Nella
sua insuperata e insuperabile "Commedia", al canto terzo dell'Inferno Dante
parla de "l'ombra di colui che fece per viltate il gran rifiuto"; la critica
dantesca, appassionata dagli infiniti riferimenti contenuti nell'opera poetica,
ancora una volta si divide tra due interpretazioni in particolare. La prima
vuole che ci si rivolga a Celestino V, il quale abdica dopo le pressioni di
Bonifiacio VIII, che appoggiava i guelfi neri nella guerra contro i bianchi,
proponendosi dunque nello scenario politico come un gran nemico del poeta di
Firenze. Ma Celestino, non sopportando il peso delle pressioni, abdica e non
"rifiuta", quindi qualche dubbio rimane.
L'altro personaggio ipotizzato è Ponzio Pilato, di cui tutti conosciamo la
storia. Il suo "lavarsi le mani" possiamo dire abbia inaugurato un genere di
comportamento, nella politica come nella società moderna. Anche se, come il
Sommo insegna, i tempi di Dante in fatto di corruzione e giochi di potere non
erano propriamente digiuni. Anzi.
Ma rinfrescarsi la memoria grazie a questo passaggio della più importante opera
della storia della letteratura italiana, ci aiuta a ricordare che il diritto di
critica da parte del "mondo intellettuale" (per definirlo così), risale a secoli
e secoli fa, e che forse prima godeva addirittura di una maggiore libertà
rispetto a oggi. Per chi rimanesse scettico di fronte a tale chiave di lettura,
può agevolmente saltare dal terzo al diciannovesimo canto dell'Inferno, dove i
pontefici (alcuni pontefici ben precisi) vengono messi non solo nel territorio
del diavolo, ma a testa in giù, con i piedi a bruciare: bramosi di ricchezze
ottenute con simonie ed indulgenze, il loro contrappasso è servito. Chi avrebbe
oggi il coraggio di raffigurare Benedetto XVI non tanto tra i demoni, ma almeno
in Purgatorio?
Accade così che dopo giorni di dibattiti e dibattimenti, causa la
presenza-intervento del Papa giovedì prossimo in occasione dell'inaugurazione
dell'Anno Accademico dell'Università "La Sapienza", alla fine Ratzinger opta per
il colpo di teatro, rifiutando appunto l'invito che tanto clamore ha suscitato.
Il Vaticano infatti giustifica la decisione parlando di "un problema più di
immagine che di sicurezza per l'incolumità del santo padre". La visita viene
dunque annullata per motivi di opportunità legati più che altro all'effetto che
avrebbe potuto avere una contestazione ripresa dalle telecamere, che di certo
avrebbe fatto rapidamente il giro del mondo. Le reazioni giungono rapide e
copiose.
Tralasciando quelle di matrice destrorsa e conservatrice, che all'unanimità
parlano di "vittoria dei violenti" e "vergogna nazionale", si registrano le
dichiarazioni del ministro della Ricerca scientifica Fabio Mussi, invitato tra
gli altri all'inaugurazione: "Sono sinceramente rammaricato. E' uno sbaglio aver
creato le condizioni per cui il Papa abbia dovuto rinunciare alla sua visita
all'Università La Sapienza. L'Università deve essere un luogo che accoglie e non
respinge". A ruota quella del ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe
Fioroni: "Tappare la bocca, a chiunque, non è mai una vittoria per nessuno". Il
premier Prodi incalza: "Un clima inaccettabile. Condanno chi ha provocato
tensioni inaccettabili. Esprimo e provo profondo rammarico per la decisione del
Pontefice". La chiosa è del sindaco Veltroni: "E' una sconfitta della cultura
liberale e di quel principio fondamentale che è il confronto delle idee ed il
rispetto delle istituzioni".
Rimane il fatto che ci troviamo di fronte a una figura che, al di là della
componente religiosa, rappresenta lo Stato Vaticano, cioé uno Stato diverso da
quello italiano. E se è pur vero che gli ospiti vanno accolti nella maniera
dovuta, è altrettanto pacifico che gli ospitati dovrebbero contribuire a farsi
ben volere. Soltanto pochi giorni fa, parlando di Roma, non dimentichiamo come
il santo padre abbia disinvoltamente citato il termine "degrado", salvo poi una
marcia indietro sostenuta dalla teoria dell'incomprensione dovuta agli "organi
di stampa", che ricorda giochetti di bassa politica che per rispetto non stiamo
neanche a commentare.
Tralasciamo poi le varie perplessità suscitate in un paese laico, come sulla
carta (costituzionale) dovrebbe essere il nostro, da esternazioni come quelle di
Ratisbona nei confronti di altre credenze, mentre il figlio di Dio (siamo tutti
figli di Dio) Piergiorgio Welby non ha potuto veder terminare la propria atroce
sofferenza nel conforto della Chiesa cattolica. Ci sarebbe inoltre da valutare
il ruolo avuto per circa trent'anni da Ratzinger nell'aggiornare e controllare
che fossero rispettati i dettami del "Crimen Sollicitationis", documento con il
quale le autorità ecclesiastiche fanno recapitare ai vescovi di tutto il mondo
una sorta di vademecum, per fare in modo che non si rendano note notizie e
informazioni che potrebbero mettere sotto accusa di pedofilia preti e altre
categorie clericali, almeno fino a quando ad indagare non sia stata prima la
Chiesa stessa. Ma questa è un'altra storia.
Gli studenti, che erano riuniti in assemblea in un'aula della facoltà di Scienze
Politiche, hanno accolto con un fragoroso applauso la notizia che il Papa non
interverrà alla cerimonia di inaugurazione dell'Anno accademico.
Chissà come avrebbe reagito il padre della lingua italiana.
Emiliano Sbaraglia - aprileonline
16 gennaio 2008 |
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Archivio Vaticano
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