viene a trovarmi l'amico dante, che conoscete perche' si infila sempre dappertutto alla caccia di
consigli e sensazioni, beve il mio caffe', ma qualsiasi cosa gli dica continua anche lui a fare quello
che ha sempre fatto. e' un trader di medio periodo (una volta era un trader di breve di quelli bravi, ora e' diventato
vecchio, come me, e comincia lui a dare un consiglio :
- pro, quando inizi a parlare delle strategie, dovresti dare un definizione di "strategia".
- e come sarebbe ?
- sarebbe che chi legge puo' pensare alle strategie di napoleone o di montgomery.
- giusto, fammi pensare ……:
" una strategia per chi opera in borsa, e' fare una cosa non perche' si pensa che qualcosa succedera',
ma perche' qualcosa si e' verificata"
- cosa te ne pare ?
- mica male, un po' complicata a prima vista, ma puo' piacere.
- grazie, adesso lasciami andare avanti, qui vogliono leggere qualche cosa di concreto.
dei quattro gruppi che conoscete, cominciamo dal primo, l'investitore di lungo periodo, quello che
ha una posizione destinata a durare degli anni, denaro che forse non gli serve, ma rappresenta
anche una assicurazione per l'avvenire, e se non gli servira' mai lo lascera' ai nipoti, ma intanto
cerca di averne cura, senza troppo faticare.
prima vediamo chi non ha bisogno di un reddito, e lascia il capitale lavorare per se stesso.
una volta era semplice, di strategie non ne servivano :
bastava comperare qualche titolo tra i primari (si chiamava "giardinetto"), lo si metteva nel
leggendario "cassetto", e li' rimaneva per anni, pagava i dividendi, saliva e scendeva (ma piu'
saliva), e tutto l'investitore si aspettava fuorche' la possibilita' di vedere il suo titolo andare a valere
la meta' o un quarto del prezzo di acquisto.
c'era anche il gusto di "tagliare le cedole", operazione che generava grande gioia, ed incremento del
conto corrente, perche' dopo tagliate le cedole uno se le versava in banca.
l'ottanta per cento di questi cassettisti non sapevano neanche esattamente quante azioni avevano e
quale fosse il prezzo di mercato.
figuratevi che c'era un titolo, del quale per carita' di patria non vi dico il nome perche' ora ….., che
era soprannominato "la rendita ambrosiana", saldo come una roccia, pagava un buon dividendo , in
portafoglio lo avevano tutti, e tutte le volte che si accendeva la luce, tutti guadagnavano soldi.
ora la situazione e' ben diversa, il mercato non permette piu' disinteresse, non stare attenti puo'
costare caro.
cosa deve fare allora il signor rossi, investitore di lungo termine, al quale interessa di piu' lasciare
una bella eredita' che percepire delle rendite ?
se fosse mio zio, gli direi di fare cosi' :
cominciamo ad individuare i titoli, diciamo 5, solo tra i migliori ed uno per settore, un
finanziario/assicurativo, un telefonico, un energetico, un industriale, uno un po' di tutto tipo
mediobanca.
poi dividiamo il capitale in due parti, con il 40 per cento comperiamo obbligazioni, direi meta' titoli
di stato e meta' corporate di primissima, scadenze non oltre i dieci anni le prime e cinque le seconde.
con il 60 per cento comperiamo i nostri 5 titoli, in misura equivalente.
diamo ordine alla banca o alla sim di reivestire nello stesso strumento cedole e dividendi.
basta, non facciamo piu' niente, ci occupiamo delle nostre cose, il capitale e' piazzato.
proprio niente pero' non e' esatto :
due volte all'anno, fine giugno e fine anno, andremo a vedere cosa e' successo, e troveremo le
nostre obbligazioni forse un po' aumentate, per qualche cedola reinvestita, e la nostra azioni forse
aumentate di numero, per qualche dividendo reinvestito, e di diverso valore complessivo rispetto al
controllo precedente.
misuriamo i due valori, azioni ed obbligazioni, e "ribilanciamo" il nostro rapporto ideale del 40/60,
vendendo qualche azione e comprando un po' di obbligazioni, o vendendo un po' di obbligazioni
per comprare qualche azione.
speriamo che si verifichi sempre la prima ipotesi, ma qualche volta sara' necessaria la seconda,
pazienza.
quale obbligazione comprare o vendere non e' molto importante, invece quale azione si.
e' semplice, si vende il titolo peggiore rispetto al controllo precedente, si comprano i due titoli
migliori rispetto al controllo precedente.
tentiamo un esempio ?
partiamo con un valore 400 di obbligazioni, ed un valore 600 di azioni (5 titoli, la diversificazione
e' importante), totale 1000.
al primo controllo troviamo valore delle obbligazioni 410, valore delle azioni 650, totale 1060.
il nostro rapporto ideale dovrebbe essere 424 di obbligazioni, e 636 di azioni.
vendiamo azioni (il titolo che ha fatto peggio) per un valore di 14, e con il ricavo compriamo
obbligazioni.
gia' finito, ci rivediamo tra sei mesi.
ovviamente, se avessimo trovato le obbligazioni a 410, e le azioni a 550, avremmo fatto il contrario,
abbiamo 960, il rapporto e' 384/576, vendiamo obbligazioni per 26 e compriamo 26 di azioni (i due
che hanno fatto meglio)
quando ha letto fino a qui', dante interviene :
- chiaro, ma scusa, dov'e' la furberia ?
- c'e', pensaci bene.
- non mi viene, il meccanismo l'ho capito, ma perche' poi dia buoni risultati mi sfugge.
- semplice : cosi' facendo, alla fine avremo sempre comperato azioni con mercato azionario debole,
ed avremo sempre venduto azioni con mercato azionario tonico, le obbligazioni ci servono solo da polmone,
ma intanto pagano interessi.
ed avremo anche diminuito l'investimento nel titolo peggiore, ed aumentato nei migliori.
- bravo pro, altroche' se c'e' la furberia !
- bene, facciamoci questo wiskettino e piantiamola con la borsa.
per rivederci con il prossimo intervento, tra qualche giorno.
giancarlo del bono di ruscalla
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