L’incidenza dei dividendi distribuiti nel 2004 sul rendimento di un
investimento in azioni italiane appare molto alta, sia per il Mercato telematico
azionario (MTA) nel suo insieme sia, e ancor di più, per le azioni di risparmio
non convertibili (rnc).
Considerando l’incidenza capitalizzata a fine anno, come differenza
fra i fattori di montante dei rispettivi indici total return e indici dei corsi
secchi, abbiamo infatti un +5,8% lordo per l’intero mercato e un 10,4% per le
azioni di risparmio non convertibili, valori corrispondenti a dividend yield
pari rispettivamente al 4,87% ed al 7,40%.
Ho ritenuto quindi interessante approfondire questo punto con l’ufficio studi
di Mediobanca, e in particolare con Fulvio Coltorti e con Gabriele Barbaresco.
Riporto quindi le principali loro osservazioni, perché di notevole interesse sul
piano metodologico. Poiché le ho in parte riviste, singoli affrmazioni qua e là
possono anche non collimare col punto di vista dei miei interlocutori; escludo
però che esso risulti travisato nella sostanza.
Tutte le azioni italiane
Partiamo dal mercato nel suo insieme. L’indice Mediobanca total return dell’MTA
esprime per l’anno 2004 un dividend yieldpari al 4,87%, non capitalizzato
a fine anno. Un’indicazione «spannometrica» dell’ordine di grandezza dei
dividendi si può ricavare da “Indici e Dati” ed. 2004. La capitalizzazione di
mercato dell’MTA al 30 giugno 2004 era di 507,7 miliardi di euro (pag. 53, dato
che comprende anche la valutazione delle obbligazioni convertibili il cui
ammontare è tuttavia irrilevante ai nostri fini); il monte dividendi alla stessa
data assommava a 21,7 miliardi (pag. 101). Si rinvia quindi a quelle tabelle per
una verifica dei dividendi complessivi delle singole società.
Se si tiene conto del dividendo straordinario pagato da Enel nel novembre
2004 (2 miliardi di euro) e di quello di Mediobanca di competenza dell’ultimo
esercizio (anch’esso staccato in novembre), si perviene ad un totale di 23,9
miliardi che, rapportato al valore di Borsa prima richiamato, determina
un’incidenza del 4,71%. L’indice total return presuppone il reinvestimento delle
cedole alla data (e quindi al prezzo) dello stacco. La grande maggioranza dei
dividendi ha staccato in maggio, circa 170 titoli su oltre 250: la media dei
corsi dei cinque giorni di maggio in cui hanno staccato i dividendi
(3-10-17-24-31 maggio) è di circa 3 punti percentuali inferiore al livello dei
prezzi a fine giugno 2004. Decurtando la capitalizzazione di borsa a fine giugno
del 3% e utilizzandola come nuova base per il calcolo del dividend yield,
si perviene ad un 4,85%, vicino al suddetto 4,87%.
Per il resto, occorre tenere conto che tutti i calcoli impliciti negli indici
Mediobanca sono effettuati sulla base del free float, mentre qui per
brevità si è ragionato sulle capitalizzazioni complessive e dunque in modo
ulteriormente approssimato. Ad esempio, se è vero che l’Eni con molto flottante
ha staccato in giugno, quindi a prezzi un po’ più alti (ma ciononostante ha
espresso un yield del 4,4%, cfr. Calepino 2004, pag. 318), Enel ha pagato
in novembre il dividendo straordinario dopo il collocamento di una ulteriore
quota del Tesoro nell’ottobre 2004, quindi con free float notevolmente
più alto (il dividendo “ordinario” staccato anch’esso nel giugno 2004, pari a
2,2 miliardi, valeva comunque un yield del 5,5%, cfr. Calepino 2004, pag.
311).
Certamente, guardando ad altri indici emergono evidenze ulteriormente
diversificate. Il MSCI Italia esprime per il 2004 un yield del 4,2%,
mentre il Comit si ferma addirittura al 3,7% Qui si tratterebbe di approfondire
le relative metodologie, ad esempio per quanto riguarda il trattamento dei
dividendi straordinari, assai rilevanti nel 2004. Oltre all’Enel, Seat PG ha
distribuito 3,5 mld che valgono da soli quasi il 15% dei dividendi complessivi.
Inoltre, va considerato che l’indice Mediobanca copre solo le società con sede
in Italia: per es. la STMicro è nel Comit ed è società assai capitalizzata (16,2
miliardi a fine giugno 2004) ma paga pochissimo dividendo (0,7% l’yield
del dividendo 2004, cfr. Calepino 2004, pag. 677). Anche questo può avere
diluito l’incidenza dei dividendi su altri indici (circa 0,3% di yield in
meno rispetto all’indice Mediobanca).
Le azioni di risparmio
Venendo al segmento delle risparmio, la capitalizzazione a fine giugno del
comparto era pari a 14,7 miliardi, rappresentati essenzialmente da: Telecom
Italia per 10,3 mld., Banca Intesa per 2,1 mld. e Italcementi per 0,7 (sono
l’89% del totale). Il monte dividendi è stato di 1,1 miliardi per un yield
pari al 7,45%. I maggiori contributi sono stati: Telecom con 0,7 mld, Intesa 0,2
mld, 0,1 mld. tra Seat, TIM ed Italcementi. Qui un punto “delicato” può essere
un’operazione “straordinaria” di Banca Intesa: l’importo complessivo è stato
corrisposto per cassa per soli 56 milioni, mentre la restante parte è derivata
dalla distribuzione di azioni ordinarie in portafoglio alla società (2 azioni
ord ogni 41 azioni rnc). Valorizzando tali titoli a 3,18 €, prezzo di carico nel
bilancio di Banca Intesa al 31-12-2003 come comunicato al mercato dalla società,
si perviene a ulteriori 144 milioni di dividendi. Il dividend yield della
società conseguente è del 10,7%.
Ma anche valorizzando più correttamente i dividendi in natura in base al
prezzo di mercato alla data dello stacco (2,7€), sarebbero risultati erogati
ulteriori 121 milioni di euro, per un dividend yielddi circa il 9,2%
sulle rnc di Intesa e del 7,3% per l’intero comparto. Anche qui è difficile (e
scorretto ai fini di un total return) non considerare la parte in natura: in
questo caso l’yield del segmento rnc crollerebbe al 6,5%. Da non
dimenticare infine che la Seat PG ha erogato alle rnc dividendi per 59 milioni
su una capitalizzazione di poco più di 50, per un rendimento del 113%.
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