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18/09/2006 Tutte le Facce (Squallide) di una Polemica (http://www.korazym.org)

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La strumentalizzazione dei paesi islamici, l'ignavia dell'Occidente, la distorsione di alcuni media. Dalla polemica contro il papa, in tanti escono in modo indecoroso. Fatti che interpellano l’intelligenza di un’umanità che sembra aver perso la bussola.

Una pagina triste e anche inutile della storia degli ultimi anni. Inutile (almeno secondo logiche terrene) come la morte di suor Leonella, vittima di odio e proteste immotivate. Perché le polemiche contro Benedetto XVI sono nate da una distorsione del significato della sua lezione magistrale a Regensburg. Da parte della Santa Sede c'è stata la massima disponibilità a sottolineare il concetto: prima attraverso il direttore della sala stampa, padre Federico Lombardi; poi con le dichiarazioni del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, e infine con le parole dello stesso pontefice che all'Angelus domenicale ha chiarito in modo definitivo la sua posizione. Un impegno anche comunicativo come dimostra la diffusione delle dichiarazioni di Bertone in arabo e del testo dell'Angelus, sia in inglese che in francese. Il risentimento e le implicazioni politiche dei fatti degli ultimi giorni, tuttavia, rimangono come un macigno e interpellano l’intelligenza di un’umanità che sembra aver perso la bussola. 

Sono sostanzialmente due i nodi da mettere in evidenza che fanno riferimento alle posizioni assunte da Occidente e mondo islamico, entità che molto spesso vengono impropriamente definite come due grandi blocchi. Dalla vicenda del papa, entrambi sono usciti con le ossa rotte, anche se sarebbe stata preferibile una faccia rossa dalla vergogna. La politica e la diplomazia, infatti, hanno dato il peggio di sé, insieme a capi e capetti religiosi pronti a fomentare le masse di turno.

Sconcerta in primo luogo il ruolo dei governi dei paesi islamici che hanno cavalcato in modo spregiudicato la polemica, confermando il sottile intreccio tra sfera religiosa e politica, già emerso nel caso delle vignette su Maometto. La protesta è montata secondo uno schema già visto: le dichiarazioni del papa sono state decontestualizzate, suscitando alcune reazioni isolate, per poi confluire nella predicazione delle moschee nel giorno festivo del venerdì e diventare oggetto di contesa politico-diplomatica con i passi ufficiali dei diversi governi. Un caso creato ad hoc, in paesi non proprio democratici, dove ogni forma di protesta è promossa o quanto meno tollerata dalle autorità. Le manifestazioni unilaterali con tanto di striscioni stampati con cura non sorprendono e rendono bene l’idea dei tanti fronti interni che non aspettano altro che essere provocati. Posizione diversa è quella degli esponenti religiosi e culturali, a cominciare dall’atteggiamento dell’autorevole università sunnita Al-Azhar del Cairo, che il 4 e 5 settembre ha partecipato all’incontro interreligioso promosso ad Assisi dalla Comunità di Sant’Egidio, salvo poi chiedere appena 10 giorni dopo la chiusura della commissione per il dialogo con il Vaticano. E i casi sono due: o si è in presenza di strabismo politico-religioso, oppure di semplice malafede.

L’altra faccia della medaglia è stata l’inettitudine dei governi occidentali. Il cristianesimo si muove senza dubbio in un’ottica universale, ma sarebbe stupido negare il suo legame con la cultura europea e anglosassone. Invece, gli stessi paesi che al tempo delle vignette su Maometto scesero in campo (seppur con opinioni diversificate), questa volta hanno preferito il silenzio. Se si escludono le prese di posizione del cancelliere Angela Merkel e di un portavoce dell’amministrazione americana e la timida dichiarazione del premier italiano Romano Prodi, i capi di Stato e di governo non hanno detto una parola, non tanto in difesa del papa, quanto per riaffermare principi e valori universali come il rifiuto della violenza.

La politica non deve entrare nel merito di dispute teologiche, ha pontificato il socialista Bobo Craxi: concetto condivisibile nel caso la polemica fosse rimasta nell’ambito religioso. Eppure, viene da chiedersi se la politica non abbia niente da dire, nel momento in cui contro il papa si esprimono campioni di democrazia come il presidente iraniano Ahmadinejad, da cui il mondo civile aspetta ancora delle scuse per aver negato l’Olocausto. L’Unione Europea, in particolare, ha continuato a fare finta di niente e ad affidarsi ai buoni uffici di persone come Jonathan Todd, portavoce della Commissione, che alla richiesta di un commento, si è limitato a dire che “la Commissione europea è favorevole alla tolleranza religiosa”. Come se il papa non lo fosse. Ignavia, ignoranza, timidezza diplomatica? Forse, ma rende meglio l’idea parlare di persone e commenti “diversamente intelligenti”, ovvero stupidi.

Definizione utile anche per descrivere il ruolo svolto da molti media, a cominciare dal New York Times e dal Guardian che hanno dimostrato superficialità e approssimazione nel pretendere da Benedetto XVI l’impossibile: ovvero la giustificazione di cose mai dette. Per questo è sbagliata la scelta di testate come il Corriere della Sera, che nel suo sito continua a titolare “Il papa chiede scusa ai musulmani”, quando invece chi ha ascoltato l'Angelus sa bene che Benedetto XVI ha semplicemente chiarito il suo pensiero, senza mai ritrattarlo. Come spiegato dal vescovo di Terni, mons. Vincenzo Paglia, intervenuto al programma  A sua immagine, la palla passa piuttosto al clero islamico, a quel popolo delle moschee che, nella stessa misura in cui ha dato origine all'offensiva anticristiana, è chiamato adesso a tornare a più miti consigli.

  • 17/09/2006 Archivio Notizie Papa ed Islam
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