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26/09/2006 Testamento Biologico: la Via d' Uscita (Sara Nicoli, http://www.altrenotizie.org)

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E' successo come in altre occasioni, ma stavolta, se possibile, con maggior forza e arroganza. Non appena il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha invitato il parlamento ad aprire il dibattito sull'eutanasia, provocando un'accellerazione dell'iter politico per gli otto disegni di legge presenti in Senato sull'argomento, ecco che subito, da Oltretevere, la Chiesa ha rivendicato la propria esclusiva nel dire l'ultima parola su tutto ciò che attiene alla vita e alla morte.
Stavolta, invece del solito Ruini, è sceso in campo il ministro della "Salute" di Benedetto XVI. E se, nei casi precedenti, quando i temi erano variati dall'aborto alla legge 40, il monito del Vaticano si era fermato ad un semplice "invito" alla coerenza da parte dei cattolici, nel caso dell'eutanasia le parole usate dal cardinal Javier Lozano Barragan non hanno lasciato adito a dubbi. Nessun riferimento al "popolo cattolico", nel senso più ampio del termine. Il messaggio era mirato ai "parlamentari cattolici". Che hanno "l'obbligo morale di esporre il Magistero e la posizione del Vangelo facendo presente che l'eutanasia è morte, che è un assassinio".

E qui, si potrebbe dire, si chiuderebbe la discussione. Come è noto, il partito cattolico trasversale presente in Parlamento non ha mai dato segni di grande autonomia, contrapponendo a diktat medioevali una seria convinzione di laicità dello Stato e, di conseguenza, del proprio mandato parlamentare. Eppure, dietro il solito scontro ideologico e pregiudiziale, qualcosa stavolta si muove. La ferma risposta inviata da Napolitano ha infatti prodotto un sorprendente risultato, quello di far spostare l'attenzione del parlamento sul "testamento biologico", una legge che garantirebbe al malato la possibilità di stabilire il limite alle cure, la soglia oltre la quale non andare, il rifiuto dell´accanimento terapeutico. Non è molto, certo. E trattasi, comunque, di un compromesso. Ma è un piccolo passo in avanti che ha destato "grande preoccupazione" in Santa Romana Chiesa, decisa a questo punto a fare di tutto per disinnescare anche questa mina, con l'aiuto di tutte le possibili forze in campo: il fronte cattolico e, ovviamente, le destre.

Prima di entrare nel merito di ciò che il Parlamento tenterà di produrre e di come si stanno già organizzando le milizie di Ratzinger per rendere inutile il prodotto finale della discussione, vale la pena fare una riflessione su come l'ingerenza della Chiesa nella vita di questo Paese stia assumendo connotazioni decisamente preoccupanti. Ormai - e questo sull'eutanasia ne è l'esempio più puntuale - le gerarchie vaticane non si limitano più a dare "indicazioni" di voto o di orientamento politico: scendono in campo per dare veri e propri ordini di scuderia a cui i parlamentari eletti dal popolo (per rispondere al popolo e non a Ratzinger) chinano il capo con sussiego senza che questo comportamento desti alcuno scandalo come, invece, dovrebbe in uno stato laico e di diritto. Con questa ultima, violenta, imposizione sull'eutanasia e terreni limitrofi, la Chiesa ha inteso ribadire ancora una volta la propria assoluta esclusività rispetto a tutto ciò che attiene alla vita e alla morte, sapendo bene che chi domina questo terreno (in pratica il campo in cui si gioca tutto ciò che è importante per l'uomo) domina anche tutta la vita degli uomini. La condanna dell'eutanasia, come quella sull'aborto, sul divorzio, sulla sperimentazione sulle staminali e quant'altro abbia attinenza con la vita umana, viene vissuta dal Vaticano come una brutale "ingerenza laica" su fatti su cui gli uomini non dovrebbero mettere bocca in alcun modo. Perché la vita è stata "donata", "non ci appartiene" e dunque anche la morte non può essere frutto di una scelta consapevole, ma "deve" essere accolta come qualcosa che viene comunque da Dio. C'è anche un altro aspetto: meno l'uomo soffre, meno cerca Dio. Alla Chiesa questo non sfugge affatto. E laddove, con le leggi, lo Stato laico cerchi di rendere più sopportabile qualsivoglia tipo di sofferenza che abbraccia la natura umana, ecco che immediatamente si erge lo sbarramento dei diktat della chiesa, decisa a conservare con ogni mezzo il proprio potere e imponendo la propria visione etica come un dovere e un obbligo per tutti. Nel caso dell'eutanasia, più che su altri, la Chiesa sta cercando di limitare la libertà delle persone. Il problema è che in parlamento c'è chi risponde e dice sì. Senza esitazione.

Il richiamo di Napolitano, come si diceva, ha consentito, sul fronte dell'eutanasia, di trovare un punto comune di discussione, quel testamento biologico che, alla fine, dovrebbe consentire ai più di morire, seppur in modo naturale, senza essere vittima di bestiali accanimenti terapeutici che, come nel caso Welby, prolungano solo l'agonia e non risolvono nulla. Si sta pensando, infatti, ad un articolato di legge grazie al quale il cittadino, ancora in salute, possa dettare una serie di condizioni su come far gestire, a medici e parenti, i momenti ultimi della propria esistenza. Lo scegliere, per esempio, di non essere rianimato o di non subire trattamenti medici di sostentamento obbligatorio in caso di morte celebrale e stato vegetativo dovrebbe essere un diritto di tutti. E' qui il caso di ricordare la vicenda pietosa di Eluana Englaro, da tempo infinito ridotta in stato vegetativo in seguito ad un incidente e al cui padre è stato più volte negata la possibilità di staccare la spina a quelle macchine che tengono in vita un corpo che non è più certo sua figlia. Certo, il testamento biologico non aiuterà a risolvere il caso di Eluana, ma unire al testamento biologico anche la depenalizzazione dell'eutanasia potrebbe contribuire a fornire una soluzione per i casi disperati in essere e quelli che verranno domani. Tuttavia, in nessuno degli otto disegni di legge depositati in Senato è presente questo secondo aspetto del problema: la parola eutanasia non è mai citata in alcun modo proprio per evitare che l'estrema suscettibilità delle milizie parlamentari ratzingeriane possano trovare una scusa valida per chiudere ogni possibilità di dialogo sull'argomento. Monsignor Sgreccia, giusto ieri, ha fatto chiaramente presente quasi sono, secondo la Chiesa, i paletti entro cui si dovrà disegnare la legge sul testamento biologico; vi dovrà essere presente solo il rifiuto dell'accanimento terapeutico. Al quale si potrà sempre contrapporre l'obiezione di coscienza del medico cattolico che, in ogni momento, potrà fare carta straccia delle volontà pregresse del paziente in nome di una presunta salvaguardia della vita che, in questo caso, potrebbe anche avere i sulfurei connotati di sperimentazione scientifica. Ma questo, per la Chiesa, è un dettaglio trascurabile.

Oggi, comunque, in commissione Sanità a palazzo Madama, si comincerà una discussione ampia sulla "morte dolce" che, grazie alla rettitudine morale di un capo di Stato davvero laico, non può essere più considerata archiviabile con leggerezza. Affrontare il tema evitando i toni da crociata dovrebbe essere l'imperativo categorico di chi siede in parlamento. Di certo non sarà possibile trovare una soluzione che sia buona davvero per tutti, ma riuscire a limitare al massimo le sofferenze dei malati terminali, per scelta autonoma e consapevole, sarebbe già un risultato più che accettabile: anche la lotta al dolore fa parte essenziale della vita. E non c'è nulla di cristiano nell'imporre la propria visione catartica del dolore come un obbligo di legge per tutti. Sarebbe il caso che, prima o poi, qualcuno chiedesse conto ai parlamentari cattolici di chi sentono di rappresentare quando esprimono un voto su questioni etiche. E, soprattutto, a chi risponde davvero la loro coscienza.

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