E'
successo come in altre occasioni, ma stavolta, se possibile, con
maggior forza e arroganza. Non appena il Capo dello Stato, Giorgio
Napolitano, ha invitato il parlamento ad aprire il dibattito
sull'eutanasia, provocando un'accellerazione dell'iter politico per
gli otto disegni di legge presenti in Senato sull'argomento, ecco
che subito, da Oltretevere, la Chiesa ha rivendicato la propria
esclusiva nel dire l'ultima parola su tutto ciò che attiene alla
vita e alla morte.
Stavolta, invece del solito Ruini, è sceso in campo il ministro
della "Salute" di Benedetto XVI. E se, nei casi precedenti, quando i
temi erano variati dall'aborto alla legge 40, il monito del Vaticano
si era fermato ad un semplice "invito" alla coerenza da parte dei
cattolici, nel caso dell'eutanasia le parole usate dal cardinal
Javier Lozano Barragan non hanno lasciato adito a dubbi. Nessun
riferimento al "popolo cattolico", nel senso più ampio del termine.
Il messaggio era mirato ai "parlamentari cattolici". Che hanno
"l'obbligo morale di esporre il Magistero e la posizione del Vangelo
facendo presente che l'eutanasia è morte, che è un assassinio".
E qui, si potrebbe dire, si chiuderebbe la discussione. Come è noto,
il partito cattolico trasversale presente in Parlamento non ha mai
dato segni di grande autonomia, contrapponendo a diktat medioevali
una seria convinzione di laicità dello Stato e, di conseguenza, del
proprio mandato parlamentare. Eppure, dietro il solito scontro
ideologico e pregiudiziale, qualcosa stavolta si muove. La ferma
risposta inviata da Napolitano ha infatti prodotto un sorprendente
risultato, quello di far spostare l'attenzione del parlamento sul
"testamento biologico", una legge che garantirebbe al malato la
possibilità di stabilire il limite alle cure, la soglia oltre la
quale non andare, il rifiuto dell´accanimento terapeutico. Non è
molto, certo. E trattasi, comunque, di un compromesso. Ma è un
piccolo passo in avanti che ha destato "grande preoccupazione" in
Santa Romana Chiesa, decisa a questo punto a fare di tutto per
disinnescare anche questa mina, con l'aiuto di tutte le possibili
forze in campo: il fronte cattolico e, ovviamente, le destre.
Prima di entrare nel merito di ciò che il Parlamento tenterà di
produrre e di come si stanno già organizzando le milizie di
Ratzinger per rendere inutile il prodotto finale della discussione,
vale la pena fare una riflessione su come l'ingerenza della Chiesa
nella vita di questo Paese stia assumendo connotazioni decisamente
preoccupanti. Ormai - e questo sull'eutanasia ne è l'esempio più
puntuale - le gerarchie vaticane non si limitano più a dare
"indicazioni" di voto o di orientamento politico: scendono in campo
per dare veri e propri ordini di scuderia a cui i parlamentari
eletti dal popolo (per rispondere al popolo e non a Ratzinger)
chinano il capo con sussiego senza che questo comportamento desti
alcuno scandalo come, invece, dovrebbe in uno stato laico e di
diritto. Con questa ultima, violenta, imposizione sull'eutanasia e
terreni limitrofi, la Chiesa ha inteso ribadire ancora una volta la
propria assoluta esclusività rispetto a tutto ciò che attiene alla
vita e alla morte, sapendo bene che chi domina questo terreno (in
pratica il campo in cui si gioca tutto ciò che è importante per
l'uomo) domina anche tutta la vita degli uomini. La condanna
dell'eutanasia, come quella sull'aborto, sul divorzio, sulla
sperimentazione sulle staminali e quant'altro abbia attinenza con la
vita umana, viene vissuta dal Vaticano come una brutale "ingerenza
laica" su fatti su cui gli uomini non dovrebbero mettere bocca in
alcun modo. Perché la vita è stata "donata", "non ci appartiene" e
dunque anche la morte non può essere frutto di una scelta
consapevole, ma "deve" essere accolta come qualcosa che viene
comunque da Dio. C'è anche un altro aspetto: meno l'uomo soffre,
meno cerca Dio. Alla Chiesa questo non sfugge affatto. E laddove,
con le leggi, lo Stato laico cerchi di rendere più sopportabile
qualsivoglia tipo di sofferenza che abbraccia la natura umana, ecco
che immediatamente si erge lo sbarramento dei diktat della chiesa,
decisa a conservare con ogni mezzo il proprio potere e imponendo la
propria visione etica come un dovere e un obbligo per tutti. Nel
caso dell'eutanasia, più che su altri, la Chiesa sta cercando di
limitare la libertà delle persone. Il problema è che in parlamento
c'è chi risponde e dice sì. Senza esitazione.
Il richiamo di Napolitano, come si diceva, ha consentito, sul
fronte dell'eutanasia, di trovare un punto comune di discussione,
quel testamento biologico che, alla fine, dovrebbe consentire ai più
di morire, seppur in modo naturale, senza essere vittima di bestiali
accanimenti terapeutici che, come nel caso Welby, prolungano solo
l'agonia e non risolvono nulla. Si sta pensando, infatti, ad un
articolato di legge grazie al quale il cittadino, ancora in salute,
possa dettare una serie di condizioni su come far gestire, a medici
e parenti, i momenti ultimi della propria esistenza. Lo scegliere,
per esempio, di non essere rianimato o di non subire trattamenti
medici di sostentamento obbligatorio in caso di morte celebrale e
stato vegetativo dovrebbe essere un diritto di tutti. E' qui il caso
di ricordare la vicenda pietosa di Eluana Englaro, da tempo infinito
ridotta in stato vegetativo in seguito ad un incidente e al cui
padre è stato più volte negata la possibilità di staccare la spina a
quelle macchine che tengono in vita un corpo che non è più certo sua
figlia. Certo, il testamento biologico non aiuterà a risolvere il
caso di Eluana, ma unire al testamento biologico anche la
depenalizzazione dell'eutanasia potrebbe contribuire a fornire una
soluzione per i casi disperati in essere e quelli che verranno
domani. Tuttavia, in nessuno degli otto disegni di legge depositati
in Senato è presente questo secondo aspetto del problema: la parola
eutanasia non è mai citata in alcun modo proprio per evitare che
l'estrema suscettibilità delle milizie parlamentari ratzingeriane
possano trovare una scusa valida per chiudere ogni possibilità di
dialogo sull'argomento. Monsignor Sgreccia, giusto ieri, ha fatto
chiaramente presente quasi sono, secondo la Chiesa, i paletti entro
cui si dovrà disegnare la legge sul testamento biologico; vi dovrà
essere presente solo il rifiuto dell'accanimento terapeutico. Al
quale si potrà sempre contrapporre l'obiezione di coscienza del
medico cattolico che, in ogni momento, potrà fare carta straccia
delle volontà pregresse del paziente in nome di una presunta
salvaguardia della vita che, in questo caso, potrebbe anche avere i
sulfurei connotati di sperimentazione scientifica. Ma questo, per la
Chiesa, è un dettaglio trascurabile.
Oggi, comunque, in commissione Sanità a palazzo Madama, si
comincerà una discussione ampia sulla "morte dolce" che, grazie alla
rettitudine morale di un capo di Stato davvero laico, non può essere
più considerata archiviabile con leggerezza. Affrontare il tema
evitando i toni da crociata dovrebbe essere l'imperativo categorico
di chi siede in parlamento. Di certo non sarà possibile trovare una
soluzione che sia buona davvero per tutti, ma riuscire a limitare al
massimo le sofferenze dei malati terminali, per scelta autonoma e
consapevole, sarebbe già un risultato più che accettabile: anche la
lotta al dolore fa parte essenziale della vita. E non c'è nulla di
cristiano nell'imporre la propria visione catartica del dolore come
un obbligo di legge per tutti. Sarebbe il caso che, prima o poi,
qualcuno chiedesse conto ai parlamentari cattolici di chi sentono di
rappresentare quando esprimono un voto su questioni etiche. E,
soprattutto, a chi risponde davvero la loro coscienza.
Archivio Eluana Englaro
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