Sempre più probabile il
legame fra la protesta del mondo islamico contro il papa e l’assassinio
della religiosa italiana a Mogadiscio. Le reazioni in Italia, le
preoccupazioni e le speranze in Vaticano, il dolore e il ricordo dei
familiari.
''Perdono, perdono''. Sono state le
ultime parole di suor Leonella prima di morire. L'ultima testimonianza
di una vita spesa totalmente per gli altri, nella totale fiducia in
qualcosa di più grande. “Se dovrà succedere, succederà. Altrimenti, la
pallottola mi passerà solo vicino”, aveva detto più volte alla sorella
Giuseppina in risposta ai suoi costanti inviti a “stare attenta”. No, le
pallottole non le sono passate vicino: l’hanno colpita, e l’hanno
uccisa. Nel cuore di Mogadiscio, la capitale di una Somalia dove la
religiosa, originaria della provincia di Piacenza, appartenente alla
congregazione delle Missionarie della Consolata, prestava servizio con
tre sue consorelle presso l’Ospedale di SOS Villaggi dei Bambini:
l’unica struttura medica con un reparto pediatrico-ginecologico nel
raggio di centinaia di chilometri. Da ieri, non funziona più: la sua
attività è sospesa, a tempo indefinito.
"RAPPRESAGLIA". Suor Leonella. Le hanno sparato tre
colpi alle spalle, e con lei hanno ucciso anche il guardiano
dell’ospedale: due corpi senza vita, il dolore delle famiglie e il
sospetto che l’assassinio possa essere legato al clima di
contrapposizione fra Islam e cristianesimo diffusosi dopo le decise
contestazioni mosse a papa Benedetto XVI in merito al
discorso da lui
pronunciato all'università di Regensburg la scorsa settimana. Un
clima teso che proprio ieri, quando ancora non si era diffusa la notizia
dell’omicidio, aveva spinto il pontefice a
chiarire di persona
il senso delle sue parole. Finora nessun elemento lega
esplicitamente le due vicende (tanto più che Mogadiscio è di per se
stesso un luogo molto pericoloso) ma i sospetti e i timori che la suora
sia stata colpita per “rappresaglia” purtroppo restano. E con il passare
delle ore, anzi, si rafforzano. Certamente l’assalto è stato
premeditato: dei due, forse tre killer, uno è stato arrestato. E se
immediata ieri pomeriggio è stata la condanna (“atto barbarico”) dello
sceicco Mukhtar Robow, numero due della sicurezza di quelle Corti
islamiche che controllano ampie zone del paese, appoggiano e influenzano
il debole governo di transizione riconosciuto dalla comunità
internazionale e predicano apertamente l’introduzione della Sharia in
tutto il paese, a tarda sera è poi giunta la dichiarazione di una non
meglio precisata “fonte interna alle Corti”: “C’è una concreta
possibilità che le persone che hanno ucciso la suora” – ha detto
all’agenzia di stampa Reuters – “lo abbiano fatto in rappresaglia per i
recenti commenti del papa contro l'Islam”. Situazione incendiaria,
dunque, quella di Mogadiscio, con all’orizzonte (questione di due
settimane) il dispiegamento di ottomila soldati inviati dai paesi
dell’area in missione di pace. Il pericolo in Somalia è pane quotidiano.
VATICANO. Reazioni in Somalia, reazioni in Vaticano.
“Un episodio orribile”, l’uccisione di suor Leonella, secondo padre
Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Un
commento a caldo che poi - a testimonianza della grande preoccupazione
che serpeggia nel Palazzo Apostolico – si è fatto più definito: “Mi pare
che sia un episodio frutto della violenza e dell'irragionevolezza:
l'attuale situazione non ha motivo e fondamento. Seguiamo con
preoccupazione le conseguenze di questa ondata di odio sperando che non
portino a conseguenze gravi per la Chiesa nel mondo. Speriamo resti un
fatto isolato”. Non può far altro che “sperare” anche il cardinale Paul
Poupard, alla guida del dicastero vaticano per il dialogo
interreligioso: “Questa onda di violenza verbale si è trasformata in
violenza tout court. Speriamo che le parole così chiare pronunciate
all’Angelus dal papa siano sufficienti a placare questa ondata che va
fuori da ogni modo sensato di ragionare”.
SUOR LEONELLA. Suor Leonella vedeva duecento-trecento
persone al giorno: con il personale dell’organizzazione non governativa
SOS – sei medici e quindici infermieri professionali, presenti anche
durante la guerra civile – garantiva assistenza a mamme e bambini.
Infezioni del sistema respiratorio, tubercolosi, diarree, malnutrizione:
queste le compagne quotidiane di suor Leonella, suor Marzia, suor
Annalisa, suor Gianna Irene. Fino a ieri, fino al momento degli spari,
fino al momento della chiusura dell’ospedale, fino al momento della fuga
a Nairobi. Fino alle lacrime. “Mia sorella non tornerà più” – dice la
signora Giuseppina, a Milano - “non tornerà perché lei voleva essere
seppellita in Kenya, quella era la sua casa”. In Kenya, non in Somalia,
perché era lì che suor Leonella aveva trascorso la gran parte della sua
vita di missione. “Una persona attenta, valida e capace”, nel ricordo di
Paolo Villa, il nipote, figlio di Giuseppina; “una persona che sapeva
gestire le missioni difficili perchè era anche molto dolce. Era venuta a
Milano l'ultima volta per Natale: ci aveva detto che Mogadiscio era una
città a rischio, e sapeva che le poteva capitare qualcosa. Questo però
rientrava anche nel suo compito di missionaria, quello di affrontare le
situazioni difficili per insegnare la professione di infermiera”.
Era infatti diplomata in Ostetricia, suor Leonella, o – come la
chiamavano i parenti – “Rosetta” (dal suo vero nome, Rosa Sgorbati): una
esperienza maturata sul campo, tutta la professionalità di chi a 66 anni
ancora insegnava un mestiere sentito come bello e pieno di umanità. Era
entrata in istituto nel 1963, all’età di 23 anni e poi nel 1970 era
partita per il Kenya, restandoci trentadue anni. Una vita. Solo dal 2002
si era spostata in Somalia, con negli ultimi mesi una pausa di qualche
settimana, dovuta a problemi con il visto, poi risolti. “Preferiva
rinunciare alle proprie ferie in Italia perchè temeva poi di non
ripartire”, ricorda don Francesco Bonzanini, parroco nella frazione di
Rezzanello a Gazzola, paese d’origine della religiosa uccisa.
REAZIONI. Alla Casa Generalizia delle Missionarie della
Consolata non può che esserci “sgomento”: suor Giuseppina Franco ricorda
una religiosa “cosciente dei rischi” ma lontana da sentimenti di paura,
disinteressata alla sua difesa e protezione e “preoccupata solo di
condividere la sua gioia e i suoi talenti con gli altri”. “La riteniamo
una persona che ha dato tutta se stessa e la sua vita per il popolo
somalo” – aggiunge suor Gabriella Bono, madre generale delle missionarie
della Consolata: “Se questo significa essere martiri, allora lei lo è”.
E padre Giulio Albanese, missionario comboniano e fondatore dell’agenzia
Misna, per tre volte a diretto contatto con l’ospedale SOS, aggiunge:
“Se dovessi trovare un modo per definire queste suore, il migliore
sarebbe 'caschi blu di Dio'; sono questi gli italiani che fanno onore
alla patria e meriterebbero i funerali di Stato, senza nulla togliere ai
nostri soldati caduti in missione".
Anche dal mondo politico ed istituzionale italiano sono arrivati
messaggi di cordoglio, dolore e preoccupazione. Su tutti, quello del
presidente della Repubblica Giorgio Napoletano: “La notizia del barbaro
assassinio di suor Leonella e della sua guardia del corpo nell'ospedale
pediatrico di Mogadiscio, dove la religiosa assolveva alla sua missione
umanitaria, rappresenta un crimine orrendo. E' stata colpita una donna
che aveva dedicato la sua vita al servizio dei più deboli, dei più
indifesi e dei più bisognosi, al di là di ogni distinzione etnica o
religiosa, offrendo una esemplare testimonianza di amore e di dedizione
alla causa della solidarietà e della pace tra i popoli”.
17/09/2006 Archivio Notizie Papa ed Islam
Archivio Vaticano
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