrivi a colpire, non c'è
proprio da dubitare sulle sue intenzioni riformatrici. Benedetto XVI sogna
una rinascita "cluniacense" della chiesa, e per raggiungere il suo scopo è
disposto a mettere in discussione anche le roccaforti della chiesa
contemporanea.
La necessità di un nuovo corso si intravede anche nell'esigenza di
ripristinare una liturgia legata maggiormente alla tradizione: in questo
caso Ratzinger sembra prender le distanze da Giovanni Paolo II.
Il papa polacco, infatti, aveva ammodernato la liturgia, soprattutto in
vista delle manifestazioni giovanili di massa.
Proprio per andare incontro ai gusti dei giovani, l'organizzazione musicale
che accompagnava le celebrazioni delle giornate mondiali della gioventù fu
affidata a monsignor Giuseppe Liberto, nominato con il consenso di Wojtyla
alla direzione del coro della Cappella Sistina, e molto più incline
all'utilizzo della musica "popolare". Ne fecero le spese monsignor
Bartolucci (nominato direttore perpetuo della Cappella Sistina nientemeno
che da Pio XII, nel 1956!) così come musica polifonica sacra e il
gregoriano, da Bartolucci tanto amati, ma soppiantati dal giovanilismo
imposto dalla "nuova evangelizzazione" voluta da Giovanni Paolo II.
Ratzinger sembra non preoccuparsi delle forme moderne del suo predecessore
(forme che, comunque, sottendevano un contenuto profondamente reazionario) e
anche la riabilitazione del Maestro Bartolucci, restituito al suo incarico
di Direttore della Cappella Sistina, testimonia della volontà del papa di
restaurare una liturgia tradizionalista anche nelle forme. Una liturgia che
meglio si presta a supportare il programma di controriforma antimodernista
di Ratzinger: giovani cattolici e movimenti ecclesiali (neocatecumenali, in
primis) sono pregati di adeguarsi senza discutere.
Conclusione
In questi ultimi mesi il papa ha dovuto gestire l'ennesima crisi con lo
stato cinese, la cui Associazione Patriottica ha nominato due vescovi senza
l'autorizzazione della Chiesa Romana. Come riferisce l'agenzia cattolica
Asia News "secondo le informazioni ricevute, Vescovi e sacerdoti sono stati
sottoposti - da parte di organismi esterni alla Chiesa - a forti pressioni e
a minacce, affinché prendessero parte a ordinazioni episcopali che, essendo
prive del mandato pontificio, sono illegittime ed, inoltre, contrarie alla
loro coscienza. Vari Presuli hanno opposto un rifiuto a simili pressioni,
mentre alcuni non hanno potuto fare altro che subirle con grande sofferenza
interiore. Episodi di questo genere producono lacerazioni non soltanto nella
comunità cattolica ma anche all'interno stesso delle coscienze".
Nello stesso tempo sta cercando di dare una spallata decisa al governo
Zapatero, per ostacolare le riforme del quale già nel 2005, vivo Wojtyla, il
Pontificio consiglio per la famiglia aveva organizzato il V incontro
mondiale per le famiglie a Valencia.
La politica del nuovo corso vaticano, dunque, si caratterizzata per un più
radicale impegno dei cattolici nella società, impegno che, per ammissione
dello stesso papa, è volto a scardinare le conquiste che tutti gli esseri
umani hanno ottenuto (dove sono riusciti a scardinare il potere delle
religioni) in termini di emancipazione e autodeterminazione. Il vaticano,
dopo aver epurato gli elementi più moderati e modernisti presenti nella
curia romana, è deciso a portare un attacco senza mezze misure alla
modernità, appoggiandosi e pilotando le forze politiche reazionarie e
costringendo i partiti di sinistra, già da tempo succubi della politica
clericale, su posizioni difensiviste e sempre più ambigue.
Sembra sempre più urgente l'organizzazione di una risposta laica,
anticlericale e anarchica nei confronti di una politica violentemente
reazionaria che, appoggiata dai partiti di destra e di centro, e subita
passivamente dai partiti della sinistra, non potrà avere che negli anarchici
e negli anticlericali degli oppositori decisi e coerenti. La posta in palio
è alta, perché è forte la possibilità che il progetto teocratico
neoconservatore blocchi l'emancipazione di tutti noi per gli anni a venire.
Paolo Iervese
Fonte: http://www.ecn.org/uenne/
Link: http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un28/art4374.html
Umanità Nova, n 28 del 17 settembre 2006, anno 86
17/09/2006 Archivio Notizie Papa ed Islam
Archivio Vaticano
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