Jihad della parola, la nuova arma del
terrore
di Magdi Allam
Corriere della Sera.it - Editoriali e commenti
20 settembre 2006
Dice Allam sul "Corriere della Sera", il 12
settembre 2006 con il discorso del papa a Regensburg, è iniziata una
nuova fase della guerra terroristica globale dei fondamentalisti
islamici, che non sappiamo bene come finirà. Il testo del commento.
Il papa si è scusato o no con l'islam? Sembra che oggi, all'udienza
generale in Vaticano, il papa dovrebbe sostanziare meglio le sue
«scuse». O almeno questa è l'attesa di quanti, tra i musulmani e gli
occidentali, considerano insufficienti l'espressione di «rammarico» e la
presa di distanza dalla citazione su Maometto dell'imperatore bizantino
Manuele II Paleologo all'università di Ratisbona. Si può ragionevolmente
immaginare che una maggioranza formata dai cosiddetti musulmani
moderati, finora appiattiti sulle posizioni degli estremisti islamici,
nonché dai buonisti, laicisti e multiculturalisti nostrani, saranno
persuasi a «perdonare» il papa. Mentre Al Qaeda e gli altri burattinai
del terrorismo islamico continueranno a elargire minacce e condanne a
morte, a massacrare cristiani e distruggere chiese. In entrambi i casi è
una sconfitta del principio della libertà di espressione, cardine della
civiltà occidentale e dell'uomo. Non ci siamo resi del tutto conto del
significato profondo del fatto che il papa sia stato costretto a
giustificarsi, forse anche a scusarsi e a ritrattare, per una sua
legittima valutazione sull'islam. Che rappresenta, in assoluto come
persona, l'esercizio del diritto alla libertà d'espressione e, in
particolare come capo della Chiesa cattolica, l'esercizio di un dovere
religioso. Ecco perché non è solo e non è tanto una sconfitta per la
Cristianità, bensì per tutti noi, persone libere e orgogliose dei valori
fondanti della nostra umanità, indipendentemente dalla nostra fede,
nazionalità e cultura.
Ci rendiamo conto che siamo arrivati al punto che si nega al papa il
diritto di esprimere una valutazione sull'islam difforme da quella dei
musulmani, così come naturalmente e ragionevolmente deve essere tra due
religioni non solo diverse, ma profondamente in contrasto sul piano
della teologia e della filosofia di vita? Ci rendiamo conto che siamo
già in una fase buia della nostra epoca in cui dobbiamo sottometterci in
tutto e per tutto all'«islamicamente corretto», in cui si è condannati a
morte se si descrive la verità storica sulle guerre intraprese da
Maometto e dai suoi successori per diffondere l'islam, in cui siamo
sanzionati se definiamo terrorismo islamico le barbarie commesse da Bin
Laden e dai criminali che massacrano perlopiù altri musulmani nel nome
di Allah? Questa pericolosissima involuzione del pensiero e dell'etica
avviene all'insegna di una strategia deliberata, pianificata, finanziata
e attuata dagli estremisti islamici, definibile la «Jihad della parola».
Se l'11 settembre 2001 ha rappresentato il culmine della Jihad del
terrore, con il più sanguinoso attentato al cuore della superpotenza
mondiale, il 12 settembre 2006 costituisce il livello più alto della
Jihad della parola, con il più insidioso attacco verbale al leader
spirituale che oggi più di altri incarna i valori e gli ideali
dell'Occidente.
La Jihad della parola si fonda sulla consapevolezza che il nemico,
ovvero noi tutti (compresi coloro che oggi irresponsabilmente fanno da
sponda agli estremisti islamici), saremo sconfitti quando ci
autocensureremo volontariamente, quando saremo soggiogati dalla paura di
dire ciò che pensiamo e di essere ciò che siamo, quando il terrore di
ciò che potrebbe accaderci ci lacererà interiormente e paralizzerà
totalmente. Purtroppo, così come attesta la reazione sconsiderata di
tante «autorevoli» testate occidentali, viviamo sotto una cappa di
mistificazione della realtà, che vorrebbe farci credere che l'11
settembre è un complotto della Cia e del Mossad e che il 12 settembre è
un complotto di Benedetto XVI. La verità è che siamo in una fase
cruciale della storia contrassegnata, da un lato, dalla guerra del
terrorismo islamico e, dall'altro, dal nichilismo occidentale. L'impegno
del Papa è volto a impostare il dialogo con l'islam nella consapevolezza
della diversità religiosa e sulla base del rispetto e della condivisione
dei valori fondanti della nostra umanità, in primis la sacralità della
vita e la dignità e libertà della persona. E, al tempo stesso, ad
affermare una civiltà dell'uomo che rifugga dal relativismo religioso,
valoriale e culturale. Ecco perché oggi il papa rappresenta il baluardo
a difesa della libertà e della civiltà di tutti noi.
17/09/2006 Archivio Notizie Papa ed Islam
Archivio Vaticano
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