L’analisi di un mercato, un settore, un titolo o qualsivoglia attività
finanziaria parte sempre dai prezzi, che rappresentano la risultante
dell’incontro tra la domanda e l’offerta.
L’analista cerca di individuare i vari trend in essere sui differenti
orizzonti temporali, partendo dall’orizzonte più lungo (su grafici mensili e
settimanali) e scendendo ad orizzonti sempre più brevi (su grafici giornalieri,
orari, a 5 minuti, ecc.), individuando i vari livelli di supporto e resistenza,
l’esistenza di figure di continuazione o inversione del trend e patterns
particolari sul grafico a candele.
Soltanto dopo avere effettuato questa prima, necessaria analisi, si potranno
cercare delle conferme ricorrendo ad altri indicatori.
Tra i più usati dagli analisti vi sono le medie mobili, l’RSI, lo Stocastico,
il MACD, il ROC.
Aldilà delle differenze, si tratta comunque di indicatori di momentum, che
rivelano cioè la forza di un movimento.
Se analizziamo un qualsiasi trend rialzista possiamo notare come ci sono delle
fasi in cui i prezzi crescono a tassi crescenti (la concavità del grafico è
rivolta verso l’alto) e delle fasi, pur crescenti, nelle quali la crescita
avviene a tassi decrescenti (la concavità è verso il basso). Usando il
linguaggio dell’analisi matematica possiamo dire che in entrambe le fasi la
derivata prima è positiva (i prezzi salgono) ma nella prima fase la derivata
seconda è positiva (la dinamica di salita è forte, in accelerazione) mentre
nella seconda fase la derivata seconda è negativa (la dinamica è più debole,
in decelerazione).
Lo stesso discorso si può fare per un trend ribassista. Se i prezzi scendono la
derivata prima è sempre negativa, ma la discesa può avvenire in modo veloce,
con tassi crescenti (concavità verso il basso o derivata seconda negativa)
oppure con tassi decrescenti, più lentamente (concavità verso l’alto o
derivata seconda positiva).
Volendo fare un’analogia con la fisica, potremmo parlare di "velocità"
del mercato come del rapporto tra lo spazio percorso – ovvero la variazione di
prezzo – ed il tempo impiegato a percorrerlo.
Anche il mercato è sottoposto ad "accelerazioni" e
"decelerazioni", che in termini analitici sono la derivata prima della
"velocità" rispetto al tempo (ovvero la derivata seconda della
variazione dei prezzi rispetto al tempo). Un movimento è poi più o meno
significativo, a parità di altri fattori, a seconda dei volumi che lo
sostengono (i volumi "moltiplicati" per la "velocità" dei
prezzi, ovvero la massa moltiplicata per la velocità - per continuare
l’analogia con la fisica - definiscono per l’appunto la quantità di moto, o
momentum).
Queste considerazioni sono fondamentali per comprendere la "dinamica"
del mercato.
E’ molto raro che un forte trend positivo si trasformi immediatamente in un
forte trend negativo (o viceversa).
Quasi sempre ci sono delle avvisaglie, interpretabili come perdita di momentum,
ovvero perdita di spinta, di forza.
Le variazioni nella dinamica del trend vanno attentamente monitorate perché
possono aiutare a completare il quadro dell’analisi.
In tale ottica, i vari indicatori disponibili (RSI, MACD, ROC, ecc.) servono ad
analizzare il momentum, la forza della dinamica dei prezzi.
Alcuni indicatori sono detti anche "oscillatori" perché sono
costruiti in modo che non possono uscire da due bande (0 e 1, oppure 0 e 100).
La parte "bassa" dell’oscillatore – da 0 fino a 20 o 30 – è la
zona detta di "ipervenduto", mentre la parte "alta"
dell’oscillatore – da 100 fino a 70 o 80 – è la zona detta di "ipercomprato".
Quasi sempre l’utilizzo di questa terminologia trae in inganno molti
risparmiatori e spesso anche molti "addetti ai lavori".
Quando il mercato si muove in una fase di congestione laterale, l’operatività
usuale è di acquistare nella parte bassa per poi rivendere nella parte alta.
In tale contesto gli oscillatori funzionano molto bene: la zona di "ipervenduto"
segnala livelli di acquisto (quando l’oscillatore ritorna verso l’alto)
mentre le zona di "ipercomprato" segnala livelli di vendita (quando
l’oscillatore ritorna verso il basso).
Tuttavia, quando il mercato è in trend, tale utilizzo degli oscillatori porta a
pessimi risultati.
Se, per esempio, parte un trend rialzista molto forte, è probabile che gli
oscillatori vadano presto in "ipercomprato", e spesso si sente dire
che sarebbe auspicabile una correzione per consentire al mercato di
"scaricare" gli oscillatori.
Niente di più falso: la presenza degli oscillatori nella fascia di "ipercomprato"
in un forte trend rialzista è una conferma e non già una smentita della forza
del trend.
Un segnale preoccupante, invece, è proprio la fuoriuscita dalla zona di "ipercomprato",
perché potrebbe anticipare una correzione al ribasso.
Lo stesso discorso, mutatis mutandis, vale per un trend ribassista.
Un altro uso degli oscillatori consiste nell’individuare eventuali
"divergenze" rispetto al trend.
Se, ad esempio, il trend è al rialzo e gli oscillatori stanno uscendo dalla
zona di "ipercomprato" – e quindi sono inclinati negativamente –
siamo in presenza di una "divergenza ribassista": il trend sta
perdendo momentum, il rischio di correzioni è alto.
Se il trend è al ribasso e gli oscillatori stanno uscendo dalla zona di "ipervenduto"
– e quindi sono inclinati positivamente – siamo in presenza di una
"divergenza rialzista": il trend sta perdendo momentum, forse il
movimento al ribasso è in fase di esaurimento.
E’ opportuno utilizzare un numero limitato di oscillatori, al massimo 3 o 4:
quando tutti sono concordi tra loro – e con l’analisi dei prezzi a monte –
aumentano le probabilità che l’analisi sia corretta.
Bisogna poi evitare di andare, di volta in volta, alla ricerca di un indicatore
che ci dica quello che vorremmo sentirci dire.
Gli indicatori segnalano sempre il momentum del mercato nell’orizzonte
temporale definito.
Quindi è del tutto verosimile che i segnali siano diversi se spostiamo
l’analisi su orizzonti temporali di riferimento differenti, poiché in tal
caso stiamo analizzando dei trend di ordine differente.
Se, ad esempio, il trend di "lungo" è positivo mentre quello di
"breve" è negativo, molto probabilmente tale divergenza si rifletterà
sugli oscillatori riferiti a cicli temporali differenti, ottenendo così
indicazioni contradditorie. E’ perciò necessario "tarare"
l’orizzonte temporale degli oscillatori utilizzati in modo coerente tra loro,
con il trend che si sta analizzando e con l’operatività che si intende porre
in essere.
Indicatori principali:
- Medie Mobili
- RSI
- MACD
- Stocastico
- Momentum o ROC
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