Dopo l’incontro del papa con i rappresentanti
musulmani reazioni improntate al rispetto reciproco e alla necessità del
dialogo. Ma c’è ancora chi non molla, e continua a chiedere le scuse del
pontefice. Uno sguardo d’insieme alle reazioni islamiche.
Sorrisi e strette di mano, ma ancora c’è chi non si accontenta. Il
giorno dopo il nuovo capitolo del dialogo fra cristianesimo e Islam, con
l’incontro del papa con ventidue ambasciatori di paesi a maggioranza
islamica e sedici rappresentanti musulmani in Italia, c’è ancora chi
chiede a Benedetto XVI di formulare “scuse chiare” per la ormai
celeberrima citazione medioevale pronunciata nel suo discorso di
Regensburg, due settimane fa. E ad insistere sono ad Egitto proprio i
rappresentanti di uno fra i centri più influenti del mondo sunnita,
l’Università di Al Azhar: quando a parlare sono il rettore e l’imam di
Al Azhar è l’intero mondo musulmano che ascolta attentamente. Più volte
protagonisti del dialogo interreligioso (il rettore è stato presente
anche al recente incontro interreligioso promosso ad Assisi dalla
Comunità di Sant’Egidio), la posizione sulla polemica del momento non
accenna a cambiare e il portavoce Osama Hassan conferma in un colloquio
con l’agenzia Ansa che “tutto quello che (il papa, ndr) ha detto non
sono le scuse chiare che al Azhar ha chiesto, ma solo un modo di
aggirare le dichiarazioni precedenti per placare la rabbia”. Una
istituzione, Al Azhar, strettamente legata ai Fratelli musulmani, che
infatti con un loro esponente, Mohamed Habib, insistono nell’affermare
che “il papa deve avere il coraggio e l’audacia di riconoscere il suo
errore sull’Islam e su Maometto”. Il bastone e la carota, con il Grande
Imam della Moschea di Al Azhar, lo sceicco Mohamed Sayed Tantawi, ad
assicurare che il dialogo con il Vaticano – bontà sua - comunque
continuerà, nonostante la grande “ignoranza sull’islam” dimostrata da
Benedetto XVI.
Reazioni queste che certamente nel mare magnum del clima cordiale
seguito all’incontro di Castelgandolfo devono essere relativizzate, ma
che nondimeno sono lo specchio di una difficoltà perenne, quella di
individuare interlocutori coerenti. Il “doppio gioco” attuato da
numerosi esponenti musulmani, prodighi di parole accomodanti negli
incontri interreligiosi e internazionali ma assai poco univoci nel
prendere le distanze da atteggiamenti di violenza ideologica e fisica,
rimane qualcosa di cui tener conto. Ad iniziare dalle voci circolate
proprio ieri mattina riguarda ad una possibile visita del papa
all’università di Al-Azhar: niente di più che “fanta-religione”, allo
stato attuale, dal momento che la proposta partita da mons. Hanna Golta
(vescovo copto ausiliare della diocesi di Alessandria) durante un
incontro con il ministro degli affari religiosi egiziano e con il nunzio
mons. Michael Fitzgerald (fino a poco tempo fa presidente del Pontificio
consiglio per il dialogo interreligioso) non ha suscitato il benché
minimo entusiasmo.
E come se non bastasse, ancora diffidente la reazione dei grandi network
televisivi del mondo islamico, prontissime a ricordare anche stavolta
l’insussistenza delle scuse fornite dal Vaticano. “Il papa evita le
scuse e invita a un dialogo vero e franco”, titola Al Jazeera, che ha
trasmesso in diretta le immagini dell'udienza di Castel Gandolfo. “Il
papa non ha presentato le sue scuse ed esprime il suo rispetto per la
religione islamica”, le fa eco immediato Al Arabiya, che rileva: “Il
pontefice ha chiesto ai rappresentanti islamici di ripudiare la violenza
e li ha invitati al dialogo”.
Ad ogni modo, l’incontro con i diplomatici musulmani si è rivelato un
momento positivo, ampiamente ripreso dai media internazionali e da
quelli del mondo islamico in particolare. Anche l’Osservatore Romano,
come già accaduto nei giorni scorso, ha pubblicato il testo del discorso
del papa in lingua araba, in modo da evidenziare i legami di amicizia e
di solidarietà fra Santa Sede e comunità musulmane nel mondo. Ad essere
rappresentati sono stati a Castelgandolfo Kuwait, Giordania, Pakistan,
Qatar, Costa d'Avorio, Indonesia, Turchia, Bosnia Erzegovina, Libano,
Yemen, Egitto, Iraq, Senegal, Algeria, Marocco, Albania, Siria, Tunisia,
Libia, Iran e Azerbaigian, oltre alla Lega degli Stati Arabi. Assente
invece il Sudan, che non ha accolto l’invito vaticano. La consulta
islamica italiana si è presentata quasi al completo, presenti anche il
Centro islamico culturale d'Italia e l'Ufficio della Lega musulmana
mondiale.
Uno sguardo proprio alle dichiarazioni dei musulmani italiani:
“Invitiamo il mondo islamico ad accogliere le parole di grande stima e
riconoscimento pronunciate dal pontefice per continuare sul percorso del
dialogo”, affermano due membri della Consulta per l' Islam italiano,
Khalid Chaouki e Mohamed Saady, copresidente dell' Anlof- Cisl
(Associazione nazionale oltre le frontiere). E di “inizio di una nuova
tappa” parla Abdellah Redouane, segretario generale del Centro culturale
islamico di Roma: “L’incontro è andato benissimo: abbiamo superato le
tensioni degli ultimi giorni ed ora dobbiamo intensificare le
iniziative, sia da parte musulmana che cristiana, per favorire il
dialogo tra le due grandi religioni”. Interessanti anche le parole della
Ucoii, la Unione delle comunita' islamiche in Italia: una lettera
consegnata al papa e firmata dal presidente Mohamed Nour Dachan,
presente all'incontro, rilancia l'appello a Benedetto XVI affinché
voglia ''patrocinare la V Giornata del Dialogo Cristiano-Islamico che
ormai dal 2002 si celebra in occasione dell'ultimo venerdì di ramadan,
quest'anno il 20 ottobre”. L’associazione fortemente criticata non più
tardi di un mese fa per l’equiparazione dei raid israeliani in Libano
alle stragi attuate dai nazisti rivendica di aver tenuta una condotta
“di estrema cautela” nella vicenda Ratisbona, dando un colpo al cerchio
e uno alla botte: da un lato parla di una “fraterna critica” rivolta al
papa per quella citazione inopportuna, dall’altro ricorda la “scarsa
consistenza islamica” di alcuni dei soggetti che quell’incidente
diplomatico hanno contribuito ad alimentare: “un dirigente, erroneamente
presentato come gran Mufti della Turchia, di Dyanet, l'agenzia di stato
turca per gli affari religiosi, un organismo fortemente delegittimato” e
poi ancora “il parlamento pakistano in crisi per la vicenda afgana” e
perfino “Al Fatah”. Per il rappresentante in Italia della Lega musulmana
mondiale, l' ambasciatore Mario Scialoja, l' incontro di oggi segna la
“ripresa di un cammino che era stato interrotto a seguito dell'
incidente di Ratisbona, tra l' altro ingigantito da una parte del mondo
islamico al di là di ogni ragionevole misura”.
Pensa al futuro invece Souad Sbai, giornalista marocchina membro della
Consulta islamica: “Avere distorto il significato del discorso
pronunciato a Ratisbona è stato un pretesto per dare sfogo agli
estremisti che rifiutano il dialogo con il Vaticano e con il mondo
occidentale: ora tutti i componenti della Consulta sono chiamati a
votare la Carta dei Valori e dei Principi proposta dal ministro degli
Interni Amato. Chi si rifiuterà di siglarla” – avverte – “deve essere
espulso dalla Consulta, altrimenti non si potrà portare avanti alcun
progetto comune”. E così la religione si lega alla politica interna:
appuntamento il 3 ottobre al Viminale.
17/09/2006 Archivio Notizie Papa ed Islam
Archivio Vaticano
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